Il 9 ottobre a Siena si tiene un'importante assemblea al Monte Paschi di Siena in cui il presidente Profumo
dovrebbe chiedere i pieni poteri sulla banca. Il MoVimento 5 Stelle
sarà presente. Io mi troverò in viaggio per la Sicilia e non potrò
quindi partecipare, ma non mancherò alla prossima assemblea. Il MPS è un
mistero (?) gioioso. La crisi di una banca tra le più solide del mondo
con mezzo millennio di vita nessuno. Dopo 5 anni, nessuno ha ancora
spiegato le ragioni dell'acquisto della banca Antonveneta per dieci miliardi quando ne valeva tre. Qualcuno ha fatto la cresta? Ci sono delle indagini in corso? Dei responsabili? Pubblico un articolo (*), sempre attuale, di Mauro Aurigi, organizer del Meetup di Siena, che spiega la "scellerata operazione".
"Alla vigilia dell’Assemblea del Monte sul bilancio 2010 e di quella per
l’aumento di capitale, è opportuno ricordare cosa è stato l’ “affare”
Antonveneta. Cinque miliardi (o forse sette) buttati al vento. Nel
settembre del 2007, alla fine di una caldissima vertenza, la grande
multinazionale spagnola Banco Santander entra in
possesso della banca padovana al costo di 6,6 miliardi di euro. Ma gli
spagnoli si accorgono di non avere fatto un buon affare: stando alla
stampa l’Antonveneta ha perso clientela (-35%), perde
depositi (-3,2%), perde il capitale netto consolidato (-4,1%) e perde
nel conto economico (6 milioni). Così scorporano dal suo patrimonio
l’ottima partecipazione Interbanca (1,6 miliardi) e cercano se possibile
un pollo. Tre o quattro mesi dopo lo trovano nel Monte dei Paschi, il
quale poteva bene opporre al Santander il seguente ragionamento: "Ti
libero da quel peso per 3 miliardi, che è il suo valore reale, e ti
faccio un piacere … no? … allora per 5 miliardi, che è quanto l’hai
pagata al netto dell’Interbanca, non un euro di più … neanche così? … va
bene, mi voglio rovinare, ci rimetto, ma mi rafforzo nel Nord est e per
questo faccio un sacrificio: ecco qua 6 miliardi che è molto più di
quanto l’hai pagata … non puoi pretendere di più … tu non puoi
pretendere che ti trasformi una perdita in un guadagno e io non posso
fare la figura del rincoglionito davanti al mondo …non ti va bene? …
allora cercati un altro pollo".
E invece no. Nel giro di un solo
giorno, dice la stampa, il Monte decide di fare una figura ben
peggiore: travolto da un raptus di folle “generosità” che non
ha precedenti nella storia economica mondiale, si impegna non per 6 e
neanche 7 e neanche 8 e neanche per 9, ma per ben 10 miliardi di euro
(ossia 20.000 miliardi di lire!) per rilevare un'impresa che a 5
miliardi era giù un pessimo affare. Al Santander esultano: in soli tre
mesi da quel pessimo affare hanno guadagnato 5 miliardi (rendimento:
100% in un trimestre, il 400% su base annua!). Antonveneta tornata
italiana? No, sono 10 miliardi italiani che vanno all’estero!
Incredibilmente si esulta anche al Monte, in Città e nel Paese: come se
fossimo ancora in pieno ventennio fascista, i corifei – istituzioni,
politici, sindacati, associazioni economiche, la stampa locale e
nazionale, la solita clientela e anche Forza Italia senese, che così
passa dalla mancata opposizione al sostegno convinto e entusiasta della
maggioranza – innalzano peana di ammirazione per la brillante operazione
del Mussari. Grandi giornali accreditati che si
congratulano per il ritorno in Italia di una banca che dall’Italia non
si era mai mossa, e che tacciono sul fatto che invece dall’Italia se ne
vanno davvero 10 italianissimi miliardi! Tutti sembrano convinti che il
Monte e l’Italia si siano improvvisamente arricchiti di 10 miliardi.
Incredibile. Eppure l’operazione è scellerata sotto ogni punto di vista.
All’epoca il Monte valeva 9 miliardi. Ciononostante compra una banca
grande la metà (1.000 sportelli contro i propri 2.000) per giunta dalla
salute assai precaria, e la paga una cifra superiore al proprio valore.
Anzi non la paga perché in cassa non c’è una lira. Mia
madre, casalinga classe 1910, terza elementare, avrebbe capito al volo
che queste cose non si fanno, anche ad avere i soldi necessari. Ma non
l’ha capito il Mussari che invece è un laureato dei nostri tempi e che
da un bel po’ appare sulle pagine economiche di mezzo mondo. Inutile
aspettarsi reazioni dagli altri amministratori o da quelli della
Fondazione, tutti tenuti strettamente al guinzaglio.
Ma là dove il
gioco del danaro si fa duro, là dove nessuno è disposto a sprecare fiato
e denaro per i begli occhi del Mussari o del Monte dei Paschi, là dove
si sa che i 10 miliardi bisogna pur pagarli e che non è un'impresa da
poco per un Monte che ne vale solo altrettanti, là dove si sa che
bisognerà vendere un’enorme quantità di cespiti attivi procurando così
un forte indebolimento della struttura patrimoniale e che bisognerà
lanciare uno spropositato aumento di capitale
(operazioni concomitanti, per giunta, con una crisi spaventosa del
mercato immobiliare e mobiliare), là tira tutta un’altra aria. Il
giorno dopo l'improvvisa e del tutto inattesa notizia dell'operazione i
mercati internazionali approvano l'azione di alleggerimento del
Santander premiandolo con un balzo in borsa di oltre il 14%, e puniscono
il Monte con un rovescio di oltre il 10%. Le società di valutazione
fanno il resto. Alla faccia dei corifei in adorazione, compreso
l’onorevole Ceccuzzi che ha capito così bene come stanno le cose che
ancora oggi inneggia a quell’eccezionale successo (e pensare che rischia
di fare il sindaco a Siena per i prossimi 5 anni). Il Monte indebitato
(per la prima volta nella sua storia), la Fondazione dissanguata.
Mussari si impegnò a comprare per 10 miliardi una banca che per sua
stessa ammissione ufficiale (Documento informativo alla Bankit del
15.6.2008) ne valeva 3, senza avere una lira in cassa: l’antica cultura della cautela
che aveva permesso al Monte, unica banca al mondo, di sopravvivere per
oltre mezzo millennio, massacrata. Neanche 20 anni fa era la banca più
solida d’Europa e la più liquida d’Italia – qualcosa come 4 o 5 miliardi
di euro ai valori di oggi – la massima finanziatrice dell’interbancario
(tutte le banche, anche le massime, ricorrevano ai suoi finanziamenti).
Ora a poco più di 15 anni dalla privatizzazione e dopo la cura della
sedicente sinistra che ne ha assunto il controllo, non c’è più una lira
e, dice la stampa, “MPS è tra le banche peggio capitalizzate in Europa”.
Ha dovuto indebitarsi pesantemente (il Monte che per la prima volta
nella sua storia si indebita!). Hanno sbandierato i risultati degli
ultimi anni, ma si trattava per lo più utili inesistenti o virtuali
(prelevamenti dalla riserve, cartolarizzazioni, plusvalenze da
alienazioni di cespiti accumulati quando la banca era pubblica, ecc.),
comunque subito distribuiti per foraggiare gli azionisti privati e le
operazioni ben “selezionate” della Fondazione. Quella casalinga
con la terza elementare di mia madre, quando aveva in programma un
investimento tesaurizzava ogni centesimo per anni se necessario,
accumulava non scialacquava. Il mistero di quei 5 miliardi, forse 7,
pagati inspiegabilmente in più ora pesa sul futuro del Monte (e di
Siena) come un macigno. Sembra di rivedere una pellicola già vista:
quella della Banca 121. Solo che quella fu un’operazione (neanche 1,3
miliardi di euro spesi per “niente”) da dilettanti rispetto a
questa. Senza contare che la Fondazione si sta dissanguando per
partecipare agli aumenti di capitale, rischiando anche di scendere sotto
la quota di controllo (ma che bel risultato: la Banca senese dopo 539
anni finalmente fuori dal controllo della sua città!). Dopo l' "affare"
Banca 121, questo potrebbe alla lunga manifestarsi come il colpo di
grazia. Perché non c’è speranza: ai generali che hanno perso la guerra
non gli si riaffida l’esercito, ma qui coloro che si sono resi
responsabili di simili scelleratezze sono ancora in sella, anzi fanno
carriera con retribuzioni da capogiro, mentre, cosa più drammatica di
ogni altra, non una sola voce si è alzata per mandarli a casa.
No, non c’è speranza." Mauro Aurigi
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