Secessione o smembramento o ripartizione, o come volete chiamarlo. Resta il fatto che l’Iraq di tre appartenenze o religiose o etniche disegnato dai colonizzatori europei e tenuto in pugno da regimi autoritari, dopo l’intervento Usa del 2003 esisteva soltanto nella cattiva coscienza di Washington.
Eppure Barak Obama nel suo noto a West Point era stato perentorio: «L’America dovrà sempre guidare la scena mondiale perché, se non lo facciamo noi, nessun altro lo farà». Con un distinguo: «Solo perché abbiamo il miglior martello, non significa che ogni problema è un chiodo». L’Iraq non sarà un chiodo ma è certo un gran bordello e gli Stati Uniti non vogliono portare in campo martelli americani. Pare questo il nuovo atteggiamento degli Stati Uniti, usato tanto nei confronti della Siria quanto dell’Iraq di oggi: pacifismo di convenienza che sfiora l’isolazionismo americano di un tempo.
Ma qualcosa Washington dovrà pur fare visto che il dramma Iraq è il prodotto di pasticci loro. La Saga dei Bush, a partire dal 1991 quando il texano padre per vincere Saddam convinse gli sciiti a sostenere i ‘liberatori’. Poi gli stessi sciiti furono lasciati alla vendetta del despota sunnita. Segnati dall’esperienza, gli sciiti non festeggiarono il ritorno degli americani nel 2003. Lo fecero i sunniti stanchi del regime di Hussein, ma per poco. Poi fu la follia di Paul Bremer, che sciolse l’esercito e licenziò tutti i dipendenti pubblici iracheni creando il caos in cui persero la vita 5mila soldati americani.
Dall’intervento Usa solo la tripartizione etnico-religiosa dell’Iraq sunniti-sciiti-curdi e nessuna nuova classe dirigente. E non è un caso - fa notare LookOut - che i sunniti che minacciano Baghdad non hanno combattuto contro i curdi del nord-est, ma si sono presi quella porzione di territorio che è quasi esclusivamente a maggioranza sunnita e verosimilmente non attaccheranno mai Bassora e le altre roccaforti sciite del sud. Tripartizione sul campo già operativa con la partita ancora aperta di Baghdad, forse da spartire come fu Berlino, lasciando agli sciiti la loro roccaforte di Sadr City.
L’Iraq non esiste più da tempo e potrebbe convenire a tutti i popoli iracheni spartirsi ciascuno il proprio territorio. Quelle che qualcuno chiama ancora ‘milizie di Al Qaeda’ sono in realtà quegli stessi sunniti che si ribellarono allora agli americani e che oggi, vista l’incapacità del governo sciita di Al Maliki di trovare forme di coesione in un Iraq multietnico, preferiscono scegliere la strada della secessione. Stessa strategia dei curdi a nord. Il problema è americano ora: come uscirne dopo aver lasciato montare la ribellione. Lo faranno comunque a mani vuote con alle spalle una scia paurosa di morti.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento