E’ cominciata alle 7 italiane la tregua “umanitaria” di 12 ore approvata dal governo israeliano e da Hamas, assieme ad altre otto formazioni armate palestinesi.
Pesa ancora il secco “no” che Israele ha detto ieri sera al piano per
un cessate il fuoco di sette giorni proposto dal segretario di stato Usa
John Kerry, quando erano in molti, anche nello Stato ebraico, a dare
per certa la sua approvazione. Secondo il governo Netanyahu,
l’iniziativa del capo della diplomazia americana, accoglierebbe di più
le richieste di Hamas che quelle di Israele per un cessate il fuoco. In
realtà l’esecutivo israeliano non vuole fermare l’offensiva militare,
stando a quanto spiegano i media locali, e si prepara ad ordinare una
ulteriore espansione delle operazioni di guerra.
Ciò è stato chiaro anche nelle ultime ore quando, nonostante
l’imminenza della tregua umanitaria, le forze armate israeliane hanno
continuato a colpire con violenza Gaza, facendo almeno 20 morti nelle ultime ore, in particolare nella zona di Khan Yunis dove è stata colpita una abitazione civile.
Tra le vittime si segnalano ancora numerosi bambini. Sono oltre 850 i
palestinesi, in gran parte civili, uccisi sino ad oggi. I feriti circa 5
mila.
La scorsa notte erano in piena emergenza anche all’ospedale di Beit Hanun, a nord di Gaza, raggiunto da colpi israeliani che hanno fatto alcuni feriti, tra i quali un attivista internazionale.
Nei combattimenti della scorsa notte due soldati israeliani
sono stati uccisi, facendo salire il bilancio dall’inizio dell’offensiva
di terra a 37.
CISGIORDANIA
E’ stata una notte di proteste e scontri, con due morti e decine di
feriti tra i palestinesi, nelle città della Cisgiordania. Il ‘Giorno
della rabbia’, indetto da tutti i partiti e le fazioni palestinesi, per
l’eccidio in atto a Gaza e l’ultimo venerdì del mese islamico del
Ramadan si è chiuso con migliaia di persone scese in strada a Betlemme,
Tulkarem, Jenin, Nablus, Salfit e nei villaggio dei territori occupati.
A Beit Fajjar, vicino Betlemme, il 16enne Nasri Mahmoud Taqataqa è
stato ucciso da un proiettili esploso dai soldati israeliani. A Qabatiya
gli scontri con i militari hanno fatto un morto, Bassem Safi Sadeq Abu
Rob, e trenta feriti. A Jenin erano almeno in 10mila alla marcia di
protesta diretta verso il check point di Jalame, a nord della città.
Le manifestazioni hanno chiuso una giornata di proteste in tutta la
Cisgiordania, durante la quale sono stati uccisi sei palestinesi, di cui
uno da un colono a Nablus. Da giovedì notte, quando a Qalandia sono
morti due giovani nel corso di una manifestazione di almeno 10mila
persone, il bilancio delle vittime del fuoco israeliano è di dieci
morti.
RESOCONTO DELLA GIORNATA DI IERI
E’ arrivato ieri notte l’ok del gabinetto di sicurezza israeliano
alla proposta d’emergenza del segretario di Stato americano John Kerry
di una tregua di 12 ore, dopo che il cessate il fuoco di sette giorni
proposto in precedenza aveva incontrato il rifiuto di tutto il governo
israeliano. E poco più tardi è arrivato anche l’ok di Hamas che, nel
pomeriggio, per voce del parlamentare di Hamas Mushir al-Masri aveva
dichiarato che il cessate il fuoco con Israele – tra le condizioni
c’erano il disarmo dell’organizzazione e il mantenimento di truppe
israeliane in tutta la Striscia – non c’era.
Secondo un funzionario israeliano citato dal quotidiano
Haaretz, il cessate il fuoco ha lo scopo di consentire alla popolazione
di ottenere cibo, acqua e rifornimenti di medicinali per gli ospedali,
oltre a permettere alle organizzazioni internazionali di prestare
soccorso ai civili dopo 18 giorni di bombardamenti quasi ininterrotti.
L’emergenza umanitaria si è aggravata negli ultimi due giorni: secondo
l’Unrwa, sarebbero oltre 160 mila gli sfollati che hanno trovato rifugio
in 83 delle sue strutture; strutture che Israele, lamentando fuoco
proveniente dalle vicinanze, ha bombardato due volte dall’inzio
dell’operazione “Barriera Protettiva”.
E proprio per il bombardamento della scuola Unrwa di Beit
Hanoun, avvenuto giovedì da parte dell’aviazione israeliana e costato la
vita a 15 palestinesi, l’Unione Europea ha chiesto ieri un’immediata
indagine. Israele continua a dichiarare di aver risposto al
fuoco proveniente dalle vicinanze dell’edificio e di aver avvertito
l’Unrwa e la Croce Rossa di evacuare la struttura perché avrebbe colpito
la zona; l’organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati
palestinesi, dal canto suo, ha negato di aver ricevuto un avvertimento
simile da parte dell’esercito israeliano.
Ma i numeri dell’attacco a Gaza – 865 morti, di cui 65 ieri, e 3750 feriti – hanno portato ieri il
ministro palestinese della Giustizia, Saleem Al-Saqqa, e il procuratore
del tribunale di Gaza, Ismail Jabr, a presentare una denuncia per
crimini di guerra a Gaza contro lo Stato di Israele alla Corte penale
internazionale (ICC) dell’Aia. Per procedere e far valere la
propria autorità sovranazionale, la Corte dovrà prima stabilire se
l’Autorità nazionale palestinese può considerarsi il governo di uno
stato nazionale palestinese. Israele ha firmato ma non ha ratificato – e
non intende farlo – il trattato che istituisce la Corte Penale
Internazionale. Sono 35, invece, i soldati israeliani uccisi dall’inzio
dell’operazione di terra.
Sangue non solo Gaza, però. Massicce manifestazioni contro
l’attacco israeliano alla Striscia hanno avuto luogo ieri nelle
principali città della Cisgiordania: il bilancio è stato di 7
manifestanti uccisi per mano israeliana. L’ultimo a morire è
stato un giovane palestinese colpito dai soldati durante una
manifestazione pro-Gaza a Betlemme. Due giovani manifestanti sono morti a
Nablus dopo che un colono aveva aperto il fuoco contro di loro mentre
si avvicinavano in marcia verso il check-point di Huwwara. Un uomo di 47
anni è stato invece ucciso a Beit Ummar, vicino Betlemme, mentre un
altro palestinese di 32 anni è stato colpito a morte dall’esercito
israeliano nel campo profughi di al-Arrub, a nord di Hebron: stando a
quanto dichiarato dall’esercito israeliano stava “tentando di sottrarre
la pistola a un soldato”. Sono 10 i palestinesi uccisi in Cisgiordania
dall’inizio delle manifestazioni contro l’attacco a Gaza degli ultimi 3
giorni. La speranza però arriva proprio da Gaza: una bambina è stata
fatta nascere questo pomeriggio dai medici dell’ospedale di Deir
al-Balah dopo che sua madre era morta in seguito al bombardamento della
sua casa.
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