di Mario Lombardo
Un’accesissima
disputa tra due dei più potenti oligarchi che controllano l’economia e
la politica in Ucraina è sfociata mercoledì nel clamoroso licenziamento
del governatore della regione sud-orientale di Dnipropetrovsk, Ihor
Kolomoyskyi, da parte del presidente, Petro Poroshenko. I due oligarchi
in questione sono ovviamente gli stessi Kolomoyskyi e Poroshenko, il cui
scontro è causato da questioni politiche ed economiche, con possibili
gravi ripercussioni sul regime golpista di Kiev già in profonda crisi.
Al
centro del confronto tra i due imprenditori e politici ci sarebbe il
controllo di un paio di compagnie semi-pubbliche del settore energetico,
sulle quali Kolomoyskyi da tempo esercita la propria influenza
attraverso la scelta del management, nonostante possegga quote
minoritarie.
Nell’edificio di Kiev che ospita il quartier
generale di una delle due compagnie - Ukrnafta - domenica scorsa hanno
fatto irruzione uomini armati in tenuta militare, appartenenti
probabilmente alle milizie di volontari finanziate da Kolomoyskyi che
appoggiano le forze del regime nella repressione dei filo-russi nell’est
del paese.
Lo stesso governatore di Dnipropetrovsk è stato
avvistato nella sede di Ukrnafta a tarda ora e, come hanno spiegato i
media locali e internazionali, il blitz sarebbe avvenuto in risposta
alla decisione presa dal presidente Poroshenko di sostituire il numero
uno della compagnia petrolifera e del gas naturale.
Il tentativo
messo in atto da Kolomoyskyi per mantenere il controllo su Ukrnafta è
stato subito sventato dalle autorità di Kiev. Il ministro dell’Interno,
Arsen Avakov, lunedì ha rivolto al gruppo armato un ultimatum di 24 ore
per restituire il controllo della compagnia al governo, mentre
Poroshenko ha ordinato l’arresto degli uomini considerati al servizio
dell’oligarca rivale. Il presidente ucraino, infine, nella notte tra
martedì e mercoledì ha rimosso Kolomoyskyi dal proprio incarico di
governatore, apparentemente dopo un incontro con quest’ultimo a Kiev.
Kolomoyskyi
era considerato fino a poco tempo fa un fedelissimo di Poroshenko, dal
quale era stato scelto per guidare la principale regione industriale
dell’Ucraina. Dnipropetrovsk confina a est con l’autoproclamata
repubblica autonoma filo-russa di Donetsk e, nel pieno del conflitto tra
i “ribelli” e le forze di Kiev, il presidente aveva offerto la
posizione di governatore della regione a un importante oligarca in
cambio di un contributo militare sotto forma di finanziamento a milizie
private per evitare il contagio della rivolta.
L’offensiva di Poroshenko contro Kolomoyskyi, come ha scritto martedì il Moscow Times,
sarebbe volta a contrastare gli sforzi dell’ormai ex governatore per
“allargare la propria influenza a livello nazionale” e far sentire la
propria voce sulle questioni relative alla politica estera e alla difesa
dell’Ucraina.
Al posto di Kolomoyskyi è stato così installato
temporaneamente un uomo molto vicino a Poroshenko, il governatore della
regione confinante di Zaporizhia, Valentyn Reznichenko, già a capo di
un’agenzia governativa che si occupa di frequenze radiofoniche e legato
per motivi d’affari al capo di gabinetto del presidente.
La
rottura con Kolomoyskyi potrebbe avere ripercussioni negative per il
regime di Kiev, soprattutto a causa del possibile venir meno
dell’appoggio delle milizie controllate dall’oligarca licenziato. Il New York Times
ha ad esempio riportato la notizia che dalle strade della città di
Odessa, nel sud-est dell’Ucraina, sono sparite le milizie private che
avevano contribuito al “mantenimento dell’ordine”. Il governatore di
Odessa, Ihor Palytsia, sarebbe un alleato di Kolomoyskyi ed è stato un
dirigente della compagnia Ukrnafta.
Proprio attorno all’eccessivo
peso delle milizie armate si erano scontrati nei giorni scorsi
Poroshenko e Kolomoyskyi. Lunedì, il presidente aveva pubblicato sul
proprio sito web una dichiarazione nella quale esponeva la necessità di
“integrare verticalmente” nell’esercito regolare i gruppi paramilitari,
mentre in un precedente incontro con i giornalisti Kolomoyskyi aveva
sostenuto che, con un suo ordine, duemila uomini armati avrebbero potuto
arrivare a Kiev nel giro di poche ore.
Sempre Poroshenko aveva
inoltre tenuto un discorso di fronte ai vertici militari, promettendo
che ai governatori delle regioni ucraine non sarebbe stato permesso di
continuare a disporre di proprie milizie private.
Il confronto
tra i due oligarchi ha approfondito divisioni già evidenti da tempo nel
parlamento di Kiev (Verkhovna Rada) e nello stesso partito del
presidente. Il capo del Servizio di Sicurezza ucraino, Valentyn
Nalivaichenko, lunedì ha accusato i deputati alleati di Kolomoyskyi e i
membri della sua amministrazione a Dnipropetrovsk di proteggere gang
criminali responsabili di rapimenti, omicidi e contrabbando.
Parallelamente,
almeno cinque deputati fedeli a Kolomoyskyi hanno annunciato di volere
abbandonare il partito di Poroshenko. Uno di essi, secondo il sito web
d’informazione Vesti.ua, in una conferenza stampa avrebbe addirittura
definito il presidente come un “assassino di civili nella regione di
Donetsk”.
L’atteggiamento da tenere nei confronti delle regioni
filo-russe è stato un altro fronte della battaglia tra Poroshenko e
Kolomoyskyi. Alcune dichiarazioni relativamente concilianti di
quest’ultimo avevano in particolare suscitato apprensione a Kiev, dove
prevale decisamente la volontà di mantenere l’impegno militare contro le
forze “ribelli”.
In un’intervista rilasciata alla rete
televisiva di sua proprietà 1+1, Kolomoyskyi aveva definito le
autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk come “un fatto ormai
compiuto”, invitando perciò il governo ad aprire negoziati con i loro
leader.
L’agenzia di stampa ufficiale russa Itar-Tass ha
inoltre citato le dichiarazioni del vice-governatore di Dnipropetrovsk,
Gennady Korban, secondo il quale le autorità di Kiev avrebbero nascosto
il vero numero di vittime patito dalle forze armate ucraine nel corso
delle operazioni nel sud-est del paese contro i separatisti.
Un’analisi della stessa Itar-Tass
ha anche cercato di far luce sui legami inestricabili tra le questioni
economiche e politiche che alimentano lo scontro tra i due oligarchi
ucraini e la crescente instabilità del regime filo-occidentale.
Un’analista
dell’Istituto russo per i Problemi della Globalizzazione ha ad esempio
sostenuto che “Kolomoyskyi ha messo le mani non solo sulla principale
compagnia petrolifera e di gas naturale del paese, ma anche sulla più
importante rete di oleodotti e gasdotti”, così che i suoi interessi in
questo genere di business risultano “inseparabili dalla politica”.
Per
questa ragione, “la questione del potere è in cima alla lista delle
priorità” di Kolomoyskyi, il quale “può permettersi letteralmente di
comprare la maggioranza del parlamento” e ciò, di conseguenza, “potrebbe
portare al rovesciamento di Poroshenko”, magari “con l’aiuto di
massicce manifestazioni di protesta”.
Il pericolo rappresentato
da Kolomoyskyi per la sua influenza in un settore strategico come quello
energetico e la disponibilità di un vero e proprio esercito personale
privato hanno spinto dunque Poroshenko ad agire per annientare la
minaccia, rivelando però nel contempo il grado di esposizione
dell’Ucraina al volere di una manciata di oligarchi arricchitisi grazie
al saccheggio di beni e risorse dello stato.
Per la maggior parte
degli osservatori, Kolomoyskyi potrebbe alla fine desistere dai suoi
obiettivi, almeno per il momento, soprattutto perché il presidente
ucraino continua a godere del pieno sostegno dei padroni americani,
ufficializzato nei giorni scorsi in seguito a un incontro tra lo stesso
ex governatore e l’ambasciatore USA a Kiev, Geoffrey Pyatt.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento