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19/06/2014

E’ già finita la luna di miele tra Abu Mazen e Hamas

Lo spiegamento di ingenti forze militari israeliane soffoca Hebron e altri centri abitati palestinesi ma non è riuscito a ritrovare i tre adolescenti scomparsi una settimana fa nella zona del blocco delle colonie di Etzion e che Israele ritiene ostaggio di una cellula armata. L’elenco degli arrestati si allunga di ora in ora nel quadro di una operazione, denominata “Brother’s keeper”, volta  anche a smantellare la struttura in Cisgiordania del movimento islamico Hamas accusato dal premier israeliano Netanyahu di essere responsabile del rapimento dei tre ragazzi. Rapimento che non è stato ancora rivendicato da alcun gruppo credibile mentre Hamas ripete di non essere coinvolto.

Tra martedì e mercoldì sono stati arrestati altri 64 palestinesi, tra cui 51 ex detenuti politici rilasciati nel 2011 nell’ambito dello scambio di prigionieri tra Israele e Hamas per la liberazione del caporale israeliano Ghilad Shalit. La scorsa notte l’esercito israeliano ha arrestato altri 30 palestinesi e ha effettuato raid e perquisizioni in almeno cento abitazioni. Raid, questa mattina, anche nell’università di Bir Zeit, il più noto degli atenei palestinesi.


Il totale degli incarcerati è di quasi 300, molti dei quali sono militanti e dirigenti dell’ala politica del movimento islamico. La lista include diversi parlamentari e Aziz Dweik, presidente del Consiglio legislativo palestinese. Il pugno di ferro è stato criticato da più parti. Amnesty ha condannato il sequestro ma allo stesso tempo ha anche chiesto che le forze israeliane cessino la punizione collettiva imposta alla popolazione palestinese.

“Brother’s keeper” non è servita a riportare a casa i tre ragazzi ma sta comunque raggiungendo un altro dei suoi obiettivi: spingere o costringere il presidente dell’Anp e leader del movimento Fatah Abu Mazen a sganciarsi da Hamas, a due mesi dalla riconciliazione nazionale palestinese raggiunta dopo ben sette anni. Lo ha spiegato sul quotidiano Haaretz  l’analista Amos Harel: «Il fine delle azioni israeliane è quello di dividere l’Autorità Nazionale Palestinese da Hamas e interrompere il processo di riconciliazione cominciato due mesi fa». E i risultati sono stati immediati.


Hamas ha attaccato Abu Mazen, condannando in particolare il coordinamento di sicurezza con Israele, che, ha affermato, «arreca danno al morale dei prigionieri palestinesi e non è utile agli sforzi di riconciliazione». Qualche ora prima il presidente da Jedda, dove è in corso la Conferenza dell’Organizzazione islamica, aveva sostenuto che «Chi ha condotto il rapimento ci vuole distruggere», chiesto la restituzione immediata alle loro famiglie dei tre ragazzi e riaffermato la volontà di continuare a cooperare con le forze di sicurezza israeliane.

AGGIORNAMENTO ore 13.30 – SCONTRI NEL CAMPO PROFUGHI DI JENIN
Circa 200 palestinesi stanno protestando nel campo profughi di Jenin, a Nord della Cisgiordania. Sono scoppiati scontri con l’esercito israeliano, sette i palestinesi feriti, secondo fonti mediche sul posto.

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