Siamo in un quadro che muta molto rapidamente. E i poteri che stanno rifinendo la sala di controllo dell'Unione Europea non perdono tempo, nonostante l'elefantiaco incedere della politica economica “austera” imposta soprattutto da Berlino.
Non perde tempo neanche il giovane governo del giovanilistico Renzi, incaricato di fare di questo paese una riserva di caccia per il capitale internazionale, senza vincoli o“rigidità” che tutelino il lavoro, con un governo “decisionista”, senza welfare e tendenzialmente con uno Stato “debole”, per quanto dotato di forze dell'ordine – al contrario – “forti” e risolute contro la popolazione locale.
Tre notizie praticamente in contemporanea ci sembra gettino una luce vivida sul cambio di strategia adottato nei confronti dell'opposizione sociale e politica: il rinvio del vertice europeo di Torino dell'11 luglio, la raffica di sgomberi che sarebbe in preparazione verso tutte le occupazioni – abitative e non – attive sul territorio ed infine l'attacco frontale ai settori "stabili" del lavoro dove ancora esiste un sindacalismo conflittuale e non complice.
Difficile non vedervi un rovesciamento completo delle prassi fin qui adottate dal potere, esemplificabili in una sorta di “tolleranza selettiva” verso le occupazioni o i conflitti sociali, locali e non, estesa anche a manifestazioni da “tenere sotto controllo”, accompagnata però da una durissima repressione – sia in piazza che tramite denunce e arresti – in occasione degli “eventi” che punteggiano il calendario degli impegni internazionali del governo in carica. Insomma, si è andato avanti per anni, anche sotto i governi berlusconiani, tra un occhiuto “lasciar fare” e la sfida delle “zone rosse”, autentici specchietti dove attirare e far infrangere le allodole.
Renzi punta apertamente a rovesciare tutto: niente “eventi”, almeno per ora (perché forniscono una vetrina mediatica anche a soggetti contrari all'establishment, oscurando così l'effetto-spot dell'evento stesso), e sradicamento della presa sociale dell'antagonismo politico. Brutalmente: niente più occupazioni di lunga durata, niente più tira-e-molla tra gruppi antagonisti e amministrazioni locali, niente più “sanatorie” temporanee o stabili. In pratica, è la messa in mora della funzione della politica come mediazione tra bisogni sociali e potere, e il contemporaneo svanire dei “momenti memorabili” in cui ogni gruppo antagonista poteva far momentaneo sfoggio della propria soggettività.
Ci sembra inevitabile dunque aprire una riflessione collettiva e generale sul nuovo scenario, perché interroga sia le “pratiche” adottate fin qui dai settori di movimento più diversi, sia e soprattutto le prospettive politiche dell'antagonismo in Italia e in Europa. Radicare l'antagonismo politico costruendo il “nostro” blocco sociale è il compito che ci spetta. E non è mai stato risolto, nella storia, affidando al “calendario del nemico” il ruolo di catalizzatore dell'opposizione. Adesso ci sono sei mesi, quelli del controsemestre di lotta, per cercare di ricomporre e consolidare tutte le energie disponibili e quelle potenziali e fare fronte comune contro un regime autoritario e antipopolare, nazionale ed europeo.
Si comincia il 28 giugno.
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