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20/08/2025

Oasis, impressioni sul tour dell'estate 2025

Il percorso d'avvicinamento all'attesissimo reunion tour degli Oasis parte ad agosto 2024, un anno prima dei concerti previsti, quando arrivano gli annunci che ufficializzano date e luoghi, e vengono messi in vendita i biglietti, oggetto del desiderio di qualsiasi fan. La prima leg si svolge esclusivamente nel Regno Unito e in Irlanda e, dopo una rapida analisi della situazione, risulta lungimirante la nostra scelta di evitare le richiestissime venue di Wembley (il leggendario stadio della capitale, i fan vogliono tutti andare là) e Manchester (città natale dei fratelli Gallagher, i fan vogliono tutti andare là, immaginando che fra le mura di casa possano dare il massimo) per puntare tutto su Edimburgo, data prossima al Ferragosto, l'unica che va a cadere fuori dai weekend, quindi la più scomoda, martedì 12 agosto. Potrebbe essere la più semplice da prendere...

E così è stato: parterre del Murrayfield Stadium conquistato senza troppi patemi, incassando gli insulti degli amici che non son riusciti a entrare in possesso dei tagliandi per Londra e Manchester, causa eccesso di richieste. Per giustificare la trasferta nella costosissima capitale scozzese (dove in agosto la popolazione raddoppia per la presenza del seguitissimo – e consigliatissimo – Fringe Festival, che fa lievitare sino a tre volte e oltre i prezzi degli hotel) gli costruiamo intorno un bel giro della Scozia: partendo dalla vivace Glasgow raggiungeremo Edimburgo attraverso cinque tappe intermedie disposte sulla mappa in senso orario: Oban, Fort William, Inverness, Aberdeen, Dundee. Castelli, laghi, spiagge, montagne, in dieci giorni ci scorrono davanti agli occhi scenari fatati fra i più disparati, con un unico denominatore comune: gli Oasis.

In queste settimane gli Oasis nel Regno Unito sono ovunque, persino nei luoghi più remoti, nei posti più distanti dagli eventi. Entri in un pub di Inverness dove un musicista locale suona traditional scottish music e a fine set non può fare a meno di interpretare una propria versione di "Don't Look Back In Anger", con folla impazzita che balla e canta a squarciagola, incroci un busker lungo una strada del più sperduto dei paeselli, con chitarra e armonica al seguito, ed eccolo intonare "Wonderwall", con tutti i passanti che si fermano a creare un solo grande coro. Il tutto assume un carattere ancor più totalizzante quando giungiamo a Edimburgo, affollata come previsto, un fiume di persone con indosso solo magliette (temperatura diurna 27 gradi, ben oltre le medie del periodo) o cappellini da pescatore, rigorosamente con la scritta “Oasis”.

Alle fermate dei bus e dentro qualsiasi locale persone che mai si sono incontrate prima iniziano a cantare tutte insieme "Supersonic", "Roll With It" o "Some Might Say", così, all'improvviso. Quasi tutti i negozi hanno in vetrina oggetti che riguardano gli Oasis, a iniziare da Adidas, che ha stretto uno dei principali accordi commerciali con il management della band, ma anche Levi’s e tanti altri, pronti a monetizzare la presenza in città dei fratelli Gallagher, senza tralasciare i rivenditori di souvenir, che propongono qualsiasi tipo di accessorio o t-shirt con la scritta "Oasis" seguita da eventuali slogan. In un frequentatissimo store posto lungo la centralissima Princes Street, viene persino organizzata una gara per eleggere il miglior sosia di Liam e Noel, e a presentarsi sono in molti, puntualmente vestiti come i due fratelloni di Manchester.

Su questo e altri concerti del reunion tour nelle ultime settimane avrete letto e visto di tutto: quello che mi sento di poter aggiungere è che anche la descrizione più roboante risulta assolutamente realistica e non frutto dell'abbaglio o dell'esagerazione (anche io avevo questo timore) di qualche fan oltranzista. Ma di là dello stadio molto bello, il Murrayfield, tempio del rugby scozzese da quasi settantamila posti, facilmente raggiungibile dal centro, della scaletta perfetta che include tante hit ma anche qualche pezzo meno scontato, dello spettacolo di altissimo livello, dominato da tre maxi maxischermi che avvolgono il palco ed efficaci visual di grande effetto, dell'organizzazione impeccabile (parleremo più avanti dell’illuminata gestione del parterre), dei Gallagher super-consapevoli del proprio mito e – secondo me – determinati a non fermarsi qui, quello che mi ha colpito di più è stato constatare quanto questa band sia ancora così importante per tutti i britannici e quanto sia, ancora oggi, radicata e centralissima nel complesso tessuto sociale e culturale del paese.

Si capisce che il pubblico locale deve molto a queste canzoni, come se si trattasse di una lunga serie di inni nazionali: ovunque si percepisce, netto, un amore incondizionato nei confronti degli Oasis, anche da parte di chi non sarà allo stadio per il concerto. Non che non fossimo consapevoli di tutta la situazione, ma quando ti ritrovi a viverla, a respirarla, con tutta questa forza, con tutta questa intensità, è davvero pazzesco. Eventi che come partecipazione popolare sono paragonabili a un campionato del mondo di calcio, non trovo altri paragoni per tentare di spiegarli, ma in strada non ci sono bandiere della nazionale, bensì decine e decine di migliaia di magliette e cappellini con su scritto “Oasis”.

Gli scozzesi odiano gli inglesi, ma non odiano gli Oasis, e i fan sono arrivati da tutto il mondo per mettere in scena una festa eccitante, emozionante, alla quale sono stati chiamati a partecipare sul palco anche Richard Ashcroft (sempre in grandissima forma, mette in fila soprattutto le hit dei Verve, e "The Drugs Don't Work" eseguita quasi tutta da solo, voce e chitarra, non sfigura accanto agli evergreen di casa Gallagher) e i Cast (fanno il loro, ma risultano ancor più trascurabili oggi di quanto tutto sommato non fossero all'epoca), scelti come opening act per tutta la leg europea del reunion tour.

Dicevamo della gestione del parterre: ebbene, noi non sapevamo che non fosse previsto un pit, o comunque non lo ricordavamo, avendo acquistato i biglietti da svariato tempo. Il giorno del concerto siamo quindi andati verso lo stadio con relativa calma, convinti che saremmo stati a non meno di 50 metri dal palco. Eravamo in coda per entrare intorno alle 16:30, considerato che le porte aprivano alle 17 e gli Oasis erano previsti per le 20:15, dopo i Cast (alle 18) e Richard Ashcroft (alle 19). Ma l'organizzazione dell'evento di Edimburgo è stata a noi favorevole, e auspico che anche in Italia si possa adottare un sistema simile per la gestione degli ingressi nei grandi eventi. Niente pit: i primi che arrivano fuori lo stadio formano il serpentone per entrare nel "Front Standing", la parte del prato più vicina al palco. Quando il serpentone raggiunge una capacità pari a circa mezzo parterre, tutti quelli che arrivano dopo devono mettersi in fila per entrare nel "Rear Standing", l'area che occupa la metà del parterre più distante dal palco, fisicamente separata dal "Front Standing" per mezzo di una transenna.

Questa strategia consente a chi arriva prima di mantenere le posizioni, senza essere troppo pressati, ed evitando che i furbetti dell'ultimo minuto si possano insinuare avanti. Davanti niente hooligan ubriachi a rompere le scatole, soltanto i fan più fan che si son piazzati presto per entrare. Quindi ci siamo inconsapevolmente ritrovati in quinta-sesta fila, vivendo lo show da vicinissimo (vedi foto), situazione davvero piacevole oltre che, ovviamente, indimenticabile. Alle 20:15, minuto più minuto meno, il sole è ancora ben lontano dal tramontare quando dalle casse parte un classicone degli anni Novanta, "Born Slippy" degli Underworld, a volume così sostenuto da far comprendere che qualcosa stia per accadere. Ed in effetti è il momento dell’ingresso on stage della band, e subito si viene letteralmente schiaffeggiati dalla furia sonora di "Hello" e sorpresi dalle impressionanti immagini proiettate dagli schermi, dove compaiono le gigantografie di Liam e Noel.

La prima parte del set è subito una parata di hit, e prevede chitarre elettriche in primissimo piano, con un taglio quasi shoegaze in corrispondenza di "Morning Glory". Prima di “Bring It On Down” Liam attacca il consiglio comunale di Edimburgo, che nei giorni precedenti aveva espresso preoccupazione per i 210.000 fan degli Oasis attesi nella capitale scozzese, considerati (da parte dei membri del principale organo collegiale locale) prevalentemente uomini di mezza età, grassi e ubriaconi a livelli da alta intossicazione, di conseguenza potenzialmente molesti per la cittadinanza e pericolosi per la quiete pubblica.

Liam ha risposto con foga, difendendo il proprio pubblico e ricordando ai consiglieri comunali che i tre concerti degli Oasis organizzati in città hanno procurato un indotto stimato in circa tre miliardi di “fottute” sterline, recriminando con rabbia il rispetto nei confronti dei fan. Dopo una decina di canzoni Liam si prende una pausa per lasciare l'intera scena a Noel, che canta tre pezzi, “Talk Tonight”, “Half The World Away” e “Little By Little”, poi è di nuovo Liam a condurre lo show con un’altra sfilza di evergreen (in “Whatever” c’è un piccolo inserto di “Octopus’s Garden” dei Beatles, omaggio doveroso nei confronti del quartetto al quale gli Oasis sono sempre stati accostati) fino a una tiratissima versione di “Rock’n’Roll Star”.

I bis si aprono di nuovo con Noel sugli scudi per “The Masterplan” e una “Don’t Look Back In Anger” da brividi, coi quasi settantamila del Murrayfield a sorreggere un coro che (non so se avete visto il reel postato da Radio Deejay) risulterà percepibile a chilometri di distanza dallo stadio. La voce di Liam torna protagonista su “Wonderwall” e “Champagne Supernova”.

Sulla parte finale partono i fuochi d’artificio a rendere ancor più magica la conclusione dello spettacolo, quasi un incantesimo, proprio nella patria di Harry Potter. Quasi tutto il pubblico decide di ritornare a piedi verso il centro della città (le fermate del tram Murrayfield e Haymarket, le più vicine allo stadio, sono impraticabili), coprendo i circa 4 km di strada cantando di nuovo in coro alcuni degli inni nazionali incisi dai Gallagher.

Tutto bellissimo, e tanto di cappello alla città di Edimburgo che per la seconda volta consecutiva ospita il tour più importante dell'anno: nel 2024 fu lo scintillante Eras Tour di Taylor Swift, nel 2025 il reunion tour degli Oasis, che prosegue con Dublino, nove serate in Nord America fra agosto e settembre, un nuovo passaggio per Wembley, poi le date già programmate in Asia, Australia e Sud America, l’ultima – per ora – a San Paolo, Brasile, il 23 novembre. Poi tutti in attesa dei prossimi annunci: sembra ormai quasi certo un tour europeo nell'estate del 2026, con almeno una tappa che dovrebbe toccare l’Italia, si parla con insistenza di Roma (Circo Massimo o Stadio Olimpico) o Milano (San Siro). Molto presto potremo sapere qualcosina di più...

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