La piazza del Campidoglio ieri pomeriggio era la rappresentazione plastica di una dualità destinata ad accentuarsi.
Da un lato il palazzo comunale, anonimo, senza neanche un pizzico di curiosità o empatia da parte dei suoi momentanei rappresentanti istituzionali. La sindaca Raggi non c’era, era in Procura per un interrogatorio.
Tutto intorno i cordoni della polizia che filtravano l’accesso alla piazza sulla base delle direttive “dopo i fatti di Torino”. Direttive che più che alla sicurezza delle persone si manifestano con filtri in entrata verso i manifestanti, seminando la sgradevole sensazione di una ulteriore misura di deterrenza verso la partecipazione delle persone in carne ed ossa ad iniziative politiche pubbliche.
Dall’altro una piazza popolata, vivace e “meticcia” come voleva essere ed ha rivendicato di voler essere.
La manifestazione al Campidoglio “Nessuna persona è illegale”, era nata come esplicita replica alle inopportune dichiarazione della sindaca Raggi sullo stop dell’accoglienza di rifugiati e immigrati nella Capitale. Una dichiarazione che si era beccata anche una replica ufficiale della Prefettura che sottolineava come le quote di accoglienza della Capitale siano ancora inferiori al piano di ripartizione deciso a livello nazionale.
Ma soprattutto quelle dichiarazioni della Raggi avevano prodotto un pericoloso e irricevibile effetto collaterale di aver messo vento in poppa e legittimità alle iniziative dei gruppi neofascisti contro gli immigrati. I tentativi di Casa Pound a San Basilio e Tiburtino III e di Forza Nuova a Tor Bella Monaca sono state respinte a viso aperto dagli attivisti sociali presenti nei territori coinvolti. Ma è evidente che se il razzismo viene titillato o istigato a livello nazionale, il lavoro sporco dei fascisti nelle periferie – e non solo – diventa più facile. Se su Roma incombono emergenze sociali sempre più pesanti e incattivite, il problema o la causa non sono certo gli immigrati.
L’assemblea sulla scalinata del Campidoglio si è sviluppata con numerosi interventi rigorosamente brevi di decine di realtà sociali, sindacali, associative e di migranti e/o rifugiati.
In piazza sono arrivati e sono intervenuti anche i 9 operai degli appalti GLS che si sono visti rifiutare gli alloggi prenotati dall’azienda a Riano perché “neri”. La piazza freme per le parole di Aboubakar Soumahoro, sindacalista Usb e infaticabile organizzatore dei lavoratori immigrati dalle campagne del Meridione a quelle piemontesi. Ma c’è anche la serenità e la determinazione di un rifugiato curdo del centro Ararat a ricostruire tutto il marciume esistente nel sistema di accoglienza. Un ragazzo spiega con estrema chiarezza i numeri della realtà del problema, numeri che la “politica” omette sostituendoli con la propaganda. Inclusi quei numeri che ormai dicono che sono più gli italiani che stanno emigrando all’estero (soprattutto giovani e laureati) che gli immigrati che arrivano in Italia.
Gli interventi vengono inframmezzati da Luca degli Assalti Frontali con il significativo “Roma meticcia” e da uno straordinario rapper che improvvisa un brano direttamente sulla piazza.
C’è spazio per la solidarietà condivisa alle lotte in corso contro grandi e piccole ingiustizie sociali. Mentre è in corso l’assemblea al Campidoglio, era in corso un blocco stradale sulla Tuscolana da parte delle famiglie delle case occupate in via Quintavalle alle quali con un blitz di polizia è stata staccata la luce. Una ragazza denuncia la vicenda del giovane avvocato denunciato per vilipendio dopo aver criticato in una manifestazione le leggi Minniti-Orlando. Un altro ragazzo denuncia l’accanimento istituzionale contro il centro sociale Corto Circuito, mentre il Comitato per l’Acqua Pubblica e un lavoratore dell’Atac sottolineano le privatizzazioni – per ora striscianti ma destinate a diventare palesi – dei servizi pubblici. Nunzio D’Erme denuncia l’uso dei fascisti nei quartieri proprio per alimentare una guerra tra poveri funzionale alla guerra contro i poveri.
L’assemblea popolare in Campidoglio (la terza ormai da ottobre) si conclude riaffermando l’unione di fatto tra le rivendicazioni democratiche e sociali di italiani e migranti, contro ogni razzismo e tentativo di strumentalizzazione.
Ma le emergenze sociali a Roma incombono, a cominciare dalla desertificazione dei posti di lavoro e da quella abitativa, dalle privatizzazioni che puntano a smantellare i servizi pubblici ai servizi sociali in via di liquefazione nelle periferie. Si annuncia uno sciopero generale, sociale e metropolitano, per la fine di settembre. Fermare la città per mandare un segnale chiaro e forte al Comune e alla Regione sul fatto che le loro scelte o le loro inerzie stanno diventando il vero problema e non la soluzione ai mali di Roma.
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