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05/07/2017

No al numero chiuso all’Università

Anche nei corsi delle facoltà umanistiche dell’Università statale di Milano dal prossimo anno accademico verrà introdotto il numero chiuso. La decisione, presa lo scorso 23 maggio dal senato accademico su proposta del Rettore, non ha avuto grande eco sui media mainstream – ormai totalmente obnubilati dalla narrazione mistificata su scuola e università – mentre è rimbalzata sui social. Che hanno immediatamente svelato l’inganno: non si tratta di rendere migliore l’offerta formativa, si tratta di rispettare una direttiva del MIUR, che impone un certo rapporto numerico tra studenti e docenti. Che non possono aumentare in presenza di un maggior numero di matricole. Perché non si può assumere. E quindi riduciamo le matricole. Tutto qua.

18 favorevoli, 11 contrari e 6 astenuti, per cominciare a diminuire gli studenti anche nelle facoltà umanistiche, dopo aver ridotto fino al di sotto della soglia della necessità programmata quelli di medicina e odontoiatria in tutta Italia. Così, mentre le scuole private che organizzano corsi di preparazione ai test d’ingresso prolificano e mentre chi ha i soldi se ne va a studiare all’estero (solo dei veri geni potevano concepire una simile aberrazione), da noi cominciano a mancare medici e dentisti, mentre si continua a impedire ai ragazzi di intraprendere quel percorso di studi. E, non paghi, adesso cominciamo a negare l’accesso allo studio un po’ a tutti, indiscriminatamente, per par condicio.

Troppi medici, troppi dentisti, troppi filosofi. Non importa che medici e dentisti in Italia manchino. Non importa che i filosofi siano assai apprezzati dalle aziende private per la loro capacità di problem solving. Non importa che le classifiche internazionali ci dicano che abbiamo il minor numero di laureati in Europa. Occorre risparmiare. Tagliare e ancora tagliare, soprattutto sull’istruzione, un ramo davvero secco per i nostri decisori politici. Che infatti non mi pare brillino per titoli di studio, proprio a cominciare dalla titolare del MIUR. Una nomina offensiva per ogni singolo docente italiano (e vorrei spiegare alla sig.ra Valeria Fedeli che ‘docente’ è un termine epiceno, valido dunque sia al maschile che al femminile, prima che attacchi la manfrina del linguaggio sessista).

Una nomina che il Presidente Mattarella non avrebbe dovuto ratificare. Ma tant’è. Abbiamo la ‘buona scuola’, dove ormai gli studenti sono intruppati in quell’assurda perdita di tempo che è l’alternanza scuola-lavoro, viatico di un rapido analfabetismo di ritorno di cui l’Italia pagherà le conseguenze per sempre; abbiamo l’autonomia scolastica e universitaria, che ha trasformato le due più importanti istituzioni formative del nostro Paese in agenzie di servizi on demand; abbiamo il numero chiuso in tutte le facoltà, scientifiche e adesso anche umanistiche, hai visto mai che i nostri giovani, destinati a confrontarsi col mondo in termini di conoscenze, fossero troppo attrezzati! E avremo a breve, la riduzione di anno della scuola superiore, l’abolizione delle discipline, l’introduzione delle ‘classi rovesciate’, la sostituzione dei libri con gli smartphone e chi più boiate ha più ne metta.

Sembra comico ma non lo è. E’ drammatico. Ed è drammatico che i giornalisti, gli intellettuali, gli accademici, i politici, gli esponenti delle istituzioni, i cittadini tutti non capiscano la portata della gravità di quanto sta accadendo.

Fonte

Critica sacrosanta che, tuttavia, manca come di consueto il bersaglio perché, non mettendo in discussione la struttura entro cui si muove questo ennesimo assalto al diritto allo studio, finisce per incanalarsi nella consueta retorica liberale che non riesce a sollevare lo sguardo dalla millantata pochezza della classe dirigente nazionale che, invece, è assolutamente coerente con il ruolo internazionale che al nostro paese è stato ritagliato ed imposto. 

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