La maionese è impazzita. Ogni tentativo della “classe politica” di piazzare al Quirinale qualcuno che sembri – almeno sembri – espressione della propria esistenza in vita si infrange sulla sua stessa inconsistenza.
In poche ore viene spiegazzata e accantonata “la seconda carica dello Stato”, regalata quattro anni fa a una avvocata di Berlusconi senza altre qualità politiche conosciute.
Il vortice di telefonate e incontri fa scaturire “una donna in gamba”, che tutti identificano in Elisabetta Belloni, attualmente capa dei servizi segreti. Gli intrattenitori televisivi e cartacei si arrampicano sugli specchi per minimizzare lo sfregio devastante alla democrazia parlamentare borghese.
Una Gruber più querula del solito arriva a dire che “è capo dei servizi da soli sette mesi”, come se stesse facendo l’apprendistato e quindi non fosse davvero una delle personalità più preoccupanti e temibili in ambito “democratico”.
Per sommo paradosso si scopre in pochi minuti che la proposta arriva dai “sovranisti” Salvini e Conte (ma non da Di Maio). E uno si ritrova a chiedersi che cazzo di “sovranista” (ossia nazionalista) possa mai essere chi candida il capo dei servizi segreti italiani: una succursale purulenta della Cia, fin dal 1945; al centro di ogni tentativo di golpe, stragi (da Portella delle Ginestre a Piazza Fontana, da quelle sui treni alla Stazione di Bologna), depistaggi e rapimenti.
Praticamente sarebbe l’ufficializzazione che lo Stato italiano è una dependance della Casa Bianca. Uno sbilanciamento un po’ eccessivo, anche per chi ribadisce ogni giorno che serve una personalità “euro-atlantica” per mantenere l’equilibrio tra le due servitù.
A sbraitare contro si alza nientepopodimeno che Matteo Renzi – terminale recente della più antica massoneria, detto anche “l’uomo che sussurrava ai servizi” (Marco Mancini) nel retro di un autogrill – tirando fuori tutti gli argomenti istituzionali che renderebbero uno scandalo una simile elezione. Argomenti giusti per il motivo sbagliato, probabilmente. L’ala dei “servizi” rappresentata dalla Belloni dev’essere diversa da quella che piace all’altro Matteo.
Si agita sulla stessa onda anche la truppa berlusconiana, rompendo la sbandierata “unità del centrodestra”. E in sintonia si muove quell’ameba servile chiamata PD, che in aula si era data da fare per riproporre Mattarella (segno certo che non si possono neanche immaginare soluzioni diverse dalla diarchia “Draghi o un suo avatar”).
La soluzione immaginata da qualche “creativo della comunicazione” (“nominiamo una donna per la prima volta”), in modo da superare tutti i veti e dare l’impressione di una “novità positiva” (a gestirla avrebbero poi pensato i queruli e le querule della redazioni) si sgonfia, lasciando più macerie di prima.
Lo spappolamento delle istituzioni e del ceto politico avanza di un altro grado. Mentre le polizie manganellano tutti i giorni gli studenti, cercando di convincerli che il loro destino è da schiavi sui posti di lavoro, senza nulla a pretendere.
Sullo sfondo, paziente, attende il Drago del Britannia.
Fonte
29/01/2022
Il forno del Quirinale brucia anche “i servizi”
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