C.L. - tratto da http://ilmanifesto.info/pc-spiati-renzi-fa-marcia-indietro/
Stop al libero accesso da parte dello stato ai nostri computer. La discussa norma del decreto antiterrorismo che assegnava ampi poteri di indagine alla polizia arrivando a permettere l’acquisizione da remoto di tutti i dati contenuti nei sistemi informatici è stata cancellata ieri dall’aula della Camera dove si sta discutendo il provvedimento. A denunciare l’anomalia era stato due giorni fa il deputato di Scelta civica Stefano Quintarelli, ma ieri un emendamento al testo presentato da Sel e votato a maggioranza ha cancellato definitivamente la norma, che adesso potrebbe finire col far parte del disegno di legge sulle intercettazioni. Ridotti anche i tempi di conservazione dei dati raccolti, fissati dal decreto in 24 mesi, accogliendo così i rilievi fatti nei giorni scorsi al testo dal Garante per la privacy Antonello Soro. Che ieri ha salutato con soddisfazione le decisioni dell’aula di Montecitorio. «Lo stralcio della norma sulle intercettazioni da remoto — ha commentato il Garante — consentirà un supplemento di riflessione quanto mai necessario quando sono in gioco libertà e protezione dei dati personali». Apprezzamento per la decisione è stato espresso anche dal commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks.
Tutto adesso è rinviato al disegno di legge sulle intercettazioni, che il governo vorrebbe approvare il più velocemente possibile e dove la norma incriminata potrebbe ritornare sotto forma di emendamento, come ha lasciato intendere ieri lo stesso premier Matteo Renzi.
Contrariamente a quanto previsto fino a due giorni fa dal decreto, però, le intercettazioni non potranno essere più indiscriminate e coinvolgere potenzialmente tutti i cittadini, bensì limitate ai soli soggetti sospettati di svolgere un’attività terroristica e comunque autorizzate da un magistrato. «Non si possono utilizzare le norme contro il terrorismo per spiare tutti e bypassare la doverosa tutela della privacy», ha commentato ieri il capogruppo di Sel alla Camera Arturo Scotto. «Evidentemente il ministro Alfano, che dimostra ancora una volta di essere inadeguato a ricoprire quel ruolo, è stato troppo occupato, e preoccupato, dalle vicende del suo partito per rendersi conto che quella norma era da regime totalitario».
Il decreto viaggia intanto velocemente verso la sua trasformazione in legge. Ieri le opposizioni hanno tagliato gran parte dei 250 emendamenti al testo, consentendo così all’aula di votare tutti i rimanenti entro sera e di arrivare al voto definitivo martedì prossimo. Esclusa a questo punto, il ricorso al voto di fiducia da parte del governo.
Tra le novità di ieri c’è il via libera — grazie a un emendamento presentato dal M5S — all’uso di droni per i controllo de territorio da parte delle forze dell’ordine. I droni potranno essere utilizzati per prevenire e contrastare reati ambientali, di criminalità organizzata e di natura terroristica sulla base di un decreto che ministero degli Interni., della Difesa e dei Trasporti dovranno varare entro 120 giorni dall’approvazione della legge.
Tutto il pacchetto anti-terrorismo avrà un costo complessivo ce si aggira intorno ai 950 milioni di euro, la maggior parte dei quali provenienti dal decreto missioni internazionali e da altre coperture specifiche. Tre milioni, — e non più 14 come previsto inizialmente — verranno invece presi dal fondo per le politiche di asilo dei migranti. 40 milioni di euro sono invece destinati all’operazione Mare sicuro, la missione anti terrorismo avviata nel Mediterraneo.
Specificata meglio, infine, la norma che colpisce i foreign fighter, coloro che decidono di arruolarsi nell’esercito dell’Isis, e quanti organizzano viaggi all’estero.
La norma prevedeva genericamente una reclusione tra i 5 e gli 8 anni di carcere, senza indicare lo scenario in cui viene commesso il reato. Due emendamenti identici di Sel e M5S precisano invece che si deve trattare di viaggi verso l’estero.
26 marzo 2015
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Antiterrorismo, se il genio italico si infila nei computer
Un emendamento che stravolgeva il testo originario votata in poche ore e di notte
Massimo Villone - tratto da http://ilmanifesto.info/antiterrorismo-se-il-genio-italico-si-infila-nei-computer/
Lo spione di Stato è approdato in Parlamento. Il fattaccio è accaduto nelle commissioni congiunte II e IV della Camera, che hanno approvato nella seduta del 19 marzo l’emendamento 2.100 del governo al disegno di legge AC 2893-A (conversione del cosiddetto decreto antiterrorismo). L’emendamento modificava l’art. 266-bis, co. 1, c.p.p. consentendo le intercettazioni «anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico». Non si tratta più di intercettare un dato o una comunicazione in transito o in corso di svolgimento. È spionaggio in senso proprio. Ogni computer, tablet, smartphone diventa un libro aperto. E non — si badi — solo per fatti di terrorismo, ma anche per un gran numero di reati che con il terrorismo nulla hanno a che fare. Spyware e phishing si coprono con la sacralità dell’interesse pubblico.
A Palazzo Chigi le pensano di notte. L’emendamento 2.100 arriva alle Commissioni nel corso della seduta — appunto, notturna — del 18 marzo 2015, iniziata alle 20.05. Accantonamento degli emendamenti all’art. 2, termine per i subemendamenti la mattina successiva, votazione nella seduta del 19 marzo iniziata alle 17.30. Sono respinti i — pochissimi — subemendamenti, tesi a limitare la portata del 2.100.
L’ineffabile viceministro Bubbico afferma che «si utilizzeranno tutti gli strumenti tecnici esistenti per rendere possibile la finalità perseguita dalla norma, vale a dire l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico». E rincara poi la dose, chiarendo che «non è possibile far sapere quali mezzi tecnici le forze dell’ordine useranno per perseguire i reati e contrastare il crimine, in quanto questo tipo di pubblicità vanificherebbe la loro azione» (Bollettino Commissioni, 19.03.2015, pag. 10).
Forse un governo meno arrogante avrebbe almeno avuto la cautela di far presentare l’emendamento da qualche innocuo peone di maggioranza, per non metterci troppo la faccia. Ma non questo governo, che non esita a dichiarare apertamente di voler spiare in segreto propri cittadini. E soprattutto colpisce che norme stravolgenti siano state approvate in poche ore, nella inconsapevolezza dei gruppi parlamentari, e senza alcun parere delle commissioni di merito.
La giustificazione, ovviamente, è nel fatto che si tratta di conversione di decreto legge, che deve giungere all’approvazione entro 60 giorni. Ma questo dimostra come abbia ragione la Corte costituzionale nella sent. 32/2014, in cui afferma sulla decretazione di urgenza che una «penetrante e incisiva riforma, coinvolgente delicate scelte di natura politica, giuridica e scientifica, avrebbe richiesto un adeguato dibattito parlamentare, possibile ove si fossero seguite le ordinarie procedure di formazione della legge, ex art. 72 Cost. … Nella misura in cui le Camere non rispettano la funzione tipica della legge di conversione … al fine di perseguire scopi ulteriori rispetto alla conversione del provvedimento del Governo, agiscono in una situazione di carenza di potere».
È esattamente quel che è accaduto. Di certo, la materia trattata nell’emendamento 2.100 era troppo delicata, importante e innovativa rispetto al testo originario per essere veicolata in un emendamento in sede di conversione, e per di più nottetempo. E abbiamo anche un assaggio di quel che può diventare il procedimento legislativo con il potere di ghigliottina permanente che la riforma costituzionale in itinere concede all’esecutivo, e la conseguente sempre possibile strozzatura dei tempi del lavoro parlamentare.
Il dubbio di incostituzionalità sull’emendamento si aggiunge ai molti già espressi dagli esperti nelle audizioni sul decreto. Mancato rispetto dei principi di determinatezza e di offensività, di necessità e proporzionalità, della riserva di giurisdizione.
Ora il testo è stato di nuovo emendato in aula ma la norma sullo spione di Stato, stralciata, potrebbe rientrare nel ddl intercettazioni, speriamo ridotta al solo terrorismo, al fondato sospetto che la specifica utenza informatica vi sia direttamente e attivamente coinvolta, e comunque su decisione del giudice. Se tornerà uguale a prima, potremmo consolarci con qualche paradosso. È in Senato l’AS 1627, già approvato dalla Camera, che introduce il reato di inquinamento processuale e depistaggio punito con la reclusione fino a 4 anni. Se fosse definitivamente approvato, quid juris se il nostro antivirus scoprisse e neutralizzasse lo spione di Stato? Dovremmo temere la galera? E se facessimo un hard reset dello smartphone o del tablet? Se formattassimo l’hard disk? Si aprono orizzonti di cui forse possiamo sorridere. Ma non è divertente l’idea che una mail ricevuta per errore o un dato occultamente e con malevola intenzione introdotto nel computer, possa dissolvere a nostra insaputa le difese contro l’invasione del potere pubblico.
Renzi ha ragione: esiste un genio italico, in specie governativo. Peccato sia volto al male.
26 marzo 2015
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