Un modo puzzolente di governare si vede da certe cose: si buttano giù una serie di norme da tempo necessarie ma soprattutto - dal punto di vista di un governo debole - "popolari", come quelle sul "femminicidio", e vi si aggiungono (senza farlo dire a nessun telegiornale o grande media compiacente) un'altra serie di disposizioni contro i movimenti di protesta e persino contro la "violenza negli stadi".
Dal punto di vista logico non c'è alcuna relazione, e un governo serio - anche "borghese" - terrebbe ben distinti fenomeni radicalmente diversi e per molti aspetti opposti. Ma questo governicolo di "furbetti del decretino" preferisce la confusione per fare quel che vuol fare nascondendosi dietro una foglia di fico.
Andiamo con ordine.
Una parte importante del decreto sul femminicidio è dedicato alla Tav e movimenti similari, per cercare di impedirne "l'agibilità", come si dice oggi. O meglio, è dedicato ai No Tav e a nuove misure per impedire loro le azioni di protesta.
L’articolo 10 del decreto si occupa di «Norme in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio e per la realizzazione del corridoio Torino-Lione, nonché in materia di istituti di pena militari». Insomma, i No Tav sono un "problema" che va estirpato ricorrendo anche all'esercito (ricordiamo: ormai un corpo non più popolare ma di "professionisti della guerra", teoricamente dedito alla "difesa della patria" ma in realtà impiegato soltanto per missioni di aggressione all'estero); ma giacché c'erano, alcune misure sono abbastanza vaghe da poter essere applicate anche a contesti similari ma diversi. Una classica "norma elastica", emergenziale in senso stretto, utilizzabile a seconda dei casi e della volontà del governante di turno. Una logica già vista da 40 anni a questa parte, che rende il "diritto" italiano un coacervo di "norme ad personam", di tipo militar-repressivo o di favoreggiamento del delinquente al potere (non è neppure il caso di ricordare la superproduzione di regolette a favore di Berlusconi...). Cose sparse, "ad hoc", con un unico filo conduttore: dare a chi governa poteri assoluti sui cittadini e metterlo al riparo dal principio per cui "la legge è uguale per tutti".
Dice il ministro Alfano in sede di presentazione alla stampa: “Saranno puniti con la sanzione più rigorosa per le intrusioni in luoghi di interesse strategico”.
E, per essere più chiaro, aggiunge che “Se lo Stato ha deciso che alcune opere pubbliche devono essere fatte, non si torna indietro. E chi aiuta lo Stato a realizzarle deve essere difeso. Per chi viola questi cantieri, che sono strategici, c’è il massimo della pena. E questi cantieri sono Chiomonte e Susa”. Abbiamo così il primo territorio italiano che diventa - senza dirlo troppo chiaramente - una "zona di guerra per ragioni economiche"
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