Dopo l’omicidio di Nemtsov (del quale continuo a credere che Putin non sia il mandante) in Russia è diventato tutto molto meno intellegibile. La polizia si è avventata sulla pista cecena, sbandierando la confessione del principale accusato, che, però, tre giorni dopo ha smentito tutto sostenendo di essere stato torturato. E, per la verità, un po’ tutta la ricostruzione dell’omicidio, in base alla pista cecena, non sta granché in piedi.
Anche perché, poi, il principale indiziato è un ex decorato di Putin per la lotta contro i separatisti. Per cui, se l’accusa fosse vera, si dovrebbe indagare, non verso gli islamici adirati per le dichiarazioni di Nemtsov su Charlie, ma verso gli ultranazionalisti che avrebbero voluto mandare un “avvertimento” a Putin ritenuto troppo debole sulla questione ucraina. Ma questo non quadra con molti altri aspetti della versione di polizia.
Mentre il pasticcio delle indagini si aggrovigliava su sé stesso, Putin spariva dalla circolazione per una settimana. C’è chi ha sostenuto avesse avuto un infarto, chi fosse ammalato di cancro, la più fantasiosa delle giustificazioni lo voleva in Svizzera, dove una sua amante stava per avere un bambino di cui sarebbe il padre. Può darsi che Putin sia un padre assai tenero, ma una settimana di assenza dal suo posto ci pare un po’ troppo. Anche perché poi, quando è ricomparso, tutti gli incontri ufficiali sono stati sbrigati molto rapidamente.
La cosa ricorda un po’ lo strappo alla schiena che Xi Jinping si sarebbe procurato nuotando un paio di mesi prima del congresso che lo incoronò.
Inaspettatamente, Putin è comparso in Tv per dire, senza che ci fosse alcuna apparente necessità di farlo, che, un anno fa, sarebbe stato pronto ad usare l’arma nucleare per difendere l’annessione della Crimea. Cosa passata incredibilmente come una qualsiasi notizia di cronaca, senza particolari reazioni da parte delle cancellerie europee e mondiali (è la prima volta del 1962 che un capo di Stato dichiara esplicitamente di essere stato sul punto di usare l’arma nucleare e non come ritorsione ad un analogo attacco, ma per primo).
Contemporaneamente, fonti giornalistiche americane ed israeliane hanno iniziato a parlare di un insolito movimento di truppe intorno al Cremlino ed hanno ipotizzato un colpo di stato in arrivo. Naturalmente, può trattarsi anche di balle giornalistiche, tanto per fare scoop (anche se questo è più credibile per gli americani che per gli israeliani che, nella attuale partita, sono più dalla parte dei russi che degli americani). Peraltro, non necessariamente il movimento di truppe deve essere inteso con la minaccia di un golpe, anzi, di solito, quando c’è un golpe, i movimenti di truppe si verificano nell’immediatezza del fatto, non una settimana o un mese prima. Semmai, questo farebbe pensare a movimenti lealisti a protezione del palazzo del governo da attentati o altro. Ed anche la sparizione di Putin potrebbe spiegarsi con motivi di sicurezza. Il che, però, confermerebbe lo stesso uno straordinario stato di tensione.
Le notizie sono frammentarie, contraddittorie ed incerte, soprattutto autorizzano chiavi di lettura diverse, per cui occorre attendere gli sviluppi. Ma tutto fa pensare che a Mosca non siano tempi normali quelli che si stanno vivendo in queste settimane. La sensazione è che, per la prima volta, Putin debba vedersela con un’opposizione molto pericolosa e non stiamo certo parlando di quella democratica che manifesta in piazza e che ha la nostra simpatia, ma realisticamente, ha pochissime carte da giocare. Parliamo di due possibili opposizioni, non necessariamente più numerose di quella appena citata, ma sicuramente ben più “pesanti”.
La prima è quella dei settori ultranazionalisti che pensano che occorrerebbe passare all’azione militare diretta in Ucraina, anche se, va detto, l’ultimo tentativo di riconquista del Donbass da parte di Kiev è miseramente fallito e la crisi potrebbe avere una fine senza bisogno di coinvolgere nel conflitto anche la Russia (e di riflesso gli occidentali). E’ realistico che questa ala possa avere simpatizzanti nell’esercito e non è da prendere sotto gamba, ma non è la più pericolosa in assoluto, perché c’è l’altra, quella del partito degli affari, in sofferenza per le sanzioni europee ed americane. La situazione finanziaria in Russia, anche quella delle principali imprese come Gazprom, è drammaticamente prossima ad un nuovo tracollo, forse peggiore di quello del 1998. E’ questa la chiave di lettura che dobbiamo avere per leggere le notizie che man mano ci vengono da Mosca.
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