Una furbata all'italiana che non porta da nessuna parte. La “Carta d'intenti”
formata da Bersani, Vendola e tale Nencini è il solito listone di
ovvietà democratiche, buoni sentimenti di centrosinistra, condito di
libertà civili da implementare e generose promesse per il futuro
post-elettorale.
Tranquillo, tranquillizzante e utile solo a raccattare qualche voto in più “a sinistra”.
E'
stato sottolineato da tutti i commentatori come manchi qualsiasi
riferimento all'”agenda di Monti”. Tanto è bastato perché Bersani si
precipitasse a ricordare che “Monti l'abbiamo voluto noi” e perché
Vendola rivendicasse l'amnesia parlando di un accordo per il “dopo
Monti”.
Lo
diciamo con molta serenità: in entrambi i casi si tratta di
un'esibizione tardiva della antichissima “doppiezza” togliattiana, con
tutto il rispetto per Togliatti. Fuori tempo massimo e con ben più
modesti obiettivi, naturalmente.
Bersani
deve “tranquillizzare” a destra (o al centro? e qual'è ormai la
differenza, dopo la scomparsa del totem Berlusconi?) e Vendola a
sinistra. Tutto qui. Il primo deve far capire, dicendo e sottacendo, che
le “conquiste del montismo” non saranno sfiorate se questa coalizione
dovesse andare a palazzo Chigi. Il secondo deve gridare che invece
cambierà tutto. Altrimenti perché bisognerebbe votarlo?
Tutti
sappiamo che “il montismo” non è altro che la manifestazione corporea
del comando della troika (Bce, Ue, Fmi), l'interfaccia reale tra un
grumo di disposizioni tassative e un corpo sociale da stravolgere. L'invasione
realizzata quasi un anno fa non era un'operazione di breve durata, ma
l'instaurazione di un diverso ordine. Non era e non è un segreto. Il
ministro Grilli dice l'unica verità che esce dalla sua bocca quando
racconta che - all'estero - gli viene rivolta una sola domanda: “cosa
accadrà in Italia dopo le elezioni?”. E l'unica risposta, che anche
Bersani e Vendola mandano ai “mercati”, è: “non succederà nulla o
quasi”.
Ma nel
discorso politico-elettorale interno questo non può esser detto.
Lavoratori, pensionati, precari, disoccupati, esodati, famiglie, stanno
scoprendo che il loro standard di vita viene compresso ogni settimana un
po' di più. L'ultima presa in giro - “vi caliamo di un punto l'Irpef,
vi aumentiamo tutto il resto” - comincia a esser compresa nei suoi
aspetti concreti, anche se bisognerà aspettare qualche mese per
quantificarla empiricamente davanti alla cassa del supermercato o quando
arriveranno i conguagli fiscali, a luglio 2013.
Come
si possono chiedere voti senza promettere di cambiare almeno qualcosa?
Persino il Pdl e la Lega gridano che rovesceranno tutti i tavoli, se per
caso dovessero rimetter piedi in qualche stanza che conta. Solo Casini
resta fermo a “Monti, con Monti, per Monti, per sempre”. Ma a lui i voti
li porta il Vaticano...
Quindi
non resta che mettere in scena un carrozzone – oddio, una
“carrozzella”, visto il peso elettorale del Psi di Nencini – fatto di
promesse, facendo finta che Monti sia stato una “parentesi” invece che
la sostanza duratura del “nuovo ordine”.
È
un giochino che può saltare presto, comunque. Alcuni movimenti hanno
cominciato scaldare l'autunno. Persino la Cgil è stata costretta a
buttar lì una manifestazione nazionale pur di rinviare ancora la
semplice minaccia di uno sciopero generale.
Dar
vita, spazio e prospettiva al conflitto sociale è la nostra scommessa.
Se nulla si muove, i giochini tra primarie ed elezioni possono ambire a
sostituire la rappresentanza politica con la rappresentazione della
“diversità”. Se il conflitto prende il centro della scena, i teatranti
possono accomodarsi altrove.
Ci vediamo in piazza il 27 ottobre, per dar volto e sostanza a un'altra dinamica politica.
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