Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

23/03/2023

La Francia insorge

Dopo la bocciatura delle due mozioni di sfiducia votate lunedì all’Assemblea Nazionale – depositate dopo che l’esecutivo era ricorso giovedì della scorsa settimana all’articolo 49.3 della Costituzione, per far passare il testo sulla riforma pensionistica uscito dalla Commissione Mista Paritaria senza votarlo – al popolo francese non rimane che insorgere.

Lunedì la mozione di sfiducia “trasversale” proposta dal gruppo “centrista” LIOT e co-firmata della NUPES non era andata a buon fine per appena 9 voti, con circa un terzo dei deputati gollisti (LR) che si erano uniti ai voti di tutte le opposizioni parlamentari, compresa l’estrema destra di RN.

La seconda mozione di sfiducia era stata proposta dal partito della Le Pen, e ha visto – fatto significativo – il voto di tre esponenti di LR unirsi a quello dell’estrema destra, con una “disciplina di partito” andata a farsi benedire.

I gollisti, che sono la seconda grande famiglia politica francese insieme ai socialisti – ora confluiti nella NUPES – si sono spaccati su una scelta dirimente, ed è difficilmente ipotizzabile che riusciranno a fare la “ruota di scorta” dell’esecutivo.

Il governo non aveva fin dal primo giorno i numeri per governare, ma ha scelto di contare sempre su un appoggio esterno, oppure sull’art. 49.3, usato ben 11 volte.

Il ricorso a questo articolo costituzionale “eccezionale”, la scorsa settimana, e il mancato esito positivo delle mozioni di sfiducia questo lunedì hanno ulteriormente alzato la temperatura sociale dell’Esagono, anche in virtù della violenta repressione che ha iniziato a colpire sia le manifestazioni “spontanee” che il movimento sindacale in quanto tale; in particolare gli operatori ecologici parigini e i lavoratori del petrolchimico.

Parlano i numeri: quasi un migliaio di persone sono state fermate in tutta la Francia in meno di una settimana dall’utilizzo del 49.3, 790 nella sola Parigi.

Parlano le pratiche delle forze dell’ordine che accerchiano e chiudono i manifestanti – le nasse – usano granate disaccerchianti che contengono esplosivo, manganellano pesantemente i manifestanti, o li aggrediscono sessualmente.

È la democradura in stile legione straniera…

Le giornate che precedono il nono sciopero inter-professionale e la mobilitazione nazionale di oggi, giovedì 23 marzo – che si annuncia “epocale” – hanno conosciuto un crescendo di azioni: blocchi del traffico, invasioni di centri commerciali, occupazioni delle facoltà, fiaccolate notturne, manifestazioni “selvagge” (non autorizzate e non contrattate), ecc.

Gérald Darmanin, il ministro dell’interno dell’esecutivo Borne, ha dichiarato che da giovedì scorso, giorno dell’adozione della riforma, ci sono state 1.200 manifestazioni “non dichiarate” ed “a volte violente” in tutta la Francia, segno appunto che la protesta sta esondando.

Tutto questo mentre la mobilitazione continua dei lavoratori nei settori strategici sta facendo sentire la sua efficacia.

Gli operatori ecologici di Parigi, cui si sono uniti i colleghi di molte città, già in sciopero dal 15 marzo, hanno prolungato ieri la propria iniziativa fino al prossimo lunedì, con i tre impianti di trattamento della capitale che non lavoreranno; quindi oltre a non smaltire rifiuti non possono produrre energia per riscaldare le case (per circa 100mila alloggi), né fornire energia elettrica (per circa 30mila abitazioni).

Parigi è letteralmente sommersa dai rifiuti che vengono dati alle fiamme e lanciati contro la polizia, durante le manifestazioni “selvagge”.

Sempre ieri ci sono stati scontri pesanti a Rennes, in Bretagna, durante la manifestazione dei marin-pêcheurs. È stato bloccato e reso “non attraversabile” il ponte di Saint Nazaire, il più grande di Francia (3km).

Attivisti sindacali e solidali hanno presidiato la raffineria al Fos-sur-mer dopo la battaglia campale di ieri che ha opposto i lavoratori – insieme a quelli accorsi per difenderli dalla requisizione – ai CRS.

Il MacDo dei Champs Elysée è stato occupato dalla branca del commercio della CGT, così come il Carrefour della Porta di Montreuil nella capitale.

Sempre lunedì sono proseguite le operazioni “porto morto” con picchetti e blocchi nelle aree portuali, che continueranno anche giovedì.

Si annuncia una “giornata nera” con i trasporti che saranno “fortemente perturbati” per ciò che riguarda la circolazione ferroviaria (SNCF), la metro parigina (RAPT) ed il traffico aereo-portuale.

Gli insegnanti delle scuole primarie e secondarie sciopereranno in massa, dopo avere “boicottato” le prove generali della maturità.

Di fronte a questo quadro Macron, dopo aver dichiarato martedì che non avrebbe sciolto l’Assemblea Nazionale, né rimesso mano al governo e nemmeno convocato un referendum, ha parlato all’una di mercoledì in una intervista televisiva con la chiara intenzione di non dare alcun segno di cedimento; e si è comportato come se nulla fosse.

Come ha ben sintetizzato il giornale satirico “Le Gorafi”: “Vi ho capito. Ma faccio quello che voglio”.

Il suo discorso è stato la quintessenza del disprezzo della volontà popolare, che ora si esprime in maniera sempre più radicale, ed ha ulteriormente gettato benzina sul fuoco provocando le feroci critiche dei leader sindacali, così come delle opposizioni della sinistra radicale della NUPES e perfino dell’estrema destra lepenista.

Quando Macron apre bocca non può che solleticare i sentimenti giacobini della popolazione che canta lo slogan: “Louis XVI, Louis XVI, on l’a décapité: Macron, Macron, on peut recommencer”.

La traduzione ci pare superflua.

La crisi politica e sociale che si è aperta riflette «una crisi che ravviva le piaghe francesi descritte ampiamente dalle inchieste: la sfiducia nei confronti del potere, la de-connessione tra eletti ed elettori, la sensazione di una brutalità venuta dall’alto», scrive Matthieu Goar nella sua analisi su “Le Monde”.

Un cartello esposto da un manifestante recitava: “i rifiuti si accumulano nelle stanze del Potere”. Ed ormai la maggioranza dei francesi pensano che questi rifiuti non possono essere riciclati in alcun modo.

È una “frattura sociale” che viene da lontano – forse ha un precedente nella scelta del “rigore” del 1983, dopo appena due anni dalla vittoria di Mitterand – e che non si è mai risaldata, come ha mostrato il movimento dei gilets jaunes.

La crisi si è estesa anche a causa del processo d’integrazione europea, da Mastricht in poi, e per le scelte belliciste francesi da un anno a questa parte; con un’inflazione alle stelle, i servizi che scompaiono, i perni del patto sociale transalpino che vanno in pezzi a causa delle riforme governative. Prima il sistema di tutela di fronte alla disoccupazione (assurance-chomage) ed ora quello pensionistico.

È una crisi di legittimità del regime che l’azione collettiva ha trasformato in crisi di regime.

Quello che stiamo vedendo in Francia è la rappresentazione plastica di come la crisi del modo di produzione capitalistico non offra soluzioni tangibili a chi vede sgretolarsi sotto i propri occhi un modello che fin qui ne aveva attutito in parte le contraddizioni.

È da queste fratture reali che nascono le rotture possibili. E la lotta di classe torna potente motore della storia.

Ne parleremo giovedì 23, nel tardo pomeriggio, nello speciale TG di Contropiano che andrà in onda dalle 19:30 dai vari canali della rivista, con servizi ed interventi dalla Francia che insorge.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento