Senza Soste non è mai stata tenera verso Giorgio Napolitano. Individuando i processi di ristrutturazione, economica e politica, a partire dai quali Napolitano si è comportato come se fosse a capo di una repubblica presidenziale. Fortunatamente siamo vicini alla scadenza di mandato e, con la prossima tornata elettorale, non si può mai dire chi sarà il successore e persino quale sarà il futuro assetto istituzionale del paese. Nonostante sia ormai vicino al trapasso politico, Napolitano non rinuncia però al suo ruolo di guardiano dell'ordoliberismo europeo. Da interpretare in modo rabbioso. Veniamo ai fatti: alla presentazione della legge di stabilità si è aperta una discussione tra le forze di maggioranza. Evidentemente la prossima scadenza elettorale è vissuta come una prova dell'ordalia e i tre partiti in calo di consensi (Pdl stimato ad oltre -20% , Udc in calo e Pd tra il 7 e l'8 per cento in meno rispetto alle ultime politiche) non possono presentarsi alle urne con una manovra di puro lacrime e sangue. Poi, ad elezioni avvenute, è un altro discorso. Il governo Monti ha cominciato così a vacillare, nei luoghi della politica reale non sui tg si intende, su diversi fronti: fisco, scuola, esodati. Puntualmente è arrivata la difesa rabbiosa dei tagli di Monti da parte di Giorgio Napolitano. E con un discorso dall'Olanda, una della nazioni più vicine all'ordoliberalismo tedesco egemone in Europa (poi ci sono ordoliberali puri di peso in Germania, come Stark, che pensano che in Europa non ci sia sufficiente "rigore". Ma gli integralisti si trovano ovunque).
Ma in nome di chi parla Napolitano, da chi veramente trae forza e legittimità per scagliarsi a favore di tagli profondi a questo modo?
Basta leggere uno dei rapporti Ecofin, il consiglio economico e finanziario della Ue, per trovare le stelle del firmamento ordoliberista a partire dalle quali si orienta Napolitano.
http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/11/st11/st11408-re01.it11.pdf
ci troviamo ad esempio il suggerimento di quel dispositivo presente nella legge di stabilità di Monti, fatto di aumento dell'Iva e diminuzione delle tasse, che penalizza concretamente più di metà paese. Oltre a tutte le politiche propagandate come "necessarie" nell'ultimo biennio.
Allo stesso tempo la Banca d'Italia, che delle "raccomandazioni" Ecofin è uno degli esecutori, ha fatto capire che la manovra Monti forse va raddoppiata. I motivi sono semplici da capire: la situazione europea è ancora grave (come ha ammesso Schauble su Der Spiegel) e l'Italia teme il commissariamento. Ma di cosa visto che la politica del governo nazionale è gerarchicamente subalterna alla governance europea? Monti ed i suoi, per non parlare di Napolitano, temono il commissariamento della discrezionalità politica del governo nel supportare il settore bancario nazionale. Non a caso la Banca d'Italia si schiera con il presidente. Dal governo italiano che si fa garante, verso i creditori, delle banche nazionali (uno dei primi atti del governo Monti), alla defiscalizzazione dei titoli inesigibili, al salvataggio senza contropartita del Monte dei Paschi, ai provvedimenti presi di concerto con l'Abi (il cui presidente, guarda caso, è in profondo conflitto con l'Fmi). Un commissariamento de jure di questo mondo sarebbe la fine del potere italiano reale, quello che governa il paese. Inoltre non è affatto da trascurare lo sforzo verso l'esterno di questo mondo: l'esposizione finanziaria italiana verso Fiscal Compact e SME mostra non solo subalternità all'"Europa" ma anche desiderio di protagonismo di vertici istituzionali e management bancario. E se la situazione europea, e mondiale, è tempestosa allora non c'è alcuna remora a proporre ulteriori tagli al paese a difesa di questo mondo. I partiti vengono trattati come quantità trascurabile.
Napolitano si scaglia quindi come una belva in difesa delle banche. Definire questo comportamento da tramonto di un liberale è poco. Si tratta di un cupio dissolvi che, assieme a sé, rischia di ingoiare un intero paese. Con il pareggio di bilancio raggiunto, s'intende.
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