Per la prima volta nella storia della repubblica, un presidente del
consiglio scioglie la sua riserva sul mandato successivo mentre si trova
all’estero, in lingua straniera e rispondendo a una conferenza stampa
americana. Il carico di rottura presente nei simboli conta, di questo
Mario Monti era perfettamente consapevole quando ha fatto sapere, dagli
Stati Uniti, di essere disponibile per un eventuale secondo incarico.
Specie quando si parla più a J.P. Morgan che agli eletti della camera
dei deputati.
Altro carico di rottura presente nel dibattito
istituzionale prima delle elezioni sta nella predeterminazione
possibile, prima ancora del risultato elettorale, sia del programma che
del presidente del consiglio. Nel ventennio precedente l’alternativa
tra centrodestra e centrosinistra, proprio perché non rappresentava un
salto apprezzabile nelle differenze sulle politiche economiche, il rito
pre-elettorale voleva che programma e presidenza del consiglio fossero
affidate alle scelte dell’elettorato. Oggi c’è un evidente tentativo
del mainstream mediale, e di buona parte del ceto politico e
imprenditoriale, di imporre un candidato premier, e quindi una
politica, a prescindere dal risultato elettorale. Il programma, a sua
volta, sarà elaborato tra Bruxelles, Berlino e le indicazioni dei
“mercati”.
In questo senso la terza repubblica, dopo la riforma
costituzionale del pareggio di bilancio e l’approvazione del fiscal
compact, pretende di cominciare con l’aspetto meno repubblicano di
sempre: l'esplicita messa tra parentesi della volontà popolare.
Proprio per questo Monti non parteciperà alle elezioni: non tanto perché senatore a vita ma proprio come candidato perché non
partecipante alla contesa elettorale. Una interpretazione del ruolo di
senatore a vita, da riconoscimento onorifico di un ruolo, tutta
orientata alla concezione del diritto di governare a causa della
provenienza di ceto non certo grazie al voto popolare. In questo modo
più che la costituzione repubblicana, Monti sembra interpretare lo
statuto albertino che, non dimentichiamo, è stato la carta
costituzionale vigente in Italia nel periodo della prima
globalizzazione.
Ma è solo con la prova dell'ordalìa elettorale del
2013 che i progetti di una terza repubblica neonotabilare, in cui il
voto diviene un tema trascurabile, possono trovare sbocco. Vedremo
cosa accadrà, all’indomani delle elezioni, quando i conti a Pd-Udc-Pdl,
attualmente al governo, sicuramente non torneranno.
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