Per diverse ore, dopo l'attentato che giovedì ha massacrato 24 civili
nei quartieri meridionali di Beirut che rappresentano la sua roccaforte,
Hezbollah ha puntato l'indice contro Israele nel tentativo, forse, di
non alimentare le già gravi tensioni tra sunniti e sciiti in Libano.
Ieri però Hassan Nasrallah, segretario generale del movimento sciita, è
stato fin troppo chiaro quando ha affermato che si è trattato di un
attentato (anti-sciita) compiuto da formazioni jihadiste sunnite.
Nasrallah ha fatto riferimento a gruppi takfir, ossia a cellule armate
di orientamento qaedista-salafita che usano la violenza contro gli
stessi sunniti non osservanti (che provvedono a "scomunicare") e che non
riconoscono gli sciiti come parte dell'Islam. Miliziani fanatici che
abbondano nei ranghi della galassia ribelle che da due anni combatte
contro il regime di Damasco, non per portare la democrazia e la libertà
ai siriani ma solo per abbattere con la «guerra santa» il potere
dell'alawita (sciita) Bashar Assad.
Loay al Mikdad, un portavoce
dell'Esercito libero siriano (Els), una delle milizie che combattono
contro le truppe governative siriane, in un'intervista al quotidiano
an-Nahar, ha definito assurde le accuse rivolte all'Els. Ha quindi
descritto l'attentato a sud di Beirut come «un atto codardo che ha
l'obiettivo di distruggere la sicurezza e la stabilità del popolo
libanese». La realtà è ben diversa dalle parole perché se da un lato
l'Els condanna l'autobomba che ha ucciso 24 civili, dall'altro sul
terreno in Siria continua a combattere a fianco delle formazioni
jihadiste di al Nusra e qaediste dello Stato islamico dell'Iraq e del
Levante.
E' presto per dare giudizi precisi sui mandanti di questo attentato
a Beirut. Tuttavia chi ha colpito non lo ha fatto solo per dare una
dura lezione a Hezbollah che, con migliaia di guerriglieri, combatte in
Siria accanto alle truppe governative - così come migliaia di islamisti
armati giunti dall'estero sono schierati contro Bashar Assad - ma ha
agito anche per colpire gli sciiti, come comunità. Da questo punto di
vista non lascia dubbi il gruppo sunnita che ha rivendicato la strage:
"Brigate di Aisha". La cellula porta il nome della giovanissima moglie
del profeta Maometto, famosa tra le altre cose per essersi battuta con
forza contro le rivendicazioni del califfo Ali e dei suoi successori,
divenuti poi noti come sciiti.
E' come se il gruppo volesse
ribadire l'intenzione di allargare ulteriormente la frattura che dalla
morte di Maometto spacca in due l'Islam, con l'aggravante che le forze
sunnite più radicali continuano a considerare gli sciiti «pagani» e tra i
peggiori nemici della fede islamica. Tutto ciò pesa nelle relazioni tra
le due comunità, ovunque siano a contatto, e giocano un ruolo molto
negativo nella crisi in atto nella regione mediorientale, aggravata
dalla guerra civile siriana e dal confronto tra le petromonarchie
sunnite del Golfo e l'Iran sciita.
«Mandiamo un messaggio ai nostri fratelli (sunniti) in Libano, vi
chiediamo di stare lontani da tutte le colonie iraniane in Libano perché
il vostro sangue è prezioso per noi», ha avvertito un portavoce
mascherato delle "Brigate di Aisha" arrivando a descrivere Nasrallah
come un «maiale» agente di Israele. E' la promessa di nuovi attentati ma
Hezbollah non ha intenzione di rimanere a guardare, almeno a giudicare
dalle frasi pronunciate ieri dal suo segretario generale. «Mi recherò
anche io a combattere in Siria se la battaglia contro i takfir lo
richiederà... Risponderemo a ogni bomba raddoppiando il numero dei nostri
combattenti contro i takfir in Siria", ha avvertito Nasrallah.
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