Clem Burke was not just a drummer, he was the heartbeat of Blondie.
Inizia così il commovente messaggio pubblicato dai Blondie sui propri canali social, con cui Debbie Harry e compagni hanno dato l'annuncio della scomparsa di Clem Burke, lo storico batterista che, a 70 anni, ha perso la sua battaglia privata contro il cancro. Una notizia inaspettata, che ha colto totalmente impreparati fan e addetti ai lavori: nulla era trapelato in precedenza riguardo alla malattia, e Clem, nelle sue ultime esibizioni dal vivo, era apparso come sempre il più energico della band, mettendo in mostra il suo stile scatenato e spettacolare che lo aveva reso il più degno erede del suo mito Keith Moon.
Dal drumming forsennato di "Dreaming" a quello più elaborato di "Heart Of Glass", Clem Burke è stato davvero il cuore pulsante
dei Blondie: un batterista capace di seguire e interpretare tutte le
sfumature creative di Debbie Harry e Chris Stein, dando forma sonora
alle loro intuizioni. Musicalmente, rappresentava una sorta di trait d'union
tra Hal Blaine e il già citato Keith Moon. Se agli inizi la sua energia
era talmente travolgente da risultare quasi incontenibile – il
produttore Mike Chapman ha raccontato più volte quanto fosse difficile
arginarlo, perché tendeva a voler mettere sempre in primo piano la
batteria – con il tempo Clem imparò anche l'arte della misura.
Emblematico il suo iniziale scetticismo di fronte a un brano disco come "Heart Of Glass": per convincersi a suonarlo, dovette ascoltare più volte la colonna sonora di "Saturday Night Fever".
Il resto, come si suol dire, è storia. Basta riascoltare la coda
percussiva della versione di "Heart Of Glass" inserita nel "Best Of" del
1981 – oggi considerata da molti la versione definitiva – per provare
una gioia autentica all'ascolto. Che si trattasse di punk, funk, disco,
reggae o persino doo-wop, per lui non faceva alcuna differenza: la sua
batteria riusciva comunque a ritagliarsi uno spazio da protagonista.
Il resto della sua carriera parla da sé: Burke ha collaborato e suonato, tra gli altri, con artisti del calibro di Pete Townshend, Bob Dylan, Iggy Pop, Joan Jett, Bob Geldof e gli Eurythmics nel loro periodo di massimo splendore, diventando uno dei turnisti più richiesti del decennio Ottanta. Per qualche serata è persino salito sul palco con i Ramones,
amici di lunga data, con lo pseudonimo di Elvis Ramone. In tempi più
recenti, Rolling Stone lo ha inserito nella classifica dei più grandi
batteristi di tutti i tempi, mentre nel 2018 è uscito "My View: Clem
Burke", un documentario autobiografico realizzato dalla BBC. La sua
dedizione al drumming era totale, a punto di portarlo
a partecipare in prima persona a una serie di esperimenti universitari
volti a indagare i benefici fisici e mentali del suonare la batteria,
ricerca che nel 2011 gli è valsa un dottorato onorario dall'Università
del Gloucestershire. Più recentemente, si è fatto promotore di
un'iniziativa ufficiale per includere la batteria nei programmi
nazionali di supporto per i bambini autistici, dopo che uno studio aveva
evidenziato come anche solo 90 minuti di pratica settimanale potessero
produrre miglioramenti significativi nella loro qualità della vita.
Clem
era noto per essere il membro più positivo e solare della band
newyorkese: sempre di buon umore, amichevole con tutti e pronto a dare
una mano, era animato da un entusiasmo contagioso. Senza il suo spirito
ottimista, i Blondie probabilmente non sarebbero mai decollati. Fu
infatti determinante nel convincere Debbie a non abbandonare il progetto
nel 1975, quando le defezioni di Ivan Král e Fred Smith – passati
rispettivamente al Patti Smith Group e ai Television – gettarono nello sconforto la platinata vocalist,
ormai sul punto di mollare tutto. Fu proprio Clem Burke a farle
cambiare idea, suggerendo poi l'ingresso del suo amico d'infanzia Gary
Valentine come nuovo bassista. La sua capacità di mediazione si rivelò
preziosa anche vent'anni dopo, quando sul finire dei Nineties riuscì a ricucire i rapporti tra i membri della band, favorendo così la sorprendente reunion dei Blondie e il ritorno al successo internazionale con "Maria".
Di Clem Burke si è sempre evidenziato anche lo stile impeccabile, un perfetto equilibrio tra l'eleganza British
e l'attitudine più ruvida e urbana tipica delle strade di New York.
"Era sempre il tipo più cool nella stanza", stanno ripetendo all'unisono
tutte le persone che hanno avuto modo di conoscerlo o anche solo di
incontrarlo. E non è un'esagerazione sostenere che il suo look fu
importante quasi quanto quello di Debbie Harry nel definire l'identità
visiva dei Blondie, tra rimandi sixties allo stile Mod e richiami alla Pop Art.
Ispirato dagli inglesi Dr. Feelgood, Clem fu peraltro il primo, tra i
musicisti della scena che ruotava intorno al CBGB's, a tagliarsi i
capelli a metà degli anni '70,
un gesto che venne presto imitato da molti e che segnò, di fatto, un
momento di rottura: il passaggio simbolico tra il rock del passato e
l'ondata punk che stava per travolgere tutto.
Uno
degli aspetti che più contraddistinguevano Clem era poi la sua passione
autentica e totalizzante per il rock, al limite del fanatismo:
conosceva tutte le storie e i retroscena del genere, possedeva una
collezione impressionante di vinili e riviste musicali, e sembrava quasi
che la sua vita ruotasse interamente attorno alla musica. Era nato per
fare la rockstar e, come ripeteva in ogni intervista, non avrebbe potuto
fare nient'altro nella vita. Con il passare del tempo, questa sua
dedizione non era mai venuta meno: anche a settant'anni conservava lo
spirito di un ragazzino che stava vivendo il proprio sogno,
apparentemente immune da quelle ansie e difficoltà personali che invece
avevano segnato profondamente altri membri dei Blondie. Chris Stein lo
soprannominava affettuosamente "Dr. Burke", in virtù del suo sapere
enciclopedico sulla storia del rock, degno di un docente universitario.
Clem era uno dei più grandi fan dei Beatles presenti sulla faccia della Terra, ma adorava anche gli Who, i Kinks, i Rolling Stones e, più in generale, tutti i protagonisti della British Invasion
con cui era cresciuto. Aveva raccontato di essere entrato nei Blondie
perché era alla ricerca di quello che, per lui, sarebbe stato il suo Jim Morrison, David Bowie o Mick Jagger. Quel "qualcuno" lo trovò evidentemente in Debbie Harry.
Le commemorazioni e i ricordi sui social in queste ore sono innumerevoli, ed è davvero difficile star dietro a tutti. Ma dimostrano chiaramente quanto Clem Burke fosse capace di unire musicisti di generi e generazioni diverse, quanto fosse amato trasversalmente e stimato da colleghi e amici. Tra i tributi più sentiti spiccano quelli di alcuni suoi compagni nel grande viaggio della new wave, a partire da Jerry Casale dei Devo, che ha sottolineato come "il suo stile ineguagliabile e il suo fascino tipicamente newyorkese hanno stabilito uno standard di performance durato decenni", mentre Hugh Cornwell, ex-leader degli Stranglers, lo ha ricordato con affetto: "Avrebbe preferito suonare la batteria piuttosto che fare qualsiasi altra cosa al mondo, a parte forse collezionare memorabilia dei Beatles, naturalmente". Ian McCulloch degli Echo & the Bunnymen ha scritto: "Era il mio batterista preferito della scena punk e new wave, ha contribuito a inventare uno stile. Il suono della sua batteria, soprattutto in quegli album incredibili dei Blondie, era speciale e perfetto, proprio come le canzoni dei Blondie. È stato il Charlie Watts della sua generazione".
Anche John Doe degli X
ha voluto rendergli omaggio, definendolo "il batterista più elegante e
potente, che ha dimostrato quanto potesse essere grande anche una
batteria punk rock". Dave Stewart, che lo aveva voluto fortemente negli Eurythmics
ai tempi del loro quinto album "Revenge", ha scherzato sul fatto che
"Clem voleva solo suonare. Sono sicuro che sognasse letteralmente di
suonare la batteria anche mentre dormiva – ed era davvero un batterista
da sogno con cui condividere il palco. Durante i live, le sue
performance erano così esplosive che facevo fatica a staccargli gli
occhi di dosso. Se avesse potuto, avrebbe suonato ogni sera con tutte le
sue band preferite". Per Nick Rhodes dei Duran Duran,
Clem era "davvero unico nel suo genere e uno dei più grandi batteristi
di una delle più grandi band della sua generazione. Una persona davvero
speciale, piena di energia positiva". Gli fa eco John Taylor,
visibilmente toccato, che ha confessato di essersi raramente sentito
così triste per la scomparsa di un musicista.
Uno dei suoi miti giovanili, Dave Davies dei Kinks, lo ha definito "un batterista spettacolare", così come non è mancato il ricordo di Ronnie Wood e degli stessi Who. Il suo rapporto privilegiato con la scena britannica è sottolineato anche dalle parole di altri chitarristi come Johnny Marr (ex-Smiths), che lo ha celebrato come "uno dei grandi della musica", e Graham Coxon dei Blur, per il quale era "un ragazzo meraviglioso, uno dei migliori in questo stupido business". Nancy Sinatra ha confessato di avere "il cuore a pezzi", e non è stata la sola: molte altre rocker in gonnella hanno voluto ricordarlo, da Joan Jett a Kate Pierson dei B-52's ("Il mondo musicale ha perso uno dei più grandi batteristi. E noi abbiamo perso un caro amico"), da Belinda Carlisle a Kathy Valentine delle Go-Go's ("Il mio migliore amico. Mio fratello. La mia costante in ogni variabile della mia vita"), fino a Debbi Peterson delle Bangles. Pure Shirley Manson dei Garbage ("Penso che tutti noi in qualche modo credessimo che saresti vissuto per sempre") e Skin degli Skunk Anansie gli hanno dedicato post affettuosi su Instagram. Altri tributi sentiti sono arrivati da Nile Rodgers ("È stato un onore suonare con te, amico mio"), Chris Frantz e Jerry Harrison dei Talking Heads, Tim Burgess dei Charlatans ("Clem Burke era l'epitome del batterista super cool – così influente e una persona adorabile"), Alex Kapranos dei Franz Ferdinand ("Ha fornito il ritmo a così tanti anni della mia vita"), Billy Idol, Bryan Adams, i Dead Kennedys, i Dandy Warhols, gli Spandau Ballet e molti altri artisti e band.
E adesso, che ne sarà dei Blondie, rimasti orfani di uno dei tre membri fondatori superstiti? Della line-up
originaria rimangono infatti solo Debbie Harry e Chris Stein, con
quest'ultimo che da anni non si esibisce più dal vivo a causa della sua
salute purtroppo precaria. È difficile, quasi impossibile, immaginare la
band di New York senza il suo infaticabile batterista, protagonista
indiscusso di ogni concerto dal vivo. Il suo ultimo live risale
alla scorsa estate, durante un festival in Irlanda del Nord. Già l'anno
scorso, la band aveva cancellato le date previste nella seconda metà
del 2024, e oggi il sospetto che fosse per via del peggioramento delle
sue condizioni di salute sembra trovare conferma.
Da tempo si attende un nuovo album dei Blondie (l'ultimo, "Pollinator",
risale al 2017), più volte annunciato e poi rimandato. Stando alle
notizie finora trapelate, le parti di batteria di Clem sarebbero già
state registrate. E allora non ci resta che immaginarlo ancora lì, al
suo posto, dietro le pelli. Sempre in movimento, instancabile, a giocare
con le bacchette, lanciandole in aria e poi riprendendole, pronto per
suonare un altro assolo di batteria. E con addosso, naturalmente, una
t-shirt del CBGB.
Power, passion plays a double hand
Union, Union, Union City man
("Union City Blue")
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