di Francesca La Bella
E’ di pochi giorni fa la conferenza stampa in cui il portavoce del Libyan National Army, Ahmed al-Mesmari, ha preso netta posizione contro Qatar, Sudan e Turchia, accusando i tre Paesi di finanziare il terrorismo jihadista in Libia. Secondo quanto riportato da Al Arabiya, il Generale libico avrebbe, infatti, dichiarato che “la battaglia dell’esercito libico non è contro i terroristi libici, ma contro il terrorismo transnazionale”. Un terrorismo aiutato ad operare, secondo le parole di al-Mesmari, dall’aviazione qatarina e da un continuo scambio di informazioni tra i militanti jihadisti locali e corrispondenti dell’emittente Al Jazeera. Le accuse non giungono, però, solo dall’interno della Libia. A seguito della pubblicazione della documentazione che proverebbe il coinvolgimento del Qatar nel finanziamento e sostegno delle forze dello Stato Islamico in Libia, l’Egitto si è fatto portavoce della questione presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Durante l’incontro di fine giugno, il Vice Ministro degli esteri egiziano Tariq al Qooni ha invitato il Consiglio di Sicurezza ad una maggiore vigilanza della situazione libica date le continue violazioni delle sanzioni in fatto di armamenti da parte del Qatar e di altri Paesi dell’area.
Una condanna netta dell’operato qatarino
che sembra indicare la non-ingerenza negli affari interni del Paese
come la via maestra per la risoluzione del conflitto. Parallelamente,
però, sia l’Egitto sia la comunità internazionale sia, soprattutto,
alcune delle forze interne alla Libia, sembrano voler applicare queste
previsioni in maniera unidirezionale alla parte avversa. In
questo senso appare particolarmente significativa la richiesta in sede
Onu, in concomitanza con la denuncia della violazione delle sanzioni,
della cancellazione dell’embargo sugli armamenti diretti al Libyan
National Army. Nella stessa direzione le parole del Generale
egiziano in pensione Mahmoud Khalaf che, intervistato dal portale
Sputnik, dichiara che l’Egitto ha il diritto di difendere il proprio
confine comune supportando le forze della Cirenaica e di Khalifa Haftar
contro le milizie jihadiste. Allo stesso modo si guardi, infine, ai raid
compiuti dall’aviazione egiziana in territorio libico contro 12 vetture
che, secondo le fonti egiziane, hanno provato nei giorni scorsi ad
attraversare il confine con armi, munizioni ed esplosivi.
La situazione internazionale e la
ridefinizione di assi di alleanze che attraversano Medio Oriente e
Nord-Africa potrebbe, dunque, far acquisire legittimità al progetto di
riunificazione nazionale di Khalifa Haftar. Il Generale in
questi anni è riuscito, infatti, ad intessere relazioni internazionali
ad ampio spettro e a radicarsi sul proprio territorio nazionale anche
grazie ad operazioni belliche vittoriose di notevole impatto come la
conquista dei porti petroliferi o la cacciata delle Brigate di difesa di
Bengasi nell’area di Jufra. In quest’ultimo caso, le politiche
messe in atto potrebbero portare al Governo della Cirenaica vantaggi
che trascendono dal semplice avanzamento territoriale. Il tentativo è
quello di mettere in atto politiche di controllo effettivo del
territorio per avere una base di partenza delle proprie operazioni verso
l’ovest del Paese. In questo contesto devono essere, dunque, lette la
nomina del nuovo comandante della polizia di Jufra, il Colonnello
Mahmoud Mohamed Al-Dahabi, e del Governatore Militare della regione, il
Brigadiere Mohamed Al-Senussi Nasr, o la notizia, diffusa in Italia da
Agenzia Nova, che “Il comando militare della zona centrale della Libia
dalla sua sede di Hon, nel distretto di al Jufra, ha diramato una nota
nella quale chiede a tutti i cittadini di consegnare le armi in loro
possesso e le munizioni immediatamente e di mettersi in contatto con i
battaglioni che presidiano l’area”.
In un Paese sempre più nel caos dove la
mancanza di sicurezza è caratteristica che accomuna l’intero territorio
come nel caso dell’attacco di lunedì a Sebha contro il convoglio del
Ministro dell’Istruzione o del blackout generale che ha colpito il Paese
a causa delle alte temperature, l’uomo forte Haftar acquista, di giorno
in giorno, legittimità. Alla luce di tutto questo non stupisce
l’ultimatum di Haftar alle altre forze politiche del Paese. Durante un
incontro svoltosi la scorsa settimana con i capì tribù dell’area
orientale, il Generale avrebbe, infatti, dichiarato di voler agire
unilateralmente entro i prossimi sei mesi per chiudere la questione
libica. Oltre a indicare la possibilità di riprendere Tripoli
attaccando da est, sud e ovest, Haftar avrebbe anche sottolineato come,
quando riterrà che il tempo è maturo, le forze armate libiche non
aspetteranno di avere l’appoggio dei partiti, ma agiranno in autonomia.
Tutto questo avviene mentre in Italia e in Europa viene quotidianamente agitato lo spettro dei crescenti flussi migratori. La prospettiva di un Governo capace di fermare le partenze dalle coste libiche, nonostante le evidenti problematiche di delegittimazione date dall’abbandonare un Governo come quello di Fayez al Sarraj calato dall’alto proprio dall’occidente, potrebbe, infatti, indurre molte forze politiche a porsi al fianco del Generale che promette controllo e sicurezza.
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