Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

16/06/2014

Gerusalemme Est - Per l’Australia non è occupazione

Da sinistra a destra: il Premier australiano Tony Abbott e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

L’Australia ritiene che l’aggettivo “occupata” relativo a Gerusalemme est sia “inappropriato e inutile” e ha quindi deciso di smettere di usarlo. La risposta non si è fatta attendere: giovedì scorso 18 diplomatici della regione mediorientale e non, tra cui Egitto, Arabia Saudita e Indonesia hanno minacciato sanzioni al commercio. Israele, invece, ha definito la decisione australiana “rinfrescante”.

Gerusalemme est è stata occupata da Israele nel 1967 assieme al resto dei territori palestinesi e, nonostante Tel Aviv l’abbia annessa unilateralmente nel 1980, la comunità internazionale non ha riconosciuto la mossa e l’ha condannata. Secondo il diritto internazionale, le costruzioni israeliane su terra palestinese occupata nel 1967 – compresa Gerusalemme est – sono illegali.

L’Australia si è detta “felice” di chiarire le sue posizioni dopo le proteste degli stati arabi: il primo ministro australiano Tony Abbott, in visita negli Stati Uniti, ha spiegato che “non c’è alcun cambiamento nella politica australiana sul conflitto israelo-palestinese” e che quindi il cambio di riferimento allo status di Gerusalemme est è “semplicemente un chiarimento terminologico”. Ci ha pensato il procuratore generale australiano George Brandis a spiegare le ragioni della scelta: “il termine ‘occupato’ ha una valenza peggiorativa e il governo australiano considera che non sia né appropriato né utile”.

Intanto il ministro degli esteri di Canberra Julie Bishop a breve incontrerà alcuni dei 18 ambasciatori che hanno minacciato di interrompere i legami commerciali con l’Australia. Un business da miliardi di dollari l’anno, che vede gli stati arabi – specialmente Qatar e Giordania – come i maggiori destinatari dell’export di carne ovina e di grano dall’Australia.

L’Australia, fedele alleata di Washington e Tel Aviv, era incappata nelle ire di Israele quando, pochi giorni prima della votazione all’Assemblea Generale dell’Onu sul riconoscimento della Palestina come stato osservatore non membro, aveva deciso di astenersi invece che votare contro, come aveva promesso a Israele.

Nessun commento:

Posta un commento