A che e a chi servono le sanzioni che gli Usa stanno imponendo contro la Russia? Per l’Italia Mosca è un partner economico fondamentale. La Francia gli vende le sue portaelicotteri. La City londinese tratta col Cremlino da sempre. La Germania le sue SuperCar le vende all’Ucraina? Conti difficili.
C’è una domanda che da tempo aleggia negli ambienti politici ed economici europei. A che servono le pesanti sanzioni che l’amministrazione americana sta imponendo giorno dopo giorno alla Federazione Russa?
Si tratta di un quesito più che legittimo, ed è facile spiegarne i motivi. I maggiori Paesi della UE – Italia inclusa – annoverano da anni la Russia come uno dei principali partner economico-commerciali. La stessa Germania vanta un interscambio record con Mosca e, non a caso, Angela Merkel è tutt’altro che entusiasta dei provvedimenti USA.
Poi si sa che la UE è un’unione piuttosto fragile. Ora assistiamo a un divertente battibecco tra britannici e francesi. I primi mettono sotto accusa Parigi per la vendita ai russi di due portaelicotteri della classe Mistral.
Hollande, assai piccato, ha subito risposto per le rime al collega Cameron, sottolineando il fatto – peraltro notissimo – che se se il dito dev’essere puntato contro qualcuno, allora è necessario tirare in ballo l’industria del Regno Unito e, soprattutto, la City londinese. Piazza finanziaria di prima grandezza ma anche, e da sempre, crocevia di affari che proprio limpidi non sono. Se si vuole una conferma, pur “romanzata”, basta leggere gli ultimi libri di un grande esperto di spionaggio come John Le Carré (pseudonimo di David Cornwell).
C’è n’è insomma per tutti e, ancora una volta, i più pragmatici sono gli inossidabili tedeschi, capaci di far la voce grossa con gli USA a causa delle note vicende spionistiche che hanno toccato personalmente la stessa Cancelliera di ferro. Siamo in attesa di vedere cosa accadrà, ma non escluderei la possibilità che la Germania trovi il modo di aggirare le sanzioni. Altrimenti Mercedes e BMW si troverebbero ben presto in difficoltà.
Non è tutto. La domanda iniziale riguarda in primis l’oggetto del contendere, vale a dire l’Ucraina. E’ noto che si tratta di una nazione non solo spaccata, ma pure sull’orlo del default, che dipende sotto ogni aspetto dalla Federazione Russa. Se Mosca decide di chiudere i rubinetti del gas, a Kiev si accorgeranno presto che non è facile trovare fornitori alternativi. Gli americani si sono offerti di supplire ma, a quanto pare, non sono in grado di rimpiazzare in maniera adeguata i russi.
Lo stesso discorso vale per Germania, Francia e – purtroppo – Italia. Può anche darsi che le sanzioni causino danni notevoli al rublo sui mercati internazionali, ma sarebbero sicuramente maggiori i danni subiti da tanti Paesi europei sul piano degli approvvigionamenti energetici. Ora siamo in piena estate e il pericolo sembra lontano. Sarà tuttavia sufficiente l’arrivo del primo freddo, soprattutto nell’Europa del Nord, per far capire la pericolosità della politica imposta da Washington.
Senza dubbio la strana coppia Barack Obama – John Kerry non cessa di stupire per la sua totale assenza di una visione strategica globale. Non siamo abituati a vedere un’amministrazione americana così carente. In precedenza si potevano contestare le scelte di Bush o di Clinton ma, in ogni caso, dietro le decisioni si percepiva un disegno preciso, dovuto a un lavoro di squadra che coinvolgeva esperti di grande calibro oltre al Presidente.
Adesso il nulla. Gli Stati Uniti concentrano sulla Russia la loro aggressività e, nel frattempo, lasciano che il radicalismo islamico dilaghi senza freni. Un panorama cupo, che seppellisce una volta per tutte i frizzanti slogan obamiani di alcuni anni orsono.
Fonte
Non capisco perché Marsonet perseveri nel considerare Obama una sorta di (in)utile idiota.
Almeno nello scacchiere europeo, gli USA non potrebbero applicare altra strategia per tentare di arginare il venir meno della propria egemonia a vantaggio di UE (Germania) da una parte e Russia dall'altra. Si tratta di avventurismo della peggior specie, ma obbligato per un sistema che non ammette alcun ripensamento delle fondamenta su cui poggia.
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