A Bologna, sabato prossimo, si tornerà a discutere di imperialismo, o meglio degli “imperialismi” che si vanno contendendo il mondo “con ogni mezzo necessario”. Una discussione niente affatto rituale ma che proverà ad aggiornare un percorso avviato da tempo e che fa i conti con gli scenari con cui ci stiamo misurando e con cui ci dovremo misurare nei prossimi anni. Tredici anni fa a Roma, la Rete dei Comunisti organizzò un forum internazionale su “Il Piano inclinato del capitale”, un forum diventato un libro andato praticamente esaurito e che ha segnato uno dei momenti più alti di confronto ed elaborazione sull'imperialismo nel XXI Secolo. Un'iniziativa di livello che si assunse allora la responsabilità (confermata dai fatti) di “stroncare” le tesi sull'Impero di Negri e Hardt e di snebbiare le idee, allora dominanti, sulla seconda globalizzazione capitalista come orizzonte omogeneo sulle relazioni internazionali, opponendo alla cultura egemone nei movimenti altermondialisti la tesi della competizione globale tra i vali poli imperialisti come tendenza che si andava affermando. Da allora i rapporti mondiali sono cambiati profondamente e le tendenze sono spesso diventate la realtà con cui fare i conti. Non solo perché l’azione unilaterale dell’imperialismo Usa si è indebolita rispetto alla fase della guerra in Afghanistan e Iraq.
Dal 2008 il mondo capitalista avanzato ma “tradizionale”, quello con le caratteristiche dell'imperialismo, sta subendo tutte le contraddizioni della crisi irrisolta dagli anni '70 (una crisi di accumulazione) e della recessione, mentre altri soggetti sono cresciuti come peso economico e politico (i quattro Bric, ad esempio che nel 1992 pesavano per il 5,4% del Pil mondiale e oggi sono il 21%, mentre si fa largo anche l'ambizioso "polo islamico"). Tredici anni fa la costruzione del polo imperialista europeo intorno alla Unione Europea era una tendenza che oggi si è consolidata sotto gli occhi di tutti, con una esplicita leadership economica e militare di Germania e Francia e la nascita di una borghesia “europea”. L’escalation di trattati approvati a raffica dal settembre 2010, hanno via via costruito l’apparato di dominio della borghesia europea. La stessa crisi economica e poi gli attentati di Parigi ne sono diventati due fattori costituenti e costitutivi. Gli Usa devono lottare con ogni mezzo (dal quantitative easing all’avventurismo militare) per scongiurare l’incubo che li perseguita dagli anni ’90: la riduzione della loro egemonia globale e l’emersione di potenze rivali. Uno scenario che già nei primi anni del XXI Secolo era scritto nero su bianco nelle preoccupazioni dei firmatari del Pnac (Progetto per un Nuovo Secolo Americano) che spinsero gli Stati Uniti a scatenare la guerra in Afghanistan e Iraq per cercare di scongiurarlo.
Insomma sono molti i fattori economici e geopolitici che rendono il mondo di oggi preda della competizione globale tra “imperialismi” e tra questi e gli altri poli geoeconomici e geopolitici emergenti. Una realtà sicuramente complessa che le semplificazioni – spesso autoconsolatorie – non aiutano a capire e che invece richiede una attualizzazione e una verifica di analisi e tendenze. Non solo per avere una teoria che spieghi e sistematizzi tutti i fattori ma anche per farne derivare una azione politica che, come recita il manifesto di convocazione, “non lasci il mondo in mano agli apprendisti stregoni” che rischiano di portare la competizione alla guerra.
I lavori del forum su “Il piano inclinato degli imperialismi” inizieranno la mattina alle 10.00 alla sala consiliare dei Giardini Lorusso a Bologna e dureranno fino al pomeriggio. Sono previste sei relazioni di militanti e studiosi marxisti, non tutti aderenti alla Rete dei Comunisti ma con i quali da tempo c'è un proficuo rapporto di scambio e confronto: Mauro Casadio, Guglielmo Carchedi, Luciano Vasapollo, Francesco Piccioni, Giorgio Gattei, Sergio Cararo. Le relazioni saranno alternate ad interventi e contributi di altre realtà politiche e di movimento.
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