Non è la prima volta che il Ministero degli Interni
smentisce casi di violenze all’interno delle carceri. “Queste
discussioni – ha aggiunto Othman – nascono solo ora perché sono stati
arrestati alcuni attivisti politici che sono bravi ad utilizzare i
social network”.
Le parole del vice Ministro contraddicono il
rapporto pubblicato lo scorso mese da Amnesty International. Secondo
l’organizzazione londinese, infatti, la tortura in Egitto è “endemica”.
Nel suo documento Amnesty riporta numerosi casi di tortura e
maltrattamento dei detenuti che “ricordano i periodi bui del regime di
Hosni Mubarak”. Alcuni prigionieri sarebbero stati torturati anche con
scosse elettriche.
Secondo i numeri forniti da Wikithawra – un portale indipendente che documenta gli eventi egiziani a partire dal 2011 – più di 41.000 persone sono state arrestate lo scorso anno. Cinquantatré sarebbero morte in carcere.
Uno studio dello scorso giugno curato dall’“Iniziativa egiziana per i
diritti della persona” ha denunciato le precarie condizioni di
vita e sanitarie all’interno delle celle egiziane. Condizioni che, ha
aggiunto l’organizzazione, sono sotto gli standard minimi richiesti e
che pongono in serio pericolo la vita dei carcerati. Il rapporto si basa
sulle interviste fatte a detenuti da poco scarcerati, alle loro
famiglie e agli avvocati e ha riguardato più di 17 prigioni e stazioni
di polizia.
Che il comportamento della polizia non sia
impeccabile non è un fatto nuovo. Martedì una studentessa
dell’Università di al-Azhar ha denunciato l’ennesimo stupro compiuto dai
poliziotti egiziani. Sulla questione è intervenuto anche il vice
Ministro Othman che, se da un lato ha ammesso gli errori compiuti dalla
polizia, dall’altro ha sottolineato come in tutte le professioni capita
di sbagliare e che è colpa dei media che si concentrano troppo su questo
aspetto. “La polizia – ha dichiarato – istruisce i suoi ufficiali su
come trattare con i cittadini e sui temi relativi alla sicurezza
personale, ma il il sentimento di responsabilità varia da una persona
all’altra. E’ la natura umana”.
Intanto continuano gli arresti. Sei studenti
tra i 15 e i 17 anni sono stati accusati dalla Procura del Cairo di
“criminalità”, di “aggressione alle forze dell’ordine”, di “distruzione
della proprietà pubblica” e di aver preso parte ad un “raduno illegale”
due giorni fa in cui chiedevano un sistema educativo migliore.
Ahmed Othman, un avvocato dell’“Associazione non governativa per la
Libertà di Pensiero e di Espressione”, ha denunciato l’arresto di altri
17 studenti in modalità che definisce “casuali”. Ad essere condannato è
anche il figlio del deposto Presidente Mohammed Morsi, Abdallah. Ieri la
Corte Penale del Cairo lo ha condannato ad un anno di prigione e a
pagare una multa di 10.000 lire egiziane per possesso di droghe.
Intanto la coalizione islamista “Alleanza per
sostenere la Legittimità” ha annunciato 35 cortei nella capitale dopo
la preghiera della sera che dovrebbero congiungersi in Piazza Tahrir.
Cade oggi, infatti, il primo anniversario della deposizione del
Presidente Mohammed Morsi. Numerosi sostenitori dei Fratelli
Musulmani sono arrivati al Cairo per partecipare alle diverse
manifestazioni che partiranno da Giza, Nasr City, Ain Shams, Helwan,
Dokki e Shoubra in quello che definiscono come “Giorno della Rabbia”.
Ahmed Abdel Rahman è uno dei giovani della Fratellanza ed è anche lui è
in piazza a protestare. Secondo lui “l’intransigenza del regime creerà
solo altri nemici e accelererà la sua fine”.
Intanto mentre vi scriviamo, le forze di sicurezze
egiziane hanno chiuso Piazza Tahrir. Un ufficiale di polizia ha detto
all’Agenzia di Stato Mena che la polizia ha eretto barricate e sigillato
l’area con i blindati.
Per le strade la tensione aumenta. Alcune bombe sono esplose poco fa nella capitale. Una persona è stata uccisa in un villaggio vicino al Cairo. Secondo le autorità locali a perdere la vita sarebbe stato proprio l’attentatore. Un’altra esplosione è avvenuta nel distretto di Abbasiya al Cairo vicino ad un ospedale militare, mentre altre due bombe hanno colpito il quartiere di Imbaba a Giza senza causare vittime. La polizia ha chiuso anche la zona vicina al Palazzo presidenziale e Piazza Rabaa al-Adawiyya nella zona orientale della capitale dove lo scorso agosto un sit-in in favore di Morsi fu sanguinosamente represso dai militari causando centinaia di morti tra i sostenitori della Fratellanza.
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