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22/07/2014

Gli errori della leadership di Abbas

di Amira Hass – Haaretz
Traduzione di Amedeo Rossi


Lo shock e la paralisi del mondo politico hanno preso il sopravvento nell’Autorità Nazionale Palestinese e nell’OLP, alla luce della  perdurante aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza e l’enorme problema della sorte di un milione ottocentomila persone che vivono in quella piccola area. Condanne da parte dei portavoce dell’OLP e dell’Autorità Nazionale Palestinese, richieste di donare il sangue per Gaza e la formazione di un fondo governativo d’emergenza sono “manifestazioni di solidarietà” – come se i residenti a Gaza fossero un altro popolo. Non sono i passi di un gruppo dirigente il cui popolo si trova in un pericolo mortale.

La gente a Gaza e in Cisgiordania è sconcertata dal fatto che i principali dirigenti dell’OLP e dell’ANP – innanzitutto il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas, o almeno quelli più vicini a lui – non abbiamo fatto il primo ed ovvio passo di andare nella Striscia di Gaza quando il sanguinoso conflitto è scoppiato. Questo errore, dicono i critici, ha aiutato a far diventare il conflitto, agli occhi del mondo, uno scontro tra Hamas e Israele, e non come parte della politica di occupazione ed oppressione di tutto il popolo palestinese.

A livello organizzativo, il sanguinoso conflitto avrebbe richiesto un’immediata riunione del governo provvisorio di unità nazionale (che comprende membri del comitato esecutivo dell’OLP ed i dirigenti delle organizzazioni che non ne fanno parte, primi tra tutti Hamas e Jihad islamica). La formazione di questo esecutivo era stata accettata già nel lontano accordo di riconciliazione del Cairo nel 2005. Di fatto, la dirigenza unitaria avrebbe dovuto realizzarsi dopo l’accordo di Shati (l’accordo di aprile riguardante la formazione di un governo di riconciliazione diretto da Rami Hamdallah).

Il fatto che non sia stato fatto è un errore o una prova evidente che le intenzioni di Abbas fin dall’inizio non erano concentrate sul governo di coalizione. Abbas attribuisce una grande importanza ai negoziati con Israele e ai suoi rapporti con gli Stati Uniti, mentre è ormai chiaro a sempre più ampi ambienti nell’OLP e in Fatah che la necessità di costruire una dirigenza unitaria è prioritario rispetto ad ogni altra cosa.

Le condizioni [poste da] Hamas e Jihad islamica per il cessate il fuoco sembrano molto ragionevoli e moderate ai palestinesi, e tra questi anche a membri delle fazioni dell’OLP, compreso Fatah. Il segretario del comitato esecutivo dell’OLP, Yasser Abed Rabbo, lo ha detto apertamente. La richiesta di Hamas di farla finita con l’assedio mette in evidenza la mancanza di interesse della dirigenza di OLP e di Fatah nel lottare contro il blocco e la segregazione della Striscia di Gaza. Il coinvolgimento di Abbas nella fallita iniziativa egiziana per un cessate il fuoco, basata sulla “tregua senza condizioni” è ora considerata un’opportunità pericolosamente perduta, il cui pesante costo sono state più vite umane [perse]. Un altro prezzo molto alto è stato pagato presentando il presidente palestinese come un “mediatore” invece del leader di un popolo, approfondendo in questo modo le divisioni interne. I colloqui di Abbas negli ultimi giorni con i dirigenti di Hamas e della Jihad islamica sono arrivati troppo tardi e non hanno migliorato l’impressione negativa.

D’altra parte, i membri dell’OLP non vogliono uno scontro totale con l’Egitto o apparire coinvolti nelle sue questioni interne – cioè, che prendano posizione sulla repressione contro i Fratelli musulmani. Tradizionalmente, le fazioni dell’OLP sono sempre state sospettose nei confronti della Fratellanza musulmana, in quanto organizzazione politica sovranazionale che utilizza la religione. Fatah, in particolare, ha denunciato per anni che l’ideologia di Hamas e la sua politica di contrapposizione militare non sono motivate da un progetto nazionale, ma semmai da quello della Fratellanza.

La piccola componente di sinistra aborrisce il tipo di società a cui aspira Hamas. Ma nelle ultime settimane è risultato evidente che Hamas è stato capace di rappresentare una sfida più grande per Israele rispetto a quelle che ha dovuto affrontare da parte di qualunque altra organizzazione palestinese – e, per l’opinione pubblica palestinese, per ragioni giustificabili. Ciò ha colpito anche quelli che ne disprezzano il progetto politico-religioso, così come anche quelli che non sono accecati dalla fede nella lotta armata.

Gli errori nella condotta delle fazioni dell’OLP, compreso Fatah – soprattutto dallo scoppio di questa nuova carneficina – non sono un problema contingente e temporaneo. Piuttosto, mostrano errori continui, alcuni dei quali sono connessi con le caratteristiche del modo di comandare di Abbas. Negli scorsi anni ha cercato di minimizzare ogni processo democratico di consultazione e ogni decisione collegiale all’interno di Fatah, dell’OLP e dell’Autorità Nazionale Palestinese. Le fazioni politiche laiche, e tra queste Fatah, sono state messe fuori gioco in quanto irrilevanti, mentre Hamas e Jihad islamica sono stati progressivamente visti alla testa della lotta contro l’occupazione nel nome del popolo palestinese. Secondo alcune persone chiave delle fazioni politiche, ci deve essere un reale cambiamento nella qualità, nella linea di azione e nel discorso dell’OLP. Altrimenti si creerà un vuoto [di potere] che, nel migliore dei casi, verrà riempito dai gruppi del nazionalismo islamista, e nel peggiore determinerà il caos sociale, politico e del sistema di sicurezza.

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