di Glória Paiva
Jair Bolsonaro è tornato in Brasile ieri (30/03) dopo aver trascorso tre mesi negli Stati Uniti. L’ex presidente ha lasciato il suo paese d’origine il 30 dicembre, due giorni prima della fine del suo mandato, rifiutandosi di seguire la tradizione di consegnare la fascia presidenziale al suo successore, Luis Inácio Lula da Silva, la cui vittoria Bolsonaro non ha mai riconosciuto pubblicamente. Ora dovrà affrontare almeno 20 indagini in corso contro di lui ed è già stato citato a testimoniare in uno dei casi. Allo stesso tempo, viene accolto nel suo partito come il principale nome dell’opposizione al governo attuale e un importante sostegno per la destra e l’estrema destra nelle elezioni comunali del 2024.
Bolsonaro ha più volte rimandato il suo ritorno in Brasile, in un soggiorno prolungato che alcuni esponenti dell’opposizione, internauti e giornalisti hanno considerato una sorta di fuga. Come riportato da CNN Brasil, i piani dell’ex presidente, al suo arrivo, prevedevano un corteo per le strade di Brasília e un discorso ai suoi sostenitori già in aeroporto, ma il forte schema di sicurezza messo in atto dalla Polizia Federale non lo hanno permesso. Né sono stati consentiti manifestazioni e accampamenti come quelli visti tra dicembre e gennaio di quest’anno. La piazza Três Poderes – scenario di violente manifestazioni golpiste l’8 gennaio – ha avuto la sicurezza rafforzata.
L’accoglienza dell’esponente dell’estrema destra è stata tutt’altro rispetto a quanto i gruppi bolsonaristi su Telegram e Whatsapp avevano promesso: “la terra avrebbe tremato” al suo ritorno, dicevano. Al contrario, poco più di 100 persone lo stavano aspettando nell’area arrivi dell’aeroporto di Brasilia, dove il suo volo commerciale è arrivato prima delle 7 del mattino. Tuttavia, l’ex presidente ha utilizzato un’altra uscita e si è recato nella sede del Partito Liberale (PL), dove ha incontrato l’ex first lady, Michelle Bolsonaro, il presidente del PL, Valdemar Costa Neto, diversi membri del suo passato governo e sostenitori.
Ora, Costa Neto intenderebbe utilizzare l’immagine dell’ex presidente e di sua moglie Michelle durante le elezioni comunali del 2024, in particolare per aprire spazio nelle grandi città come Rio de Janeiro e São Paulo e nella regione nord-est, dove il forte elettorato di Lula tende ad essere decisivo nelle elezioni presidenziali. Alcuni esperti sottolineano inoltre che la coppia potrebbe sostenere il PL nel diffondere ulteriormente il bolsonarismo tra il pubblico evangelico e le donne. Durante il ricevimento presso la sede del partito, Bolsonaro ha affermato il suo obiettivo di fare sì che il PL e i suoi alleati conquistino, insieme, il 60% delle amministrazioni comunali in tutto il paese nel 2024.
In un video ottenuto dalla CNN Brasil, Costa Neto definisce Bolsonaro il “leader di un movimento che è qui per restare” – non a caso Bolsonaro ha affittato una casa a Brasilia e ha già una squadra di guardie di sicurezza, autisti e auto ufficiali, normalmente destinate per gli ex presidenti. Tra pochi giorni Bolsonaro assumerà anche la carica di presidente onorario del partito, con uno stipendio di 40mila reais (circa 7mila euro).
Nonostante lo abbia negato negli ultimi giorni, il ritorno di Bolsonaro in Brasile rappresenta, per la destra e l’estrema destra, la più grande opera di opposizione nel cammino del governo Lula, che deve affrontare sfide importanti in ambito sociale ed economico. L’attuale presidente, per mettere in opera le sue promesse elettorali, ha bisogno del sostegno di un parlamento che finora si è dimostrato ostile e turbolento, con tendenze conservatrici e sedute segnate da offese, dissapori e fake news. Attualmente, il presidente della Camera dei Deputati Arthur Lira è in contenzioso con il Senato e il governo per approvare misure economiche, fiscali e sociali che interessano il Planalto. Un altro scontro politico difficile per Lula in questo momento è con la Banca Centrale, che il presidente critica costantemente a causa degli alti tassi di interesse, fattore che incide direttamente sulla crescita del paese.
Resa dei conti con la Giustizia
Mentre si trovava a Orlando, Bolsonaro passava il tempo a criticare il governo Lula e a difendersi dalle accuse a lui rivolte, in particolare il suo ruolo nella crisi umanitaria che ha decimato parte della popolazione indigena Yanomami e la crisi dei gioielli ricevuti da Bolsonaro – e non dichiarati – durante la sua visita in Arabia Saudita mentre era il capo dello Stato.
Il 5 aprile Bolsonaro dovrà testimoniare sul caso e spiegare alla polizia federale perché ha cercato di tenere per se armi, collane, orologi e altri oggetti ricoperti di diamanti, per un valore di 17 milioni di reais (3 milioni di euro), ricevuti in dono dal regno dell’Arabia Saudita nel 2021. Secondo una determinazione del 2016, i regali ricevuti dai capi dello Stato brasiliano in viaggio devono essere incorporati nel patrimonio pubblico, a meno che non si tratti di oggetti di carattere personale.
Gli articoli di lusso sono stati sequestrati dal Fisco dopo che un consigliere di Bolsonaro, il colonnello Mauro Cid, ha tentato di entrare in Brasile senza dichiararne l’ingresso. Per mesi il governo Bolsonaro ha cercato di recuperare i gioielli, muovendosi attraverso tre ministeri, militari di alto rango e facendo pressioni anche sul capo dell’agenzia delle entrate, ma senza successo.
Bolsonaro è anche oggetto di sei inchieste presso il Supremo Tribunale Federale in casi come la sua condotta negazionista e la diffusione di notizie false durante la pandemia di Covid-19, l’esistenza di milizie digitali antidemocratiche e il ruolo dell’ex presidente nell’organizzazione degli atti golpisti a Brasilia l’8 gennaio.
Nell’ambito della Giustizia Elettorale, Bolsonaro è oggetto di indagine in 16 procedimenti, il più emblematico e recente dei quali è stato l’incontro tenutosi con gli ambasciatori brasiliani, nel luglio 2022, durante il quale Bolsonaro ha ripetuto disinformazione sul sistema elettorale del paese e ha diffuso dubbi sulla sicurezza del sistema di voto elettronico. Altre richieste di indagine in analisi includono anche l’omissione dello Stato nel caso degli Yanomami e l’uso della struttura presidenziale per articolare campagne di disinformazione. Queste e altre procedure potrebbero, come minimo, rendere Bolsonaro inammissibile alla presidenza nel 2026.
Le indagini devono ancora andare in primo grado e un’eventuale condanna definitiva di Bolsonaro per i suoi crimini richiederebbe anni. Finora, i giuristi stimano che Bolsonaro sia riuscito a proteggersi da accuse formali facendo nominare nel 2019 un suo alleato come procuratore generale della repubblica, Ricardo Aras. L’anno scorso, Aras ha archiviato più di 100 richieste di indagine contro il presidente. Nel 2021, l’ONG Transparência Internacional ha denunciato “l’allineamento sistematico della Procura Generale della Repubblica con il governo Bolsonaro” come uno dei fattori di rischio per la democrazia brasiliana. Il mandato di Aras dura fino a settembre di quest’anno.
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