Oltre 115mila tra iscritti e sostenitori. Più di 3mila giovani che
partecipano ai suoi campi di volontariato. Tante iniziative a difesa di
natura e territorio. Ma Legambiente non è solo questo:
la più importante e influente organizzazione ambientalista italiana fa
anche business. Su che cosa? Su ambiente e fonti rinnovabili, con tanto
di potenziali conflitti di interesse. Ma non solo,
perché Legambiente è una onlus, un’organizzazione non lucrativa di
utilità sociale. E secondo gli esperti interpellati da ilfattoquotidiano.it,
il docente di Diritto commerciale all’Università degli Studi di Milano
Ugo Minneci e il consulente su legislazione e fiscalità degli enti non
profit Carlo Mazzini, “una onlus non potrebbe detenere partecipazioni in
grado di garantirle il controllo di società di capitali, pena la
perdita dello status stesso di onlus e delle conseguenti agevolazioni fiscali”.
Senza contare che quando non è la stessa Legambiente a fare impresa, ci
pensano diversi suoi dirigenti e consiglieri nazionali ad aggiungere al
loro ruolo di ambientalisti quello di imprenditori.
Azzerare la CO2? Con la srl è meglioPer combattere il surriscaldamento globale
la soluzione è una: limitare le emissioni di anidride carbonica.
Dall’enunciare un sacrosanto principio ambientalista a farci sopra
affari il passo è breve. Tanto che il principale braccio operativo di
Legambiente si chiama proprio Azzero CO2, una srl con
119mila euro di capitale sociale che offre diversi servizi, dalla
consulenza in ambito energetico alla progettazione e realizzazione di impianti che sfruttano fonti rinnovabili. Il business tira, grazie anche a clienti come il colosso Enel, Edison e Sorgenia, tutti attivi nel settore energia.
Legambiente possiede direttamente il 36% della società, mentre il 15% è in mano alla fondazione Legambiente Innovazione, che per l’associazione si occupa dei premi alle imprese che sviluppano prodotti innovativi dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Gli altri due soci sono il circolo di Legambiente ‘Festambiente’ (9%) e l’associazione Kyoto Club (40%), anch’essi
legati alla onlus ambientalista. I circoli, nello statuto, sono infatti
definiti “organi decentrati di Legambiente”. Kyoto club invece è
un’organizzazione no profit presieduta dal neo presidente di Terna Catia Bastioli
che tra i propri soci ha la stessa Legambiente insieme a molte società
che operano nel settore dell’energia e alle industrie dell’eolico che
fanno parte dell’Anev (Associazione nazionale energia
del vento). Tra i suoi scopi, si legge sul sito, c’è quello di
“stimolare proposte e politiche di intervento mirate e incisive nel
settore energetico-ambientale”. Fare lobby, insomma, con il supporto di Legambiente, che in Kyoto club può contare sul vice presidente Francesco Ferrante, membro del direttivo dell’organizzazione verde ed ex parlamentare del Pd.
Il ruolo di Legambiente nella gestione di Azzero CO2 è evidente:
tutti i vertici della società fanno parte anche degli organismi
dirigenti della onlus che, va detto, contano più di 400 persone. Il
presidente di Azzero CO2 Giuseppe Gamba è un membro della presidenza del comitato scientifico di Legambiente, l’amministratore delegato Mario Gamberale è nel consiglio nazionale, mentre il consigliere della srl Sandro Scollato è nel direttivo nazionale e ha sostituito poco più di un mese fa un altro dirigente di Legambiente, Mario Zambrini. E gli altri due consiglieri di amministrazione? Edoardo Zanchini è il vice presidente della onlus, mentre Andrea Poggio ne è il vice direttore generale. Azzero CO2, insomma, è una diretta emanazione di Legambiente.
Niente
che l’organizzazione ambientalista abbia mai tenuto nascosto. Anzi ne
ha sempre fatto una ragione di vanto, visto che secondo i vertici con il
business bisogna sporcarsi le mani per indirizzare le scelte industriali e ambientali
del Paese. Il vice presidente Zanchini, che per Legambiente è anche
responsabile del settore Energia, spiega infatti: ”Quando qualche anno
fa abbiamo creato Azzero CO2, l’idea era quella di promuove il settore
dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Se dobbiamo
cambiare il mondo una parte di questo sforzo dobbiamo farla anche noi.
Ad Azzero CO2 diamo un mandato preciso, di fare campagne che altrimenti
non farebbe nessun altro, come quella per la sostituzione di coperture
di amianto con il fotovoltaico. Il nostro obiettivo è fare gli interessi
del Paese andando nella direzione delle rinnovabili, non far guadagnare
Azzero CO2″.
Ma c’è un rischio. Se da un lato si partecipa alla definizione delle leggi come maggiore associazione ambientalista italiana e dall’altro lato si fa impresa, per esempio grazie agli incentivi
alle fonti rinnovabili, si cade nel più classico dei conflitti di
interesse. E si finisce per essere accusati da altre associazioni
ambientaliste, come Italia Nostra, di essere “una potente lobby con
solidi legami con il mondo economico e con il mondo politico”. Del resto
Legambiente ha radici ben piantate nel Pd, soprattutto negli Ecodem del suo presidente onorario Ermete Realacci, e fronde che crescono veloci nella nuova formazione Green Italia. Mentre diverse industrie, alcune del settore energia, sono state spesso generose a garantire alla onlus sponsorizzazioni e partnership.
Dirigenti della onlus in prima linea
Se
non è Legambiente a fare affari attraverso Azzero CO2, a farli, o
almeno a provarci, sono diversi suoi dirigenti attraverso altre società.
Come nel caso del consigliere nazionale dell’associazione ambientalista
Lorenzo Partesotti, che con la sua Solaris negli anni
scorsi si è speso invano per la costruzione di un impianto eolico su
monte dei Cucchi, sull’Appennino Bolognese. Chi realizzò lo studio di
impatto ambientale favorevole al progetto, in quel caso? Ambiente italia,
una srl che fino a poco più di un mese fa era socia di Azzero CO2,
prima di essere sostituita dal circolo di Grosseto Festambiente.
Ambiente Italia è una srl fondata tra gli altri da Realacci, che ha
partecipato anche alla nascita del Kyoto club. Realacci a un certo punto
ne è uscito, ma tra i proprietari di Ambiente Italia ci sono ancora ben
cinque membri del vertice nazionale di Legambiente: Giulio Conte,
Duccio Bianchi, Marina Alberti, Maria Berrini e ancora una volta Mario
Zambrini, che oltre a essere socio è anche amministratore unico della
società. E che cosa fa Ambiente Italia? Oltre a studi di impatto ambientale per la costruzione di impianti eolici per clienti come Agsm e Sorgenia, offre servizi di consulenza al gruppo Salini costruzioni e al colosso del cemento Colacem.
Zanchini in tutto ciò non vede alcun problema: “Siamo felici che ci
sia contaminazione nel gruppo dirigente di Legambiente – spiega -. Ci
sono persone che magari non la pensano come noi, lontane da noi, ma che
sono interessate ai nostri temi e ai nostri obiettivi. Così facciamo in
modo che facciano parte del gruppo dirigente. Noi cerchiamo di spingere
in certe direzioni di cambiamento e quindi coinvolgiamo esplicitamente
anche gli imprenditori”.
Ma così quelli che dovrebbero essere i
soggetti controllati dagli ambientalisti finiscono per essere i clienti
dei vertici della principale associazione ambientalista o, attraverso
Azzero CO2, dell’associazione stessa. E gli affari vanno pure bene.
Azzero CO2 nel 2013 ha realizzato ricavi per 4,6 milioni di euro e un
utile di 34mila euro, limitando le conseguenze della crisi e del taglio
degli incentivi sui 6,4 milioni di ricavi e i 136mila euro di utili
registrati nel 2012. Ambiente Italia ha incassato nel 2012 2,1 milioni,
con un utile di 129mila euro.
Un sistema di società che fa business sull’ambiente
Le
ramificazioni che partono da Legambiente vanno oltre Azzero CO2. Che
infatti possiede al 100% la società di servizi editoriali Qualenergia e quattro srl (Eternet Free 1, Eternet Free 2, Eternet Free 7, Eternet Free Azzero CO2) che fanno affari installando impianti fotovoltaici
sui tetti, un business che gode degli incentivi pubblici e che è stato
spinto anche dalla campagna di Legambiente ‘Eternet Free’, finalizzata a
promuovere la sostituzione di coperture in eternit con celle
fotovoltaiche. Eternit Free Azzero CO2, per esempio,
nel 2012 ha realizzato impianti per un valore complessivo di quasi
600mila euro, come indicato in bilancio. Azzero CO2 possiede inoltre il
10% in Esco Lazio srl, una società con interessi nel
biogas e nel fotovoltaico con ricavi che nel 2012 sono stati di 1,2
milioni di euro e con quote in altre quattro società che operano nel
settore energia.
Una piccola holding, questo è anche Legambiente. Che è pure socia al 10% di Menowatt GE srl, una società che si occupa di tecnologie per l’illuminazione pubblica
e per motori efficienti e che fino alla fine del 2013 era posseduta al
70% da Sorgenia, la società del gruppo Cir della famiglia De Benedetti che partecipa all’azionariato della centrale a carbone Tirreno Power
di Vado Ligure, finita al centro di un’inchiesta della procura di
Savona con ipotesi di reato che vanno dal disastro ambientale
all’omicidio colposo. E che dovrebbe pertanto essere un nemico giurato
degli ambientalisti, piuttosto che un alleato. “Abbiamo fatto dure
battaglie contro le centrali a carbone di gruppi come Sorgenia o Enel –
ribatte Zanchini -. Quando però queste società fanno interventi di
efficienza energetica e di rinnovabili non abbiamo problemi a
collaborare con loro e fare accordi che vanno nella direzione verso cui
spingiamo”. Nessun imbarazzo, dunque, in Legambiente. Del resto Sorgenia
ha sempre garantito alla onlus laute sponsorizzazioni e tuttora ha in pegno il 14% delle azioni di Menowatt GE.
Ma i business di Legambiente non finiscono qui. La onlus possiede anche il 50% di Vivilitalia, una società che si occupa di turismo sostenibile, mentre il suo circolo Festambiente ha in portafoglio anche il 40% di Solaria, un’altra srl attiva nel settore delle rinnovabili. E’ stata invece chiusa Car Sharing Italia,
una srl per il noleggio di vetture ecologiche messa in liquidazione
dopo la perdita da 206mila euro registrata nel 2009. Da non dimenticare
poi l’Editoriale la Nuova Ecologia, la società cooperativa promossa da Legambiente per pubblicare la rivista dell’associazione.
Una onlus che fa impresa? Per gli esperti è vietato
Favorire
le leggi sugli incentivi alle fonti rinnovabili e poi sfruttare tali
incentivi per fare affari? Di certo c’è un problema di opportunità e di
potenziali conflitti di interesse. Ma non è tutto. Perché Legambiente è
una organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Può una onlus fare
impresa attraverso altre società, come Azzero CO2? No, secondo gli
esperti contattati da ilfattoquotidiano.it. Carlo Mazzini,
consulente sulla legislazione e sulla fiscalità degli enti no profit e
curatore del sito Quinonprofit, spiega: “Attraverso alcune circolari
l’Agenzia delle entrate ha stabilito in passato che una onlus non può
avere partecipazioni tali da poter gestire, dirigere e indicare gli
amministratori di una società, a meno che tale società non sia
un’impresa sociale che non distribuisce gli utili”. Una regola che è in
conflitto con la situazione di Legambiente e Azzero CO2, il cui statuto
addirittura dà diritto ai soci “che siano associazioni ambientaliste
riconosciute” di ricevere una percentuale maggiorata degli utili.
“La
ratio delle indicazioni dell’Agenzia delle entrate – continua Mazzini –
è che una onlus possa investire in società di capitali solo con finalità di risparmio,
ma senza avere partecipazioni di controllo. In modo da evitare che si
possa fare impresa con soldi che provengono da donazioni, e quindi da
una fiscalità agevolata”. Analoga l’opinione di Ugo Minneci,
docente di Diritto commerciale all’Università degli Studi di Milano:
“La onlus non si può trasformare in una sorta di capogruppo di società
di capitali, altrimenti finisce per tradire la sua vocazione. E rischia
di perdere lo stato di onlus e le conseguenti agevolazioni fiscali”.
Argomentazioni
a cui Zanchini replica così: “La partecipazione è divisa tra diversi
soggetti e noi non esprimiamo il controllo di Azzero CO2, perché il
controllo lo fa il management”. Ma se il management fa parte del vertice
di Legambiente? “L’accusa mi fa ridere – risponde il vice presidente
della onlus -. Mario Gamberale (amministratore delegato di Azzero CO2, ndr)
è un cittadino che decide di dare una mano a un’associazione
ambientalista e fa parte del suo consiglio direttivo, come alcune
centinaia di persone. Il management non dipende da noi. Come
Legambiente esprimiamo solo gli indirizzi di Azzero CO2 per quanto
riguarda le scelte sulle campagne e sulle iniziative che ci interessano.
E controlliamo che non vengano fatte cose che vanno contro le nostre
idee. Per esempio abbiamo posto il veto sulla realizzazione di impianti
fotovoltaici a terra”. Parole che di certo non negano la partecipazione
di Legambiente alla gestione della società.
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