di Chiara Cruciati – il Manifesto
Lo Stato Islamico rivendica
il massacro di venerdì a Sana’a, al Qaeda l’uccisione di 20 soldati a
sud del paese. Alle divisioni interne yemenite e alle interferenze
esterne, si potrebbe aggiungere una faida interna tra gruppi islamisti
rivali, con l’Isis pronto a scalzare al Qaeda, madre ripudiata dal
califfo. Ne abbiamo parlato con Sama’a Al-Hamdani, analista yemenita per
al-Monitor e diversi think thank internazionali e nota blogger.
Gli attacchi alle moschee sono stati rivendicati dall’Isis.
La presenza dello Stato Islamico in Yemen potrebbe condurre ad una
battaglia interna con al Qaeda, che nel paese ha la sua roccaforte?
Gli attacchi hanno avuto come target tre moschee sciite, due a Sana’a
e una a Sadah, ma l’attacco è stato fermato in tempo. La motivazione di
tali operazioni è politica: terrorizzare gli Houthi e i loro
sostenitori. Sarebbe un errore affermare che l’Isis nel paese ha già una
struttura radicata: chi ha agito venerdì potrebbe essere un gruppo che
si richiama al califfato. Partendo da questo elemento, è essenziale
notare che al Qaeda in Yemen non è un gruppo unico e granitico, ma è
formato da tanti piccoli gruppi riuniti sotto l’ombrello di Aqap (al
Qaeda nella Penisola Arabica). Se l’Isis riuscisse a guadagnare terreno
in Yemen, è possibile che alcune delle fazioni di Aqab si uniscano allo
Stato Islamico. Allo stesso tempo però ci sono gruppi qaedisti che
considerano quella dell’Isis una falsa Jihad, non riconoscono come
legittimo l’approccio del califfo. Per questo, come successo con altre
correnti islamiste in Medio Oriente, è probabile che la presenza dello
Stato Islamico sia fonte di scontro con al Qaeda.
Lo Yemen è oggi diviso in due, due governi e due autorità. Quali immagina essere i risultati di tale divisione?
Il paese finirà frammentato in tante piccole entità. A prima vista lo
Yemen appare diviso in due poteri opposti. Se la divisione si
radicherà, senza che nessuno dei due prevalga sull’altro, il conflitto
si spezzetterà perché in realtà la divisione non è solo tra due poteri
ben distinti: dietro esistono numerose altre fazioni etniche, religiose,
politiche. Se una figura nazionale forte non comparirà ad unificare il
paese, lo Yemen finirà diviso in ben più di due entità territoriali.
L’attuale situazione è anche il prodotto della “guerra
fredda” tra Arabia Saudita e Iran. Riyadh accusa gli Houthi di essere
sostenuti da Teheran, che a sua volta accusa i sauditi di controllare da
decenni le politiche yemenite. Qual è il ruolo dei poteri regionali nel
conflitto?
Gli Houthi godono dell’appoggio sia dell’Iran sia dell’ex presidente
Saleh, mentre l’Arabia Saudita supporta ogni potere che oggi si schieri
contro gli Houthi. Per Riyadh lo Yemen è il cortile di casa e ne
influenza il destino da anni. E oggi teme un capovolgimento dei ruoli:
uno Yemen alleato dell’Iran con cui condividere un confine.
Lo Yemen è un paese povero, la gente vive in miseria, priva
di reali diritti civili. L’Arabia Saudita ha da sempre controllato
Sana’a con gli aiuti finanziari, oggi interrotti perché la capitale è
occupata dagli Houthi. Questo può provocare un peggioramento delle
condizioni di vita della popolazione?
Lo Yemen non è solo un paese povero, ma è un paese dove la vita umana
non ha valore. La reale devastazione che questi attacchi provocheranno è
l’impossibilità di avere giustizia per i tanti innocenti uccisi. La
sicurezza interna non funziona né intende lavorare a favore del popolo.
Il sistema di giustizia è collassato. Gli yemeniti vivono grazie agli
aiuti esterni e il ritardo nell’arrivo di questi aiuti, legato ad una
strategia di isolamento del paese, va a colpire proprio la gente.
L’economia yemenita è ad un passo dal collasso totale, tutti hanno
ritirato i propri risparmi dalle banche, è un miracolo che ancora giri
del denaro contante. Una simile fonte di instabilità avrà un suo ruolo
nel conflitto.
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