L'accusa delle opposizioni al regime di Bashar al-Assad è durissima: le
forze di Damasco avrebbero ucciso 213 persone, tra cui donne e bambini,
durante un attacco alle porte della capitale con missili contenenti
agenti tossici. Ovvero, armi chimiche, nel giorno in cui un team di
venti ispettori delle Nazioni Unite arriva in Siria per indagarne l'utilizzo in tre diverse aree del Paese.
Secondo l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, l'attacco è stato
sferrato all'alba di questa mattina nella regione di Ghouta, roccaforte
dei ribelli, in particolare le cittadine di Zamalka, Arbeen e Ein Tarma.
"Molti dei morti sono donne e bambini - ha raccontato Bayan Baker,
infermiera all'ospedale di Douma - Sono arrivati con le pupille
dilatate, arti freddi e schiuma in bocca, i sintomi tipici di chi ha
ispirato gas nervino".
Immediata la reazione governativa: il regime nega di aver utilizzato
armi chimiche, scaricandone la responsabilità sui gruppi armati di
opposizione. Una fonte intervistata dalla tv di Stato ha definito
l'accusa "assolutamente falsa" e volta a distrarre l'attenzione
dall'indagine delle Nazioni Unite. Dopo svariati tentativi, il regime
di Damasco ha permesso l'ingresso del team di esperti dell'Onu, che
indagheranno su quella che gli Stati Uniti hanno definito la "linea
rossa": se Assad usa armi chimiche, ha più volte ripetuto il presidente Obama, ci sentiremo autorizzati ad intervenire.
In realtà, sono stati diversi i casi in cui sembrava chiaro l'utilizzo
di armi simili, sia da parte del governo che delle opposizioni, ma
Washington ha preferito usare la strategia dell'attesa, puntando il dito
ma ritraendo subito la mano. A dimostrazione che gli Usa non
intendono aprire, almeno per il momento, un nuovo fronte mediorientale.
Almeno non direttamente: da tempo ormai giungono in Siria e nei Paesi
vicini armi, equipaggiamenti militari, addestratori, denaro, tutto
materiale destinato ai ribelli, che nonostante ciò, tuttavia, non sono ancora riusciti a far cadere la famiglia Assad.
AGGIORNAMENTO ore 15.30
OPPOSIZIONI: SONO 1.300 I MORTI DELL'ATTACCO DEL GOVERNO
Secondo il leader del Consiglio Nazionale Siriano, Geroge Sabra, le
vittime dell'attacco di oggi vicino Damasco sarebbero ben 1.300. La
Coalizione Nazionale, federazione dei gruppi di opposizione, parla
invece di circa 650 vittime.
La comunità internazionale ha chiesto un'indagine immediata da parte del
team di esperti delle Nazioni Unite, giunto oggi in Siria, mentre
Damasco continua a negare la responsabilità del massacro.
Fonte
Si ripete allo sfinimento i copioni propinatici nell'ultimo decennio in ogni angolo del Medio Oriente.
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