Ci ha lasciati, all’età di 93 anni, Francesco “Citto” Maselli. Uno degli ultimi grandi autori e registi del ‘900 italiano.
Dal tratto analitico, duttile e originale, nell’alveo di un neorealismo divenuto accademia, fu sperimentatore di linguaggi non convenzionali e di codici in cui si mescolavano e reagivano il più sincero dato documentaristico e l’avvincente sollecitazione spettacolare.
Intellettuale, compagno, militante comunista, Maselli è stato esponente di un cinema altro, diverso, in cui si fondevano l’impegno politico, l’analisi sociale e la critica ad una borghesia annoiata, ipocrita, finanche viscida nelle sue relazioni umane e di potere.
Una critica che non risparmiava però la borghesia intellettuale “di sinistra“ la quale, nel fuoco degli anni ’70, sopraffatta dalla sua stessa inutilità, finiva per cedere all’inazione salottiera, raffigurando in embrione quella declinazione radical-chic di anni a noi più vicini.
Tra i suoi film ricorderei senz’altro “Gli Indifferenti”, ritratto borghese impietoso dal romanzo omonimo di Moravia; “Il sospetto“, con Gian Maria Volonté e un magnifico Renato Salvatori, in cui si analizzava dall’interno l’azione politica del PCI con le sue ambiguità durante il venttennio fascista; “Lettera aperta a un giornale della sera“, in cui vengono evidenziate proprio le tormentose contraddizioni che caratterizzano un gruppo di annoiati intellettuali di sinistra.
Tra i lungometraggi più recenti, una menzione particolare merita, secondo la mia opinione, “Le ombre rosse”, mesto canto del cigno di una “sinistra“ oramai antagonista solo a parole, ancorché animata da utopistici ma irrealizzati sovvertimenti di sistema.
Ho avuto il privilegio di conoscere Citto Maselli durante i miei tre anni in Rifondazione quando, in qualità di responsabile cultura del Partito per la Provincia di Napoli, ero anche parte dell’attivo nazionale, presieduto da Stefania Brai, sua compagna di vita.
A lei va il mio, il nostro pensiero e un sincero abbraccio d’affetto. Ciao Citto. Buon viaggio!
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