di Carlo Musilli
"Perché io so'
io, e voi non siete un Bund". Il compianto Mario Monicelli ci scuserà,
ma storpiando la famosa battuta di Alberto Sordi nei panni del "Marchese
del Grillo" si ottiene una sintesi efficace dell'ultimo intervento
firmato Wolfgang Schaeuble. In un'intervista pubblicata ieri dal
giornale finanziario Handelsblatt, il potentissimo ministro
dell'Economia tedesco si è detto favorevole a un prossimo rialzo dei
tassi nell'Eurozona. Lo ha fatto in modo astuto, camuffando i reali
interessi che si celano dietro a una posizione del genere, tutti
germanocentrici e nient'affatto europei.
"La Bce ha annunciato
che alzerà di nuovo i tassi quando l'economia migliorerà e questo è
positivo - ha sentenziato Schaeuble -. I tassi bassi sono soprattutto
un'espressione d'insicurezza sui mercati del debito: questo non può
durare all'infinito, anche se rappresenta un beneficio per il bilancio
federale tedesco".
A leggerla così sembrerebbe quasi che il
superministro auspichi un intervento dell'Eurotower sfavorevole alla
Germania in nome del bene finanziario collettivo. Naturalmente non è
così. Anzi, è esattamente il contrario.
In scia alle ultime
manovre avviate dalla Bundesbank, Schaeuble cerca di fare pressing sulla
Bce riportando con gravi omissioni le parole pronunciate e ribadite più
volte dal presidente Mario Draghi. Ad oggi nell'Eurozona il tasso di
riferimento è al minimo storico dello 0,5% (dopo il taglio di un quarto
di punto arrivato lo scorso maggio) ed è assolutamente evidente che
prima o poi andrà modificato. Peccato che la congiuntura economica e le
ultime indicazioni in arrivo da Francoforte vadano nella direzione
opposta rispetto a quella indicata da Schaeuble, almeno per quanto
riguarda il prossimo futuro.
A inizio mese, dopo l'ultima
riunione del board Bce, Draghi ha confermato che la politica monetaria
accomodante "non ha alcuna scadenza precisa" e i rendimenti sono
destinati a rimanere bassi ancora "a lungo". A luglio il banchiere
centrale aveva perfino annunciato che "i tassi d'interesse chiave e il
tasso sui depositi potranno scendere ulteriormente". In estrema sintesi,
le ragioni principali sono quattro: l'inflazione nell'area valutaria è
sotto controllo, mentre la ripresa è una prospettiva incerta, il credito
è ancora asfittico e le condizioni del mercato del lavoro rimangono
drammatiche.
Come mai allora il buon Schaeuble ha capito
tutt'altro? Semplicemente perché dal suo punto di vista le cose non
stanno così. Si è soliti parlare dell'Eurozona come di un insieme
compatto, ma le economie dei Paesi che compongono l'area valutaria non
sono affatto omogenee. E le differenze più macroscopiche sono proprio
quelle che separano la Germania dagli altri membri.
Contrariamente
a quanto accade nella maggior parte di Eurolandia, in terra teutonica
la ripresa è già realtà. Ieri l'ufficio federale di statistica ha
confermato che nel secondo trimestre il Pil tedesco è cresciuto dello
0,7% rispetto ai primi tre mesi, mettendo a segno il balzo in avanti più
consistente da un anno a questa parte. Su base annua, invece,
l'incremento è stato dello 0,9%. Sono saliti gli investimenti (+1,9% su
trimestre), i consumi privati (+0,5%), la spesa per le costruzioni
(+0,3%) e il commercio estero (+0,2%).
A preoccupare Berlino è
invece l'inflazione, e anche in questo caso si tratta di una differenza
fondamentale con i cugini dell'Eurozona. A luglio la corsa dei prezzi è
arrivata all'1,9% su anno, il livello più alto registrato nel 2013,
contro l'1,8% di giugno e l'1,7% previsto dagli analisti. Su base
mensile il dato è salito dello 0,5%.
Non è un caso che nel suo
ultimo bollettino mensile la Banca centrale tedesca abbia anticipato
Schaeuble, avvertendo che un rialzo dei tassi sarebbe possibile se la
pressione dell'inflazione dovesse continuare a crescere (alzando i
tassi, infatti, cala l'inflazione, e viceversa). In questa rivelazione
si nascondono una banalità e un'ipocrisia.
Primo: è ovvio che la Bce tenga conto dell'andamento dei prezzi nel
valutare le mosse di politica monetaria, lo deve fare per statuto.
Secondo: l'Eurozona nel complesso non corre affatto il pericolo che
l'inflazione salga troppo. Al contrario: la depressione economica lascia
prevedere che l'andamento dei prezzi sia orientato al ribasso piuttosto
che al rialzo.
Quello dell'inflazione, perciò, è un problema
che riguarda solo la Germania, interessata a fare pressioni sulla Bce
per distorcere la politica monetaria a proprio favore. Per gli altri
Paesi sarebbe una sventura, ma poco importa. Berlino è Berlino.
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