di Carlo Musilli
Dimenticate i derivati, i Cds e i mutui subprime. Quella è roba da
dilettanti, troppo facile. Riuscite a immaginare quanto sia più
complicato mettere in piedi una truffa milionaria commerciando in
frullati e tisane? Qualcuno, a quanto pare, ci riesce. Stavolta
nell’occhio del ciclone finanziario è finita Herbalife, società
americana quotata a Wall Street, nota al mondo per gli integratori e le
bevande dimagranti.
A onor del vero, non sono state emesse
sentenze, quindi vale il principio della presunzione d’innocenza. Ma la
vicenda è troppo originale per non suscitare attenzione. Tutto nasce da
Pershing Square, un hedge fund che ha speso 50 milioni di dollari per
pagare un’indagine investigativa privata con l’obiettivo di smascherare
la (presunta) maxi-frode di Herbalife.
“Datemi retta… Quando
vedrete quel che abbiamo raccolto vi renderete conto che sono stati
soldi ben spesi”, ha assicurato il miliardario Bill Ackman, numero uno
del fondo. La sua tesi è che il regno delle tisane sia costruito su uno
schema di vendite piramidale proibito dalla legge.
In termini
generali, questo tipo di marketing - vietato anche in Italia dal 2005 -
promette facili guadagni con bassi investimenti, senza richiedere
alcuna qualifica o capacità particolare. In sostanza, le persone vengono
indotte a pagare una somma generalmente irrisoria per entrare nella
piramide commerciale: i soldi sono destinati a chi occupa i livelli
superiori della gerarchia, mentre i neofiti sperano di rientrare
dell’investimento (per poi iniziare a guadagnare) portando a loro volta
nuovi adepti su cui incassare una percentuale. Chi è al vertice della
piramide guadagna più degli altri e molto spesso si dilegua dopo aver
messo da parete un discreto gruzzolo.
Secondo Ackman, questo
sarebbe più o meno il meccanismo creato da Herbalife, che conta su due
milioni di distributori indipendenti, chiamati a reclutarne sempre di
nuovi. In particolare - stando all'indagine - molte persone
acquisterebbero i prodotti dell'azienda solo per essere poi abilitate ad
aprire uno dei cosiddetti "nutrition club", nella (falsa) speranza di
trarne profitto.
L'inchiesta,
che prende in considerazione un campione di club aperti a New York,
sostiene che queste attività subiscano delle perdite annue medie di
12mila dollari. La società stessa ammette che nel 2013 appena 7.300
persone sulle 409mila che compongono la rete di vendita sono riuscite a
guadagnare più di 5mila dollari. Secondo Herbalife, però, la
sproporzione si spiega col fatto che la grande maggioranza di loro punta
solo a ottenere sconti sui prodotti, non a guadagnare.
Ackman
non ci crede e ormai dà battaglia dal dicembre del 2012, anche se solo
di recente - all'apice dell'enfasi - è arrivato a scommettere un
miliardo di dollari contro i titoli in Borsa dei suoi suoi nemici
giurati, accusandoli di aver ingannato i distributori, fornito dati
falsi sulle vendite e gonfiato in modo smisurato il prezzo di prodotti
di bassa qualità. Ora il materiale raccolto dall’hedge fund sarà messo a
disposizione della polizia, ma alla fine dovranno pronunciarsi la
Federal Trade Commission degli Stati Uniti, il Dipartimento di
Giustizia, l'Fbi e almeno un paio di procuratori generali: tutte
autorità che, a quanto si apprende, starebbero indagando su Herbalife.
Intanto,
la società sotto accusa si difende, minaccia azioni legali e incassa
una generosa ricompensa dai mercati azionari. Dopo le prime
dichiarazioni di Ackman, la quotazione dell’azienda è crollata dell’11% a
Wall Street, arrivando a perdere il 31% nel conto da inizio anno;
subito dopo, tuttavia, le azioni hanno registrato un rimbalzo
spettacolare, mettendo a segno il miglior rialzo di sempre in una sola
seduta (+26%). E’ evidente che il mercato non ha creduto alla storia
della frode. Ma questo - come insegnano i derivati, i Cds e i mutui
subprime - significa davvero poco.
Fonte
Mi ricorda la vicenda di ACN Inc.
RispondiEliminahttp://spammit.blogspot.no/2010/01/acn-american-communication-network.html
A me ha fatto venire in mente lo schema Ponzi.
Elimina