Nel mentre scriviamo, in tutta la Francia gli studenti delle scuole medio-superiori, rispondendo all’appello di una delle maggiori organizzazioni studentesche, l’UNL, stanno bloccando numerosi istituti, di fatto affiancando i “giltes jaunes” ma con contenuti propri, su cui era stata proclamata per oggi la giornata della “collera studentesca”.
Negli scorsi giorni c’erano stati diversi episodi di “fraternizzazione” tra la “marea gialla” e le realtà studentesche, anche universitarie. Si tratta per lo più di città della Francia peri-urbana, di quella rurale e delle zone che hanno subito una pesante de-industrializzazione.
Il cuore dei blocchi, ormai è statisticamente certo, il 17 novembre ha riguardato cittadine tra i 5.000 e i 20.000 abitanti, con una presenza importante in quelle anche sotto i 5.000.
Si moltiplicano le iniziative congiunte, molte previste per questo fine settimana – non ci sarà solo la manifestazione ai “Campi Elisi” – tra i gilets jaunes e i militanti sindacali della CGT, SUD e del settore trasporti e logistica di FO.
Le giacche arancioni della CGT, saranno insieme ai Gilets Jaune un po’ in tutta la Francia, il segretario del maggior sindacato francese, Martinez, ha ribadito martedì che non si tratta di due movimenti concorrenziali; e questo sabato nella Capitale, su una ampia piattaforma sul caro-vita ha chiamato alla mobilitazione, indicendo lo sciopero nei settori che non avrebbero potuto partecipare alla manifestazione.
Sempre sabato, il Comitato Adama, una delle espressioni più avanzate della lotta alle violenze della polizia e al razzismo, e portatore dei bisogni dei quartieri popolari, sfilerà insieme ai Gilets Jaunes a Parigi, chiamando alla mobilitazione questa parte importante delle classi subalterne.
Intanto, Ruffin, deputato degli Insoumises ed ex-animatore delle nuit debout prima, e della “festa a Macron” poi, ha promosso ieri una importante assemblea all’aperto in place Republique, chiamando “le metropoli” a mobilitarsi insieme alle giacche gialle.
L’attivismo di Ruffin parte dal presupposto di compattare un “blocco storico” contro le politiche governative, in cui la variegata mouvance della sinistra alternativa, come per la campagna sul referendum del 2005 di adesione alla UE, deve intervenire anche per sottrarre vittoriosamente il terreno da sotto i piedi alla destra, neutralizzando il possibile recupero del Rassamblement National (ex-FN).
RN, è una formazione, aggiungiamo noi, il cui maggiore sponsor politico è lo stesso Macron, che l’ha eletta suo “falso nemico” in previsione delle europee di maggio prossimo, nella falsa opposizione tra “progressisti” (lui?) contro “nazionalisti”, o liberali contro “illiberali”.
Ma procediamo con calma e riassumiamo telegraficamente ciò che è successo dall’inizio di questa settimana fino ad oggi.
L’incontro tra i due portavoce (degli otto nominati dai Gilets Jaune) con alcuni esponenti del governo – questo martedì sulla piattaforma rivendicativa ufficializzata – non ha sortito alcun effetto ed è stata confermata la mobilitazione di sabato.
Il previsto incontro di oggi tra i portavoce dei Gilets Jaune e membri dell’esecutivo è saltato per volontà dei primi. Il governo, ha fatto sapere che procederà per la sua strada, non abolendo la “tassa carbone” e mantenendo gli aumenti previsti dal primo gennaio, ed allo stesso tempo non toccherà al rialzo il salario minimo intercategoriale – lo SMIC – come richiesto dai JG e dalla CGT.
Mercoledì Macron ha tenuto un discorso-fiume sulla “transizione ecologica”. In sostanza il presidente non ha assunto nessun impegno, che non fosse stato previsto nel precedente piano energetico, elaborato durante la presidenza Hollande, e nessun nuovo impegno concreto durante il suo Quinquennat, tranne che per un aumento di investimenti nelle rinnovabili e il superamento degli impianti di riscaldamento domestici a “fuel”.
Ciò che inficia alla base il suo discorso è la dilazione dell’obiettivo della parziale diminuzione della dipendenza dal nucleare per la produzione di energia elettrica – di dieci anni, dal 2025 al 2035 – e il non spegnimento in futuro di reattori nucleari che supereranno presto i quarant’anni di attività; una soglia che alza i rischi di sicurezza di non poco.
Bisogna ricordare che l’ultimo progetto di reattore di ultima generazione, l’EPR, non è entrato ancora in funzione, né in Francia né altrove, e nell’Esagono questo è in un ormai cronico ritardo – rispetto ai tempi di attivazione previsti – e ha portato i livelli di indebitamento della società EDF (controllata dallo stato) a cifre stratosferiche, senza che sia stata approntata una exit strategy da questa situazione, tra impianti che diventano obsoleti, con una drastica riduzione delle capacità di gestione e know how in declino, e costosissimi nuovi impianti di cui non si vedono i risultati, se non di aumento del debito pubblico.
Dall’ex ministro dell’ecologia del governo Hollande, passando per le ONG e le forze di opposizione che fanno della “transizione ecologica” il perno del proprio agire e del proprio programma, come i “verdi” di EELV e la France Insoumise, sono arrivate piogge di critiche su questa ennesima “trasformazione” mancata, che pure era al centro del programma di En Marche!
Il movimento dei Gilets Jaune, come hanno evidenziato i commentatori più intelligenti, ha rimesso al centro del gioco politico una questione, quella “sociale” in primis, e la frattura tra un centro metropolitano ed una variegata “periferia”, lungo la linea dello sviluppo diseguale che inizia in una banlieue ed arriva fino ai DOM-TOM, i territori d’Oltre Mare, passando per la Francia peri-urbana, quella rurale e quella pesantemente de-industrializzata.
Infatti non si placa in alcun modo la mobilitazione alla Reunion e in Guyana c’è stato lo sciopero generale sulle rivendicazioni che attendono risposta rispetto a quelle espresse nei moti insurrezionali della primavera del 2017; mentre in Nuova Caledonia c’è stato da poco un referendum sull’indipendenza, che ha visto una grossa mobilitazione popolare ed un ottimo risultato per le forze eredi della resistenza Kanak.
Come uscirà il governo da questa situazione, che vede nella ingombrante presenza dei decisori politici della UE un convitato di pietra pronto a “bacchettare” qualsiasi tentennamento nelle politiche di Austerity?
La risposta non è facile, tenendo conto che Moscovici ha “invitato” la Francia a fare “ancora uno sforzo”, soprattutto per ciò che riguarda la riduzione del deficit strutturale: la UE ha posto l’Esagono nei Paesi “a rischio di non conformità”.
La doppia strategia macroniana, suggerita da un establishment politico-economico veramente preoccupato, è quella di rinunciare, almeno a livello di narrazione, alla “verticalità” che l’ha finora contraddistinto, mutandola in un atteggiamento di maggior ascolto e condivisione con le “collettività” territoriali” a livello locale e i “corpi intermedi”, forse le uniche ancore di salvezza in grado di fargli recuperare un gap di consenso che l’ha portato ad un altro picco negativo nei sondaggi: solo il 19% dei francesi approverebbe il suo operato, contro i quattro quinti, stando ad altre rilevazioni, che invece sostengono i Gilets Juanes.
Ma il dialogo sociale reale – di cui non si vede traccia, nonostante le avances di alcuni corpi intermedi, il sindacato CFDT in primis – è una cosa; la narrazione fittizia a scopo propagandistico un altra.
Un’ultima nota: anche media e polizia sono dentro questa crisi di legittimità delle élites.
I primi, dopo avere coperto come mai prima un movimento sociale – ed il confronto con il misto di censura e stigmatizzazione negativa con cui avevano trattato la lotta degli cheminots contro la privatizzazione di SNCF è l’esempio più eclatante – dopo la manifestazione parigina hanno usato la clava e una buona dose di disinformazione facendo il gioco del governo, tra l’altro nascondendo spudoratamente la pesante azione repressiva delle forze dell’ordine, emersa sui social e nei media d’inchiesta indipendenti.
Altrettanto era successo per la giornata della collera a Marsiglia, a pochi giorni di distanza dal crollo di due edifici “insalubri” in pieno centro, gestiti da una azienda comunale mista pubblico-privato.
Molti francesi hanno appreso la vera funzione delle forze dell’ordine che gli abitanti dei quartieri popolari, i militanti sindacali e gli attivisti conoscono invece da tempo.
Dal 17 novembre la mobilitazione ha cambiato in parte forma, soggetti coinvolti e quadro rivendicativo, portando l’idea-forza delle dimissioni di Macron nella testa di sempre maggiori persone, ma non è mai scemata.
In conclusione, non sarà un sabato come gli altri in Francia, non solo per le vie della capitale, e senz’altro non è che una tappa: fino a Natale compreso, ed anche oltre, come ha dichiarato un gilet jaune dei Pirenei.
E se vogliamo chiamare le cose con il proprio nome, ciò che stiamo vedendo è una rivolta popolare, e non accenna a fermarsi.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento