Resteremo presto senza il quotidiano più forcaiolo d'Italia? O meglio, garantista solo pro-Silvio? Pare proprio che ci sia questa disperante possibilità.
Il quotidiano Libero rischia grosso. I conti 2012 del giornale diretto da Maurizio Belpietro parlano di una situazione molto grave: il giornale nell'ultimo anno ha perso 5 milioni di copie e quel che più conta, ha perso 1,5 milioni di euro di pubblicità pagante.
Lo ha riportato Il Fatto Quotidiano, che ha aggiunto un altro particolare importante: il dipartimento Editoria della presidenza del Consiglio ha tagliato 34 milioni di euro di contributi.
Si va verso la chiusura? Per ora non se parla, ma gli amministratori hanno chiesto ai soci di fare uno sforzo e mettere mano al portafoglio per un aumento di capitale. Le perdite nel 2012 sono state di 1 milione e 871 mila euro e i ricavi sono scesi del 23%.
La responsabilità, secondo quanto ricostruito dal presidente della società Editore Libero srl, Arnaldo Rossi sarebbe dell'Agcom che per anni ha "ignorato" il fatto che dietro alla testata e al Riformista c'era lo stesso editore: la famiglia Angelucci. Dopo una multa, lo Stato ha così chiesto indietro i finanziamenti e congelato l'erogazione futura. Del resto, non si poteva capire perché un giornale con un proprietario privato potesse accedere a lauti finanziamenti pubblici attinti dal fondo per l'editoria destinato ai giornali prodotti da cooperative editoriali o di partito.
Così dopo due sentenze del Consiglio di Stato, il dipartimento non verserà i 18,3 milioni del triennio 2008-2010. Anzi, ha chiesto la restituzione di 15,7 milioni incassati «indebitamente» da Libero tra il 2006 e il 2007. Fermi anche i 4,8 milioni chiesti per il 2011 e non si sa ancora nulla dei 4 milioni relativi al 2012.
Il conto finale? Tra denari non ricevuti, bloccati e da restituire si arriva a 42 milioni di euro.
Tra le cause, certamente, la crisi verticale del berlusconismo, che sembra aver nauseato quel "pubblico moderato" per qualche tempo attirato con il terrore per "i comunisti" al governo. Due anni di governo insieme a dei mangiabambini come Monti e Letta devono aver convinto molti che era inutile continuare a comprare un giornale che divulgava proclami di guerra contro gli stessi con cui votava congiuntamente in Parlamento.
I maligni del settore, però, aggiungono un'altra chiave di lettura per la crisi di Libero. Che chiama in causa il direttore dal sorrisetto sprezzante, Belpietro appunto: "ma se sta sempre in televisione, dove lo trova mai il tempo di fare davvero il direttore?".
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