C’è l’accordo tra Usa e Russia sul piano di tutela internazionale delle armi chimiche del regime siriano. Ad annunciarlo è John Kerry a Ginevra, dopo i colloqui con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov.
Al centro del documento l’obbligo per il regime di Assad di “fornire
una lista delle sue armi chimiche entro una settimana”, come rivelato il
segretario di Stato americano. Soddisfazione anche da parte della
Russia, con Lavrov che ha definito l’esito degli incontri “eccellente” e
ha aggiunto che le prime distruzioni cominceranno in 30 giorni
dall’approvazione dell’accordo. Il testo prevede anche che se la Siria non rispetterà gli accordi si renderanno necessarie misure da parte del Consiglio di sicurezza Onu.
Quali però debbano essere questi provvedimenti – nodo fondamentale degli scorsi giorni -, non è ancora del tutto chiaro. Kerry,
infatti, in un primo momento ha detto che Stati Uniti e Russia sono
d’accordo su una risoluzione Onu che preveda il ricorso al capitolo 7
(ossia all’uso della forza), nel caso in cui il regime siriano non
rispettasse il piano stabilito sulle armi chimiche. Ma su questo punto è
stato immediatamente smentito da Lavrov: ”L’accordo non contiene nulla sul possibile uso della forza”, ha ribadito. Tanto che poi lo stesso Kerry
ha dovuto precisare che ”non c’è alcun preaccordo su quali misure il
Consiglio di Sicurezza Onu dovrebbe adottare se la Siria non
collaborasse” al piano sulle armi chimiche. L’intesa raggiunta, però,
non soddisfa l’opposizione siriana: “Non risolve la crisi”, ha
dichiarato il presidente del Consiglio superiore.
I prossimi passi, comunque, sono stati fissati. Il 14 ottobre, come dichiarato dal segretario generale Onu Ban Ki Moon, la
Siria aderirà alla Convenzione sulla proibizione delle armi
chimiche. Nel frattempo, come sottolineato dal ministro
russo, l’organismo dell’Onu per le armi chimiche deve
approvare la proposta russo-americana, poi sarà stabilito il programma
relativo allo smantellamento dell’arsenale chimico del regime. Secondo
Kerry, ”gli ispettori dell’Onu devono essere in
territorio siriano non più tardi di novembre” e la distruzione degli
armamenti dovrà avvenire entro la metà del 2014. Anche Lavrov precisa
che Damasco dovrà cominciare a distruggere le armi
incriminate entro 30 giorni dall’entrata in vigore dell’accordo. A tal
fine Kerry invita Damasco a lasciar entrare gli ispettori in tutti i
siti.
Un’intesa, dunque, è stata raggiunta, anche se su alcuni punti sembrano esserci ancora dei dubbi. Il presidente americano Barack Obama, comunque, continua a lanciare avvertimenti alla Russia: “Se la diplomazia fallisce, gli Stati Uniti
e la comunità internazionale devono essere pronti ad agire”, ha
dichiarato stamattina. ”Se le discussioni produrranno un piano serio,
sono pronto ad appoggiarlo. Ma le parole non bastano. Voglio vedere
azioni concrete che dimostrino la serietà di Assad sulla rinuncia alle armi chimiche“.
Per questo il capo di Stato ribadisce che gli Usa “manterranno le loro
posizioni militari nella regione per mantenere la pressione sul regime
di Assad”. ”Deve essere chiaro – aggiunge il presidente – che i colloqui
in corso (a Ginevra, ndr) non possono essere una tattica che porti di nuovo allo stallo“. Anche Kerry ha ribadito che la soluzione diplomatica è quella preferita da tutti, e che a questo punto “l’attacco dipende dal comportamento di Assad”, ma l’ipotesi resta comunque sul tavolo.
Ieri la commissione di esperti delle Nazioni Unite aveva annunciato di aver completato il rapporto sulla missione in Siria, che sarà consegnato questo weekend nelle mani di Ban Ki Moon. E il segretario generale ha usato parole molte pesanti nel condannare il capo di Stato siriano, Bashar al-Assad: “Ha commesso numerosi crimini contro l’umanità. Il dossier dimostrerà in maniera schiacciante che sono state usate armi chimiche in Siria”, ha detto Ban, aggiungendo di essere “sicuro che ci sarà un processo per accertare le responsabilità di Assad quando tutto sarà finito”.
Emergenza profughi siriani in Italia - Insieme alla crisi siriana
prosegue anche l’emergenza sbarchi in Italia. Questa notte 320 persone
di origine siriana, tra le quali numerose donne e bambini, sono state
individuate e soccorse dai mezzi della guardia costiera a largo della
costa della Sicilia. Avvistato nel tardo pomeriggio di
ieri da un velivolo della guardia costiera, il barcone con a bordo i
profughi è stato affiancato intorno alle 22:30 a circa 60 miglia dalle
coste siciliane dalla nave mercantile ‘Bbc Island’, dirottata dalla
centrale operativa della guardia costiera di Roma per una prima
assistenza in attesa delle 2 motovedette che da Porto Palo e Siracusa si stavano dirigendo sul punto. Nella tarda serata di ieri c’erano stati altri 170 arrivi. Così sono circa 500 gli immigrati
in fuga dalla Siria e sbarcati in Italia nelle ultime 24 ore,
nonostante le condizioni del mare fossero avverse, a riprova della
crescente drammaticità della situazione.
Fonte
L'attività diplomatica russa ha il merito d'aver dilatato i tempi di un possibile intervento americano ma non ha affatto allontanato in misura consistente la probabilità di un attacco.
Non mi stupirei, infatti, se il rapporto Onu di cui si accenna nell'articolo diventasse la pistola fumante che l'amministrazione Obama attende per dare il via libera ai bombardamenti; per non parlare di come qualsiasi tentennamento di Assad nella distruzione dei propri arsenali o ancor peggio qualche spiata creata ad arte dalla Cia di turno possa innescare un effetto domino col consueto finale di Bombe.
Di certo c'è il fatto che la partita è in mano russa: se Putin sarà in grado di non far sgarrare Assad e al contempo continuare ad esercitare la propria deterrenza nel mediterraneo orientale insieme alla Cina è probabile che i bombardieri americani non troveranno spazio utile per agire.
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