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20/06/2014

Telecom Italia: si avvicina la liquidazione di Telco

Sempre più vicino il riassetto dell’azionariato di Telecom Italia. A giugno si apre infatti la possibilità per i soci di Telco di uscire dal patto vincolante all’interno della finanziaria che con il 22,3% del capitale è il primo azionista di Telecom Italia. Se Telco verrà liquidata, Telefonica diventerà il primo azionista con il 14,4%, seguita da Findim (famiglia Fossati) con il 5%. Le quote di Intesa e Mediobanca saranno dell'1,6%.

Come deciso dagli accordi della fine di settembre 2013, oltre la compagnia triestina Generali e Mediobanca, anche gli altri soci italiani hanno espresso l'intenzione di sciogliere i vincoli in Telco, per entrare in possesso dei titoli di cui poter disporre liberamente, esercitando l'opzione per l'uscita, utilizzando la finestra tecnica che si è aperta dal 15 al 30 giugno.

La procedura prevede che venga inoltrata una richiesta scritta di disdetta, ma si calcola che passeranno sei mesi prima che lo smobilizzo diventi effettivo. Oltre che ottenere il diretto possesso dei titoli Telecom, i soci Telco dovranno spartirsi anche il debito, che tocca 2,4 miliardi. In una scissione pro-quota, il gruppo spagnolo sarà tenuto a sborsare 60 milioni agli altri partner.

Con la rottura del patto di Telco, Telefonica, che dovrà accollarsi 1,6 miliardi di euro di debito sarà il primo azionista di Telecom Italia con un pacchetto del 15% ma che non sarà sufficiente ad assicurare un controllo stabile della compagnia.

Proprio per questo ci domandiamo quale sarà il futuro di Telecom Italia dopo l'uscita dalla holding di controllo Telco degli azionisti italiani, visto che secondo indiscrezioni riportate dal Sole 24 Ore, lo scorso 16 giugno, Telefonica avrebbe venduto sul mercato la sua quota di convertendo, pari a 103 milioni di euro. Se sarà confermata questa indiscrezione, in vista della scissione di Telco, bisognerà comprendere meglio la nuova strategia del gruppo spagnolo in Telecom in previsione del consiglio di amministrazione del 26 giugno.

Allo stato attuale, dopo il «liberi-tutti» da parte dei soci italiani, con Telefonica principale azionista oberato di debiti, molto più interessata al mercato sudamericano che è l’unico quadrante internazionale in cui anche Telecom fa utili, quindi più interessata a risolvere i problemi di conflitto d’interessi sul mercato Sud Argentino e Brasiliano scalzando la stessa Telecom Italia a dispetto dei giuramenti del contrario, ipotizziamo che stia per suonare la campanella dell’ultimo giro per quello che resta della vecchia “Sip”.

Ci auguriamo di sbagliarci, ma alla luce dell’incapacità gestionale dimostrata da parte dei soci italiani (Mediobanca, Generali e Intesa - “banche di sistema”!) insediate in Telecom dal 2007 a oggi di risollevare le sorti di Telecom Italia, ci ritroviamo con un’azienda schiacciata da 28 miliardi di debito, che strategicamente non ha le forze per andare da nessuna parte, per questo siamo pessimisti sul suo futuro.

Paradossalmente questa sua debolezza potrebbe salvarla da una possibile scalata “a leva”, perché la cassa che genera non basterebbe più a pagare altri debiti che le dovessero piovere addosso; non ha mercato internazionale, Sudamerica a parte, e la zoppicante Italia non fa gola a nessuno.

Attualmente ancora conserva una posizione di monopolio nel “fisso” talmente antistorica che prima o poi le verrà ridimensionata. In queste condizioni, può solo sopravvivere, aspettando semmai che il ciclo economico “cambi verso” e restituisca appeal all’intero carrozzone, nonostante tutto.

Telecom sarà lasciata in balia dei raiders, nonostante l’ipocrita finzione da parte di chi dichiara di volerla difende, ma precedentemente l’ha privatizzata malamente, ma di fatto la sta semplicemente lasciando affondare.

Relativamente alla famigerata “Golden Power” lo scorso 6 giugno, Palazzo Chigi ha varato un decreto della presidenza che, recita una nota, “è stato predisposto a norma del decreto legge del 2012 i cui contenuti dovrebbero sanare l’anomalia dell’inclusione tra gli asset da tutelare anche delle reti Telecom, scelta non gradita a Bruxelles, peraltro già inserita anche in un altro decreto”. Un secondo vulnus da sanare era la presenza dell’asset in due decreti, quello sicurezza e quello comunicazioni, energia e trasporti.

Purtroppo chi ci rimette saranno come sempre i lavoratori e lavoratrici che l’hanno tenuta in vita e ancora ci riescono, grazie alle loro professionalità.

Telecom Italia deve tornare al più presto senza indugio nella gestione statale, come infrastruttura essenziale e strategica del sistema paese. Le soluzioni? Quelle più logiche: stop alla privatizzazione, ri-nazionalizzazione di Telecom Italia una e pubblica, per la democrazia, lo sviluppo, il lavoro.

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