Nulla di fatto al Vertice sul nucleare e rinvio al 24 novembre. Ma le sanzioni contro Teheran restano nonostante il rapporto dell’Agenzia per l’Energia Atomica abbia riconosciuto la loro correttezza. Gli Usa consentono solo l’accesso di Teheran ai 2,8 miliardi di dollari che avevano all’estero.
Nulla di fatto al Vertice dei cinque Paesi permanenti del Consiglio di sicurezza Onu e Germania (5+1) sul nucleare e rinvio al 24 novembre. Anche se tutto sembrava invece filare liscio. Ma le sanzioni contro Teheran restano nonostante il rapporto dell’Agenzia per l’Energia Atomica abbia riconosciuto la loro trasparenza e correttezza. Gli Usa consentono solo l’accesso di Teheran ai 2,8 miliardi di dollari in fondi congelati per le sanzioni.
E’ un “effetto collaterale” per la posizione assunta dall’Iran nei numerosi conflitti che attraversano Oriente e Occidente.
L’asse con Russia e Cina nel settore energetico, lo schieramento con Siria, Iraq ed Hezb’Allah libanese, il ripreso rapporto con Hamas, Jihad Islamico e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina/Comando Generale nella Striscia di Gaza devastata dall’operazione militare israeliana pesano nel contesto di una Comunità Internazionale che privilegia gli interessi occidentali.
L’aspetto positivo è che l’Accordo di Ginevra del 23 novembre 2013 ha riconosciuto il diritto iraniano a proseguire nel suo programma nucleare a scopo civile.
Sul rinvio dell’atteso “Accordo Finale” pesano la posizione di Israele e dell’Arabia Saudita che temono il possibile accesso di Teheran all’atomica.
Anche se sulla stampa israeliana i primi articoli titolati “L’Iran è vicino ad avere una bomba atomica” sono apparsi nel 1984 e a 30 anni di distanza nulla di questo è accaduto.
Come è da tenere in conto anche il costo del nucleare, che secondo non pochi esperti del settore, è cinque volte superiore rispetto a impianti convenzionali per la produzione di energia che possono essere molto meno inquinanti del passato utilizzando le fonti rinnovabili.
In attesa di creare un’area denuclearizzata da Tel Aviv a Islamabad, la sospensione dei colloqui del Gruppo 5 P + 1 con l’Iran appare superabile.
Ma i problemi maggiori riguardano la politica estera iraniana che collide con quella statunitense in tre Regioni: Medio Oriente, Pacifico, Atlantico. Con qualche contraddizione in più rispetto al recente passato.
L’Iran è impegnato a contrastare l’avanzata del Califfato Islamico in Iraq e Siria dove ha inviato il Comandante delle Forze Speciali Quds, Qassem Suleimani.
Suleimani, inserito nel 2011 dagli USA nella lista dei terroristi e oggetto di sanzioni, è dal 2012 il punto di riferimento per il regime siriano, Hezb’Allah e, da giugno 2014, per Baghdad.
Suleimani, 57 anni, ha combattuto nella guerra del 1980-1988 contro l’invasione irachena, per poi passare in Afghanistan nella lotta contro i narcotrafficanti.
Dal 1998 è Comandante delle forze Quds.
Vicinissimo alla Guida Suprema Alì Khamenei, mantiene contatti privilegiati con due milizie operanti in Iraq.
Vediamole.
Prima la formazione militare Asaib ahl al Haq (La Lega dei Giusti) fondata dagli iraniani a Baghdad dopo l’intervento statunitense del marzo 2003. Guidata da Qais al Khazali, la milizia è molto vicina alla teocrazia iraniana e opera separatamente dall’ala nazionalista Esercito del Mahdi di Muqtada al Sadr.
La Lega dei Giusti ha eseguito attentati contro gli USA prima che si ritirassero nel 2011.
L’altra organizzazione irachena sostenuta dall’Iran è la Brigata Badr, vicina a Muqtada al Sadr, ritenuta sciolta nel febbraio 2014 quando Al Sadr annunciò il suo ritiro dalla politica e riapparsa dopo la creazione del Califfato Islamico di Abu Bakr al Baghdadi.
Nella stessa area mediorientale operano ma con obiettivi completamente differenti gli Stati Uniti d’America con Arabia Saudita, Turchia, Paesi del Golfo e il Gruppo degli Amici della Siria i quali riconoscono come legittimi interlocutori gli insorti, che continuano a sostenere e armare anche se con “armi non letali”, con l’obiettivo sempre più chiaro di estromettere gli Assad dalla Siria e Maliki dall’Iraq.
Per quanto riguarda la zona del Pacifico, la posizione iraniana collide con il progetto statunitense di rendere prioritario il suo presente e futuro impegno in quell’Oceano con una sensibile riduzione delle risorse finora destinate all’Atlantico.
E il Pacifico vede l’Iran in stretto contatto con i Paesi che vi hanno attualmente la posizione egemonica, Russia e Cina, e mal sopportano la esibita forma militare USA.
Nell’area Europea, infine, l’Iran è alleata con la Russia, mentre USA e NATO hanno attratto quasi tutti i Paesi che, già parte dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, erano legati a Mosca all’interno della Comunità degli Stati Indipendenti.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento