27/07/2014
Schettino merita un monumento
Se non fosse esistito, sarebbero stati costretti a inventarlo. E l'avrebbero inventato.
I media e il governo di questo paese, da una settimana, stanno costruendo un monumento al capitano Schettino. Anzi, sembrano aver deciso di definire un vero e proprio “format”, non solo televisivo, ma che possa rappresentare plasticamente il futuro del paese. Senza neanche la necessità di parlar bene del capitano stesso...
Diciamolo in un altro modo: ci possiamo presentare d'ora in poi come un paese di poeti, santi, eroi e comunicatori. Dopo l'exploit del comandante della Costa Concordia, infatti, come navigatori siamo in pole position per la presa in giro...
Non che nelle altre specialità ce la stiamo cavando meglio, specie quanto a santità ed eroismo, ma insomma: il primo posto a Schettino non glielo toglie nessuno.
Non avete ancora capito? Ci stiamo riferendo al serial televisivo, che ha tracimato inarrestabile anche su tutti i quotidiani mainstream, intitolato “il miracolo della Concordia”. Titolo, vero, non ironico (potrebbe sembrarlo, no?), appannaggio quasi esclusivo di Repubblica, che in quanto a giornale del padrone batte largamente anche La Stampa e Il Giornale, appunto.
Doppia lettura, però. Quella più immediata, quasi esplicita, è l'occupazione del palinsensto con le operazioni di raddrizzamento, galleggiamento e trasferimento del relitto più costoso della storia. In una settimana in cui i massacri di Gaza e l'aria di guerra globale che spira dall'Ucraina consegnata ai “nazisti europeisti” di Svoboda e Pravy Sektor avrebbero costretto direttori, capiredattori, editorialisti e cronisti a disperati contorsionismi per giustificare le dichiarazioni di Obama, Merkel, Netanyahu e via cantando; per suscitare indignazione antipalestinese e antirussa, tranquillizzando allo stesso tempo i lettori-telespettatori (sempre più vicini, pur partendo da livelli culturali e di partecipazione civile opposti); per “aizzare canalizzando”, insomma, sempre embedded con i massacratori, ma alle prese con una materia informativa scivolosa... Bene, in questa settimana “fortunata” tutti hanno potuto mettere al centro, in testa, in apertura, “il miracolo della Concordia”.
Fin qui tutto normale, anzi, normale “arma di distrazione di massa", come da sempre si fa nei giornali padronali.
Il salto di qualità sta nel secondo passaggio, od obiettivo. Fare del più ignobile, ridicolo, traumatico, tragico, pezzente fallimento della capacità industriale di questo paese in tempi recenti “un esempio miracoloso del genio italico”.
L'impresa era titanica, ammettiamolo pure. Si parte da una nave da crociera di dimensioni abnormi – uscita da Fincantieri, uno degli ultimi gioielli di famiglia della nostrana tradizione industriale (pubblica, certo, solo quella ci è rimasta, anche se ancora per poco) – comandata da un campione dell'italianuccio senza particolari qualità, quella figura tipica la cui carriera corre rispettando sempre con entusiasmo la logica dell'”inchino”. Di quelli che si fanno al capomafia locale il giorno della processione così come a un “amico” che ha la casa a pochi metri dal mare, sull'isola del Giglio; di quelli che si fanno al potente che passa in strada, se debitamente scortato, altrimenti monetine. Uno rimasto famoso per quel terribile “torni a bordo, cazzo!” scagliato da un ufficiale della capitaneria di Porto di Livorno, che proprio non riusciva a credere che un capitano con quel po' po' di gradi fosse stato tra i primi a mettersi in salvo anziché affondare con la sua nave (come avrebbe suggerito un pizzico di vergogna, se non l'etica della marina che fu e non c'è più).
Si deve far finta che il mondo non ci rida dietro da quel giorno, che non si tratti di un disastro immane (32 morti, non proprio un incidente come tanti), che se ne possa fare un format di successo. Vai con i media che straparlano di quanta intelligenza tecnologica ci sia in questo paese, quella in grado di rimettere il linea di galleggiamento una balena di ferro di oltre 300 metri di lunghezza, mestamente spiaggiata su una scogliera. Vai con il “genio” che si fa strada solo nelle grandi difficoltà, con le spalle al muro, con la disperata necessità di “riscattarsi”.
È così che è stata confezionata la “favola” mediatica. Il recupero di un relitto affondato nel ridicolo, lo sforzo di trainarlo fino alla banchina della demolizione – "della demolizione! cazzo!" –, il tutto al modico prezzo di un miliardo e mezzo, ci vengono imbanditi come la prova che “il paese ce la può fare”.
Che siamo capaci di tutto, è proprio vero. Nulla come il destino della Concordia mostra plasticamente la direzione in cui sta muovendo questo paese, con al timone il “Grande Rottamatore”.
È perfetto. Dovendo utilizzare la merda che c'è, non si poteva assemblare un plot migliore. Profetico.
Fonte
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