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11/10/2012

Venezuela: un’analisi a caldo sulle elezioni presidenziali

Abbiamo chiesto ad Angelo Zaccaria, autore del volume “La Revolucion Bonita: viaggio a tappe nel Venezuela di Hugo Chavez” (edizioni Colibrì, Milano- 2011, qui l’audio della presentazione organizzata da noi alcuni mesi fa) e serio conoscitore di America Latina, una prima analisi del voto in Venezuela del 7 ottobre scorso. Buona lettura!

Cominciamo dai numeri.
Corpo elettorale, cioè persone iscritte al registro elettorale: 18.903.937. Numero di persone che hanno votato realmente: 15.007.927. Partecipazione al voto del 80,67 % (la più alta mai avuta in una elezione venezuelana dalla prima vittoria di Chavez alle presidenziali del 1998).

Voti per Chavez: 8.135.192 (55,25 %).
Voti per Henrique Capriles Radonski: principale candidato della opposizione: 6.498.776 (44,14 %).
Altri 4 candidati raccolgono in totale meno dello 0,6 %.

Il tutto con poco più del 98 % degli atti elettorali già scrutinati, cioè si tratta di dati quasi definitivi. Il candidato sconfitto Capriles ha riconosciuto subito i risultati e non ci son state denunce significative di brogli o frodi. Prima di addentrarci in qualche valutazione facciamo un  confronto con le precedenti elezioni presidenziali del Dicembre 2006. Comparazioni con altre elezioni di tipo diverso ( governatori degli stati o sindaci) van fatte con le pinze perché in genere mettono in moto dinamiche e livelli di partecipazione diversi, ma possono darci lo stesso indicazioni su certe tendenze.Alle elezioni presidenziali del Dicembre 2006 il corpo elettorale era di 15.784.777, cioè oltre tre milioni di elettori in meno rispetto a queste ultime elezioni. Questo aumento del corpo elettorale è anche frutto delle encomiabili politiche del governo, ed in particolare della concessione della cittadinanza a molti immigrati da paesi dell’area (Colombia e Perù in primis), e dalle campagne per incentivare l’iscrizione al registro elettorale da parte di quanti non erano iscritti e quindi non potevano votare.

Questi i risultati delle precedenti elezioni presidenziali del Dicembre 2006:

Chavez: 7.300.988 voti (62,84%)
Manuel Rosales (principale candidato di opposizione): 4.287.467 voti (36,9%).
Totale voti validi: 11.617.045.
Voti nulli: 160.081.
Livello di partecipazione elettorale: 74,06%.
Astensione al 25.94%.

Possiamo ora azzardare qualche valutazione. Queste elezioni hanno visto la massiccia mobilitazione di entrambi i blocchi elettorali nei quali si divide il paese,  come conferma l’alta partecipazione al voto. Chavez conferma che, nonostante i problemi di salute, peraltro apparentemente superati nel corso di tutta la campagna elettorale, e nonostante i vari problemi che ancora affliggono il paese, continua a godere di un consenso maggioritario.

Ma c’è un altro dato molto importante: la maggior parte dei voti di quei tre milioni e passa che si son aggiunti in questa contesa elettorale, sono andati a Capriles, che rispetto alle elezioni presidenziali del 2006 prende oltre due milioni e duecentomila voti in più di quelli di Rosales, mentre Chavez ne prende “solo” 835.000 circa. Queste elezioni confermano quindi una tendenza lenta ma costante che vede da diversi anni l’opposizione anti-chavista rafforzarsi rispetto al governo bolivariano. Tendenza peraltro già vista in atto con le elezioni dei governatori degli stati nel Novembre 2008, dove gli stati governati dall’opposizione passano da 2 a 5, e quest’ultima vinse anche le elezioni per il sindaco della grande Caracas, ed anche nelle elezioni per il parlamento del Settembre 2010, dove pur considerando una percentuale di astensione del 32  % circa, i voti del blocco chavista e quelli del peraltro eterogeneo principale blocco di opposizione, praticamente quasi si equivalsero: circa 5.300.000 voti per ogni blocco con leggera prevalenza chavista.

Concludendo. I problemi ancora aperti nel paese, che nonostante i grandissimi progressi fatti con Chavez, soprattutto in campo educativo, sanitario, alimentare ed abitativo, resta ancora afflitto da elevati livelli di corruzione, problemi di inefficienza e mancanza di coordinamento in parte delle politiche governative, livelli elevati di criminalità ed insicurezza etc, aggiunti ai 14 anni di potere ininterrotto, stanno producendo meccanismi di parziale logoramento del governo. Inoltre resta irrisolto il tema della costruzione di una leadership meno personalizzata e più collettiva, reso evidente soprattutto dopo la malattia di Chavez, ed il connesso problema della persistente divaricazione fra la grande stima e amore di cui gode Chavez da parte della sua base, che vuol dire una parte importante dei poveri e dei lavoratori del Venezuela, ed un certo scetticismo e discredito che continua invece a circondare parte della sua classe dirigente, politica ed amministrativa.

In Venezuela dopo un appuntamento elettorale si suole da parte del governo fare autocritica sul passato e promettere rettifiche e cambiamenti. Anche stavolta lo si è fatto, ed il futuro del paese, la possibilità di invertire la lenta tendenza dell’antichavismo a rafforzarsi, dipenderà anche da quale seguito si darà a questi propositi. Inoltre non è difficile immaginare che i conflitti e le polemiche fra le varie ali e correnti del blocco Chavista, permarranno e forse si aggraveranno. Non è escluso che questo voto rafforzi la parte più moderata del chavismo. Una parte importante dei movimenti di base chavisti pensa che i problemi del processo si risolvono approfondendolo e radicalizzandolo, verso la costruzione di forme di società e di economia totalmente alternative al capitalismo, ma alternative anche a quella sorta di sistema misto, che ammette l’economia di mercato ma nel contempo promuove politiche sociali avanzate, un crescente ruolo economico dello stato ed embrioni di democrazia partecipativa e potere popolare, esistente tuttora in Venezuela.

Su questo la polemica della sinistra bolivariana contro la parte più moderata (ed a loro dire corrotta) del campo chavista, è molto forte.
Io mi limito solo a dire che quella svolta radicale a sinistra che non c’è stata nel momento di massima forza del governo, penso sia problematico e non così scontato che avvenga ora. Più probabile che prevalga invece la scelta di procedere senza fare grosse forzature, e tuttalpiù migliorare le politiche pubbliche sul piano dell’efficienza e del coordinamento.

Una valutazione più approfondita la rimanderei a quando dal Venezuela o da altre parti, ci arriveranno analisi più a freddo e dettagliate su queste elezioni presidenziali, ed in particolare sulla dinamica dei flussi elettorali e su come han giocato alcune variabili relative alle nuove fasce di elettorato, per esempio giovani ed immigrati naturalizzati.

Dulcis in fundo. Un saluto finale alla grande informazione stampata e televisiva europea ed italiana, che invece di fronte a tutto questo quadro complesso, ripropone letture superficiali e faziose incentrate sul “dittatore” Chavez o nel migliore dei casi sul “caudillo rosso dei Caraibi”. Una dittatura molto strana visto che, come ricordava di recente Paco Ignacio Taibo II si Radio Popolare, in 14 anni Chavez si è sottoposto a 15 appuntamenti elettorali incluso uno nel quale ha perso. Una dittatura più che strana dove non solo le elezioni avvengono, il che già non dovrebbe, ma addirittura come in questo ultimo caso il competitore del “dittatore” non solo prende quasi il 45 % dei voti, ma riconosce subito la sua sconfitta e la regolarità del processo elettorale.

Ma si sa, come ricordava qualcuno, l’Italia sa essere un paese anche feroce ma mai serio.

Angelo Zaccaria
Milano, 10 ottobre 2012

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