Il presumibile inizio dei lavori di scavo della galleria geognostica della Maddalena di Chiomonte con la “talpa” TBM (tunnel boring machine) fornisce l’occasione per ricordare le gravissime incognite tecniche ammesse e documentate da LTF (Lyon Turin Ferroviaire) stessa.
La Valutazione di Impatto Ambientale, effettuata nel gennaio 2007, della galleria geognostica di Venaus, che ora è sostituita da quella della Maddalena di Chiomonte, venne sintetizzata da LTF in una Sintesi non tecnica dello studio compiuto inviata alle Amministrazioni locali.
Nella pagina dedicata alle alternative si può leggere che l’ipotesi dello scavo dalla Val Clarea (e quindi dalla Maddalena di Chiomonte al quale ora si sta lavorando) «risulta molto negativa per la necessità di scavare in discesa» e che «…quel che penalizza (le due ipotesi di scavo in questione) è lo scavo in discesa con rischi tecnici e costi maggiori, compresi quelli della sicurezza (del lavoro)».
E’ noto come lo scavo con “talpe” TBM (nella foto, ndr) sia vantaggioso in condizioni di stabilità geologica, ma fortemente penalizzato in caso di rocce soggette a deformazioni e venute d’acqua. Queste condizioni furono riscontrate nello scavo della galleria per l’impianto idroelettrico di Pont Ventoux, che interessa le stesse zone; in quel caso, nonostante l’esperienza della ditta norvegese allora propagandata come una delle migliori d’Europa in questo tipo di lavori, si ebbe un raddoppio di tempi e di costi, con le due “talpe” TBM rimaste incastrate nella roccia.
Una venne poi smontata e portata via a pezzi con un lavoro durato sei mesi; l’altra è abbandonata con la sua testa nelle rocce del massiccio d’Ambin.
Nel caso del cunicolo geognostico della Maddalena di Chiomonte le condizioni sono decisamente peggiori: non si tratta solo di sacche di acqua fossile, come quella di 16 milioni di metri cubi incontrata nei lavori a Pont Ventoux, ma, essendo il tunnel in discesa, queste venute d’acqua (ad una pressione stimata di 150 atmosfere, corrispondenti alla massa di 2000 metri di rocce sovrastanti) vanno a interessare immediatamente la testa della “talpa” TBM, anziché defluire all’esterno.
A parte questi rischi, lo svuotamento di grandi sacche d’acqua contenute fra le rocce può produrre prosciugamento di sorgenti e situazioni di diversa stabilità nell’ammasso roccioso in cui viene effettuato lo scavo.
Per questi motivi riteniamo doveroso evidenziare le su citate condizioni, criticando la scelta per rammentare a chi ha preso le decisioni le responsabilità sulle possibili conseguenze.
Contestiamo infine al Commissario Virano il mancato rispetto dei tempi programmati: il contratto di finanziamento sottoscritto tra l’Unione Europea e i Governi francese e italiano il 15 dicembre 2008, pagina 18, stabilisce nel 31 gennaio 2010 l’inizio dei lavori di scavo alla Maddalena. Il ritardo era quindi di tre anni e ad esso si sono aggiunti i quattro mesi accumulati per i ritardi dello scavo del tratto di preparazione.
di Mario Cavargna, presidente Pro Natura Piemonte
Fonte
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