Si dà la colpa alla crisi e alla necessità di tagliare i costi. Da Nord e Sud, le tante zone d'ombra per chi opera nel settore, sempre più sottoposto a ricatti.
Qualità, dignità e professionalità dovrebbero andare a braccetto con il lavoro. Ancora di più in un settore come il turismo, dove il rapporto con il cliente e la sua soddisfazione sono determinanti. Ma in Italia ormai non è più così. Si dà la colpa alla crisi e alla necessità di tagliare i costi. La realtà, invece, è che la crisi economica che ha investito anche il nostro paese ha portato a galla tante brutte abitudini, tanti risvolti negativi di un settore che, visto il suo patrimonio naturale, artistico e culturale, potrebbe fare da traino per tutta l’economia. In una fase di benessere, episodi di malagestione o furbeschi escamotage retributivi, riescono a confondersi in un ampio calderone, ma in un periodo difficile come l’attuale, durante il quale diminuiscono viaggi e turisti, e quindi introiti, non ci si può più nascondere.
Ai mali endemici della nostra industria turistica – stagionalità, precarietà, microaziendalismo – si aggiungono le difficoltà economiche, la diminuzione sensibile della domanda, l’allungamento del periodo lavorativo per l’ottenimento degli ammortizzatori sociali (Mini Aspi) e quest’anno anche il cattivo tempo, che ha posticipato l’avvio della stagione estiva di quasi un mese. E in questo contesto incerto e preoccupante un po’ per tutti, stanno aumentando quelle zone d’ombra che nascondono lavoro grigio e irregolare, con modalità ogni volta diverse, con l’aumento della pressione anche psicologica per tanti lavoratori del settore, che nella disperazione economica, si vedono costretti ad accettare condizioni sempre peggiori.
Succede in Calabria, dove nel turismo si stanno riversando i tanti lavoratori messi alle porte dal settore terziario. Non c’è altro, non si intravede futuro e si accetta qualsiasi cosa: “I lavoratori diventano più accondiscendenti e accettano le situazioni di sfruttamento se alternative non ce ne sono”, racconta Luigi Scarnati, segretario regionale della Filcams. Anche la diminuzione dei flussi turistici pesa sull’economia del territorio. “La Calabria è ampia, e arrivarci non è agevole, con nessun mezzo pubblico, e ultimamente ancor meno con la propria automobile, visti i rincari del carburante. Per la prima volta è stata aperta una cassa integrazione per i lavoratori delle stazioni autostradali”. Intanto, continua a essere assente una politica strategica di rilancio. “La regione non si renderà mai appetibile – afferma ancora il segretario –, i servizi e alcuni villaggi iniziano a chiudere: i turisti potrebbero preferire altro”. E in questo clima è quasi impossibile che i lavoratori denuncino situazioni di irregolarità: “Tra l’altro – specifica Scarnati –, non ci sono ispettori sufficienti per fare gli adeguati controlli in una regione così ampia, mentre il ministero ha nuovamente tagliato i fondi”.
Assai simile la situazione a Lecce, dove non si riesce a comprendere realmente le condizioni di lavoro e tutto rimane fortemente nascosto: “I lavoratori stagionali si rivolgono al sindacato solo a fine lavoro, quando non hanno più possibilità, neanche con le buone, di ottenere i soldi dovuti o hanno necessità di fare domanda per gli ammortizzatori sociali”, racconta Valentina Fragassi segretaria generale della Filcams provinciale. Molti gli stranieri provenienti dal Nord Africa o dall’Asia, utilizzati soprattutto all’interno delle cucine e sempre con poca visibilità; inquadrati per un mese, e il resto a nero. Finita la stagione estiva, la maggior parte dei lavoratori rimane senza occupazione, solo chi è nella ristorazione riesce a reinventarsi durante l’inverno. “Soltanto nei grandi alberghi e nelle strutture permanenti si riesce a far rispettare le condizioni contrattuali – continua Fragassi –, anche se non senza difficoltà, viste le continue esternalizzazioni e la diminuzione dei periodi di apertura, con le ovvie conseguenze per i lavoratori”.
Dal Sud alla riviera romagnola, a Rimini, dove negli ultimi mesi diverse lavoratrici si sono presentate al sindacato lamentando la proposta da parte di alcune aziende di essere pagate a cottimo. Un fenomeno in espansione, soprattutto in quelle strutture dove i servizi di pulizia sono stati appaltati a ditte esterne. Una modalità che lede la dignità delle lavoratrici e mette a rischio la qualità del servizio ai clienti. “Ci sono alberghi che stanno speculando e si stanno arricchendo in un momento di crisi – afferma Mirco Botteghi, della Filcams territoriale –, ci sono sacche di illegalità nella nostra provincia che vanno combattute, anche per tutelare e non svantaggiare chi vuole stare nella regolarità”. Altra costa, quella della Versilia, ma la musica non cambia.
A Viareggio si lavora solo d’estate, ma d’inverno non c’è altro che disoccupazione, fatto salvo un mese di attività durante il carnevale. Baristi, camerieri, portieri d’albergo o bagnini, in molti si lamentano del poco lavoro, della mancanza di investimenti. Stagione ridotta, servizi esternalizzati, meno assunzioni e anche qui, vista la tanta precarietà, “pur di lavorare si accettano condizioni assurde, non rendendosi conto che poi è un cane che si morde la coda, perché si ripercuote tutto contro”. È la voce di una lavoratrice del settore, cameriera ai piani di un grande albergo, che al momento della cessione del servizio a una società esterna, non ha voluto accettare il cambiamento delle condizioni di lavoro, ma è stata una delle poche.
Il sindacato ci sta provando, al tavolo per il rinnovo del contratto nazionale di settore, a non cedere alle richieste eccessive delle parti datoriali, che pur di contenere i costi cercano di limitare tutele e diritti dei dipendenti. “Ci rendiamo conto delle difficoltà del momento e abbiamo da subito affrontato con responsabilità questa trattativa – osserva Cristian Sesena, della segreteria nazionale Filcams e responsabile del turismo –, ma le esigenze dei lavoratori debbono avere pari dignità rispetto a quelle delle parti datoriali, le quali appaiono litigiose e divise: un fatto che complica non poco un negoziato non esente anche da fibrillazioni sul piano unitario. Il fatto che in giugno si sia scioperato contro Angem, che ha disdettato il contratto, e ora a distanza di due mesi si scioperi contro Fipe, che il contratto lo vorrebbe rinnovare a condizioni inaccettabili, testimonia in quale profondo marasma siano le nostre controparti”.
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Siamo senza futuro anche nell'unico settore, quello turistico, in cui potremmo vincere facile su tutto il mondo.
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