“Le due donne di Renzi”, il Ministro della Difesa Roberta Pinotti e l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e le politiche internazionali, Federica Mogherini, sono da tempo alla testa, in Italia e nell’area dell’UE, dei processi volti al rafforzamento della NATO, della maggiore “responsabilizzazione” (più fondi, molti più fondi economici) dei Paesi UE verso il Patto Atlantico e per la costruzione dell’esercito europeo, che in altri termini possiamo descrivere come la strutturazione militare del neo imperialsimo UE.
Specie per quest’ultimo obiettivo, la Pinotti e la Mogherini si sono distinte, negli ultimi mesi, come vera e propria “forza d’urto” primaria dell’UE, con la benedizione della Germania, della Spagna, della Francia, del governo Gentiloni e del Partito Democratico.
Non stupiscono, a partire da tutto ciò, le ultime e gravi dichiarazioni rilasciate dalla Pinotti nell’incontro bilaterale del 12 luglio scorso a Washington, con il segretario USA alla Difesa James Mattin, dichiarazioni nettamente volte a dimostrare totalmente disponibile il governo Gentiloni ad aumentare la presenza militare italiana in Siria, in Iraq, in Libia e in Afghanistan. Tutto ciò all’interno della discussione “primaria” volta a garantire il maggior contributo economico italiano alle spese generali dirette a sostenere le politiche di guerra planetarie della NATO.
Non avevamo bisogno delle assunzioni di maggiori responsabilità militari che la Pinotti ha garantito al segretario USA alla Difesa, per valutare la natura subordinata del governo Gentiloni, di Renzi e del PD agli USA e alla NATO, ma certo è che tali dichiarazioni aggravano ancor più il quadro generale attuale, già segnato da grandi pericoli di ulteriori coinvolgimenti dell’Italia nei fronti di guerre mondiali e da ulteriori sacrifici economici da far pagare al mondo del lavoro, allo stato sociale, ai giovani e ai pensionati.
Il micidiale combinato disposto dato dalle inedite spese per la costruzione dell’esercito europeo, dai nuovi e pesanti “contributi” per la NATO e, nella nuova ipotesi interventista della Pinotti, dalle spese per l’invio di altre truppe italiane in Siria, in Libia, in Iraq e in Afghanistan, si abbatterebbe come una nuova mazzata sulla vita quotidiana del movimento operaio complessivo. Aggravando peraltro il ruolo, militare e politico, italiano sul piano internazionale.
Siamo di fronte a inquietanti processi di militarizzazione generale, essenzialmente e politicamente condotti dai gruppi dirigenti “renziani” del PD (che guidano nei fatti il governo Gentiloni), processi che vedono come sbocco naturale un aumento dell’export militare italiano già passato, negli ultimi due anni, da 2 a 14 miliardi di dollari, del quale export il 59% diretto verso le monarchie arabe, reazionarie e filoimperialiste del petrolio, in gran parte già sostenitrici degli interventi USA e NATO in Medio Oriente e fiancheggiatrici del Califatto.
Al cospetto di tutto ciò e di fronte ai nuovi processi di riarmo nucleare presenti anche in Italia, ancor più il PCI rilancia la propria lotta per l’uscita dell’Italia dalla NATO e per l’uscita delle basi NATO e USA dall’Italia. Di fronte ai nuovi processi di militarizzazione generale e dell’ulteriore integrazione e subordinazione dell’Italia alle politiche imperialiste e guerrafondaie degli USA e della NATO, il PCI chiama tutte le forze antimperialsite, comuniste, pacifiste, democratiche, di movimento contrarie alle politiche militari degli USA e della NATO, ad unirsi in un unico fronte di lotta contro la guerra e per la costruzione dell’indipendenza dell’Italia e della pace.
Fosco Giannini segreteria nazionale PCI, responsabile dipartimento esteri
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