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12/04/2025

Addio a Clem Burke

Clem Burke was not just a drummer, he was the heartbeat of Blondie.

Inizia così il commovente messaggio pubblicato dai Blondie sui propri canali social, con cui Debbie Harry e compagni hanno dato l'annuncio della scomparsa di Clem Burke, lo storico batterista che, a 70 anni, ha perso la sua battaglia privata contro il cancro. Una notizia inaspettata, che ha colto totalmente impreparati fan e addetti ai lavori: nulla era trapelato in precedenza riguardo alla malattia, e Clem, nelle sue ultime esibizioni dal vivo, era apparso come sempre il più energico della band, mettendo in mostra il suo stile scatenato e spettacolare che lo aveva reso il più degno erede del suo mito Keith Moon.

Dal drumming forsennato di "Dreaming" a quello più elaborato di "Heart Of Glass", Clem Burke è stato davvero il cuore pulsante dei Blondie: un batterista capace di seguire e interpretare tutte le sfumature creative di Debbie Harry e Chris Stein, dando forma sonora alle loro intuizioni. Musicalmente, rappresentava una sorta di trait d'union tra Hal Blaine e il già citato Keith Moon. Se agli inizi la sua energia era talmente travolgente da risultare quasi incontenibile – il produttore Mike Chapman ha raccontato più volte quanto fosse difficile arginarlo, perché tendeva a voler mettere sempre in primo piano la batteria – con il tempo Clem imparò anche l'arte della misura. Emblematico il suo iniziale scetticismo di fronte a un brano disco come "Heart Of Glass": per convincersi a suonarlo, dovette ascoltare più volte la colonna sonora di "Saturday Night Fever". Il resto, come si suol dire, è storia. Basta riascoltare la coda percussiva della versione di "Heart Of Glass" inserita nel "Best Of" del 1981 – oggi considerata da molti la versione definitiva – per provare una gioia autentica all'ascolto. Che si trattasse di punk, funk, disco, reggae o persino doo-wop, per lui non faceva alcuna differenza: la sua batteria riusciva comunque a ritagliarsi uno spazio da protagonista.

È stato un musicista a lungo colpevolmente sottovalutato, poiché oscurato dalle attenzioni mediatiche all'epoca tutte rivolte sulla figura di Debbie Harry. Eppure, l'importanza di Clem Burke all'interno dei Blondie appariva evidente sin dal singolo d'esordio, "X Offender": la sua batteria irrompe prima ancora della voce di Debbie e definisce l'identità del brano almeno quanto il caratteristico organo Farfisa suonato dal tastierista Jimmy Destri. Alcuni dei primi successi del gruppo, come "In The Flesh" e "Denis", portano il suo marchio inconfondibile, così come viene difficile immaginare "Call Me" senza quella sua rullata iniziale. Era, del resto, il batterista di gran lunga più ambito della scena del CBGB e in assoluto uno dei più rispettati dell'intero movimento punk e new wave. Tra i colleghi, vantava ammiratori insospettabili come Nick Mason dei Pink Floyd, Nicko McBrain degli Iron Maiden e Dale Crover dei Melvins, mentre sono diverse le generazioni di batteristi che hanno imparato a suonare ascoltando i primi album dei Blondie. Tra questi, c'è Jimmy Chamberlin degli Smashing Pumpkins, che lo ha ricordato in modo caloroso: "Una perdita immensa per la nostra confraternita di batteristi. Per me è stato un'enorme fonte di ispirazione. Ho trascorso così tanto tempo a suonare 'Dreaming'...".

Il resto della sua carriera parla da sé: Burke ha collaborato e suonato, tra gli altri, con artisti del calibro di Pete Townshend, Bob Dylan, Iggy Pop, Joan Jett, Bob Geldof e gli Eurythmics nel loro periodo di massimo splendore, diventando uno dei turnisti più richiesti del decennio Ottanta. Per qualche serata è persino salito sul palco con i Ramones, amici di lunga data, con lo pseudonimo di Elvis Ramone. In tempi più recenti, Rolling Stone lo ha inserito nella classifica dei più grandi batteristi di tutti i tempi, mentre nel 2018 è uscito "My View: Clem Burke", un documentario autobiografico realizzato dalla BBC. La sua dedizione al drumming era totale, a punto di portarlo a partecipare in prima persona a una serie di esperimenti universitari volti a indagare i benefici fisici e mentali del suonare la batteria, ricerca che nel 2011 gli è valsa un dottorato onorario dall'Università del Gloucestershire. Più recentemente, si è fatto promotore di un'iniziativa ufficiale per includere la batteria nei programmi nazionali di supporto per i bambini autistici, dopo che uno studio aveva evidenziato come anche solo 90 minuti di pratica settimanale potessero produrre miglioramenti significativi nella loro qualità della vita.

Clem era noto per essere il membro più positivo e solare della band newyorkese: sempre di buon umore, amichevole con tutti e pronto a dare una mano, era animato da un entusiasmo contagioso. Senza il suo spirito ottimista, i Blondie probabilmente non sarebbero mai decollati. Fu infatti determinante nel convincere Debbie a non abbandonare il progetto nel 1975, quando le defezioni di Ivan Král e Fred Smith – passati rispettivamente al Patti Smith Group e ai Television – gettarono nello sconforto la platinata vocalist, ormai sul punto di mollare tutto. Fu proprio Clem Burke a farle cambiare idea, suggerendo poi l'ingresso del suo amico d'infanzia Gary Valentine come nuovo bassista. La sua capacità di mediazione si rivelò preziosa anche vent'anni dopo, quando sul finire dei Nineties riuscì a ricucire i rapporti tra i membri della band, favorendo così la sorprendente reunion dei Blondie e il ritorno al successo internazionale con "Maria".

Di Clem Burke si è sempre evidenziato anche lo stile impeccabile, un perfetto equilibrio tra l'eleganza British e l'attitudine più ruvida e urbana tipica delle strade di New York. "Era sempre il tipo più cool nella stanza", stanno ripetendo all'unisono tutte le persone che hanno avuto modo di conoscerlo o anche solo di incontrarlo. E non è un'esagerazione sostenere che il suo look fu importante quasi quanto quello di Debbie Harry nel definire l'identità visiva dei Blondie, tra rimandi sixties allo stile Mod e richiami alla Pop Art. Ispirato dagli inglesi Dr. Feelgood, Clem fu peraltro il primo, tra i musicisti della scena che ruotava intorno al CBGB's, a tagliarsi i capelli a metà degli anni '70, un gesto che venne presto imitato da molti e che segnò, di fatto, un momento di rottura: il passaggio simbolico tra il rock del passato e l'ondata punk che stava per travolgere tutto.

Uno degli aspetti che più contraddistinguevano Clem era poi la sua passione autentica e totalizzante per il rock, al limite del fanatismo: conosceva tutte le storie e i retroscena del genere, possedeva una collezione impressionante di vinili e riviste musicali, e sembrava quasi che la sua vita ruotasse interamente attorno alla musica. Era nato per fare la rockstar e, come ripeteva in ogni intervista, non avrebbe potuto fare nient'altro nella vita. Con il passare del tempo, questa sua dedizione non era mai venuta meno: anche a settant'anni conservava lo spirito di un ragazzino che stava vivendo il proprio sogno, apparentemente immune da quelle ansie e difficoltà personali che invece avevano segnato profondamente altri membri dei Blondie. Chris Stein lo soprannominava affettuosamente "Dr. Burke", in virtù del suo sapere enciclopedico sulla storia del rock, degno di un docente universitario. Clem era uno dei più grandi fan dei Beatles presenti sulla faccia della Terra, ma adorava anche gli Who, i Kinks, i Rolling Stones e, più in generale, tutti i protagonisti della British Invasion con cui era cresciuto. Aveva raccontato di essere entrato nei Blondie perché era alla ricerca di quello che, per lui, sarebbe stato il suo Jim Morrison, David Bowie o Mick Jagger. Quel "qualcuno" lo trovò evidentemente in Debbie Harry.

Le commemorazioni e i ricordi sui social in queste ore sono innumerevoli, ed è davvero difficile star dietro a tutti. Ma dimostrano chiaramente quanto Clem Burke fosse capace di unire musicisti di generi e generazioni diverse, quanto fosse amato trasversalmente e stimato da colleghi e amici. Tra i tributi più sentiti spiccano quelli di alcuni suoi compagni nel grande viaggio della new wave, a partire da Jerry Casale dei Devo, che ha sottolineato come "il suo stile ineguagliabile e il suo fascino tipicamente newyorkese hanno stabilito uno standard di performance durato decenni", mentre Hugh Cornwell, ex-leader degli Stranglers, lo ha ricordato con affetto: "Avrebbe preferito suonare la batteria piuttosto che fare qualsiasi altra cosa al mondo, a parte forse collezionare memorabilia dei Beatles, naturalmente". Ian McCulloch degli Echo & the Bunnymen ha scritto: "Era il mio batterista preferito della scena punk e new wave, ha contribuito a inventare uno stile. Il suono della sua batteria, soprattutto in quegli album incredibili dei Blondie, era speciale e perfetto, proprio come le canzoni dei Blondie. È stato il Charlie Watts della sua generazione".

Anche John Doe degli X ha voluto rendergli omaggio, definendolo "il batterista più elegante e potente, che ha dimostrato quanto potesse essere grande anche una batteria punk rock". Dave Stewart, che lo aveva voluto fortemente negli Eurythmics ai tempi del loro quinto album "Revenge", ha scherzato sul fatto che "Clem voleva solo suonare. Sono sicuro che sognasse letteralmente di suonare la batteria anche mentre dormiva – ed era davvero un batterista da sogno con cui condividere il palco. Durante i live, le sue performance erano così esplosive che facevo fatica a staccargli gli occhi di dosso. Se avesse potuto, avrebbe suonato ogni sera con tutte le sue band preferite". Per Nick Rhodes dei Duran Duran, Clem era "davvero unico nel suo genere e uno dei più grandi batteristi di una delle più grandi band della sua generazione. Una persona davvero speciale, piena di energia positiva". Gli fa eco John Taylor, visibilmente toccato, che ha confessato di essersi raramente sentito così triste per la scomparsa di un musicista.

Uno dei suoi miti giovanili, Dave Davies dei Kinks, lo ha definito "un batterista spettacolare", così come non è mancato il ricordo di Ronnie Wood e degli stessi Who. Il suo rapporto privilegiato con la scena britannica è sottolineato anche dalle parole di altri chitarristi come Johnny Marr (ex-Smiths), che lo ha celebrato come "uno dei grandi della musica", e Graham Coxon dei Blur, per il quale era "un ragazzo meraviglioso, uno dei migliori in questo stupido business". Nancy Sinatra ha confessato di avere "il cuore a pezzi", e non è stata la sola: molte altre rocker in gonnella hanno voluto ricordarlo, da Joan Jett a Kate Pierson dei B-52's ("Il mondo musicale ha perso uno dei più grandi batteristi. E noi abbiamo perso un caro amico"), da Belinda Carlisle a Kathy Valentine delle Go-Go's ("Il mio migliore amico. Mio fratello. La mia costante in ogni variabile della mia vita"), fino a Debbi Peterson delle Bangles. Pure Shirley Manson dei Garbage ("Penso che tutti noi in qualche modo credessimo che saresti vissuto per sempre") e Skin degli Skunk Anansie gli hanno dedicato post affettuosi su Instagram. Altri tributi sentiti sono arrivati da Nile Rodgers ("È stato un onore suonare con te, amico mio"), Chris Frantz e Jerry Harrison dei Talking Heads, Tim Burgess dei Charlatans ("Clem Burke era l'epitome del batterista super cool – così influente e una persona adorabile"), Alex Kapranos dei Franz Ferdinand ("Ha fornito il ritmo a così tanti anni della mia vita"), Billy IdolBryan Adams, i Dead Kennedys, i Dandy Warhols, gli Spandau Ballet e molti altri artisti e band.

E adesso, che ne sarà dei Blondie, rimasti orfani di uno dei tre membri fondatori superstiti? Della line-up originaria rimangono infatti solo Debbie Harry e Chris Stein, con quest'ultimo che da anni non si esibisce più dal vivo a causa della sua salute purtroppo precaria. È difficile, quasi impossibile, immaginare la band di New York senza il suo infaticabile batterista, protagonista indiscusso di ogni concerto dal vivo. Il suo ultimo live risale alla scorsa estate, durante un festival in Irlanda del Nord. Già l'anno scorso, la band aveva cancellato le date previste nella seconda metà del 2024, e oggi il sospetto che fosse per via del peggioramento delle sue condizioni di salute sembra trovare conferma.

Da tempo si attende un nuovo album dei Blondie (l'ultimo, "Pollinator", risale al 2017), più volte annunciato e poi rimandato. Stando alle notizie finora trapelate, le parti di batteria di Clem sarebbero già state registrate. E allora non ci resta che immaginarlo ancora lì, al suo posto, dietro le pelli. Sempre in movimento, instancabile, a giocare con le bacchette, lanciandole in aria e poi riprendendole, pronto per suonare un altro assolo di batteria. E con addosso, naturalmente, una t-shirt del CBGB.

Power, passion plays a double hand
Union, Union, Union City man
("Union City Blue")

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