La caccia alla “quinta colonna interna”, opzione alla quale ricorrono tutti i regimi autoritari, sta dilagando in questi giorni proprio in quell’Ucraina che la Nato e l’occidente sta armando e sostenendo.
A fare le spese di questa campagna di repressione “russofoba” sono esponenti politici e partiti dell’opposizione al governo Zelenski.
È da novembre che il presidente ucraino Zelenski evoca un complotto filo-russo per deporlo. Tra i possibili partecipanti al complotto, il leader ucraino all’epoca aveva citato anche uno dei più noti oligarchi del paese, Rinat Akhmetov, suo ex alleato e ora suo acceso avversario.
Ma anche osservatori non certo filorussi sottolineavano come questo allarme fosse un tentativo di giocare in anticipo sugli avversari politici a causa delle difficoltà di consensi dello stesso Zelenski.
Ma a fiancheggiare le epurazioni e la repressione statale sono anche i servizi di intelligence di alcuni paesi della Nato, come la Gran Bretagna.
La manipolazione mediatica costruita a tavolino e ripetuta in modo vergognoso dai mass media occidentali – ormai embedded oltre ogni decenza deontologica – è che i partiti dell’opposizione starebbero lavorando ad un colpo di stato per instaurare un governo filo-russo.
Un minimo di senso della verità dovrebbe rammentare che anche l’attuale governo ucraino è l’eredità di un governo nato da un colpo di stato filo-occidentale che depose nel 2014 il presidente Yanukovic. Non a caso, i primi partiti ad essere messi fuorilegge nel 2015 – dal governo nato dal golpe che impose come presidente Poroshenko – furono quelli comunisti.
L’esclusione dei comunisti dalla vita politica del paese venne annunciata dall’allora ministro della Giustizia, Pavlo Petrenko, che firmò tre decreti per bandire i tre partiti di matrice comunista: il Partito Comunista d’Ucraina (la principale forza politica di sinistra), il Partito Comunista Rinnovato e il Partito Comunista dei Lavoratori e dei Contadini. I comunisti fecero ricorso contro il decreto di scioglimento, ma a maggio 2017 la messa fuorilegge divenne effettiva.
Nel clima di guerra e tensioni di queste settimane, il governo Zelenski, apertamente sobillato da ambienti Nato, sta procedendo alla criminalizzazione delle altre forze dell’opposizione accusandole di fatto tutte di essere una quinta colonna russa.
Nel mirino è finito in modo particolare l’ex deputato ucraino Yevhen Murayev, che la Gran Bretagna ha accusato di essere al centro di un complotto di Mosca per rovesciare l’attuale governo di Kiev, sostituendolo con un esecutivo filorusso.
Oltre a Murayev, il ministero degli Esteri britannico ha citato altri quattro politici ucraini, accusati di avere stretti legami con i servizi segreti russi. Si tratta di Serhiy Arbuzov, primo ministro ucraino dal 2012 al 2014; di Andriy Kluyev, ex capo dello staff dell’ex presidente Yanukovich; Vladimir Sivkovich, ex capo del Consiglio Nazionale per la Sicurezza e la Difesa dell’Ucraina; di Mykola Azarov, che era stato ministro tra il 2010 e il 2014.
Quest’ultimo, dopo il colpo di stato filo-occidentale del 2014, si era rifugiato in Russia dove aveva cercato di costruire un governo ucraino in esilio.
All’Ucraina “servono nuovi leader” aveva dichiarato nei giorni scorsi Murayev spiegando che “l’Ucraina ha bisogno di nuovi politici, la cui politica sarà basata sugli interessi nazionali dell’Ucraina e del suo popolo. Il tempo dei politici filo-occidentali e filo-russi in Ucraina è passato irreversibilmente. La sconfitta di politici come Poroshenko e Medvedchuk ne è una chiara conferma. Le loro azioni hanno causato perdite irreparabili al paese e hanno diviso il popolo ucraino”.
Murayev inoltre non sembra affatto avere rapporti idilliaci con la Russia. Al contrario, visto che la Russia lo ha sanzionato nel 2018. In Ucraina possiede il canale televisivo Nash e nel 2019 aveva perso il proprio seggio in Parlamento, dopo un risultato deludente del suo partito alle elezioni.
Ma anche gli Stati Uniti, oltre la Gran Bretagna, hanno contribuito a costruire questa balla del complotto filo-russo in Ucraina. Addirittura quattro cittadini ucraini sono finiti nella black list degli Stati Uniti con l’accusa di lavorare per l’Fsb, i servizi segreti russi.
Tra i quattro sospetti ci sono anche due deputati in carica al parlamento ucraino: Taras Kozak e Oleg Voloshyn. Kozak e Voloshyn nella loro attività politica non hanno mai nascosto il loro orientamento, entrambi fanno parte del partito Ukrainian Choice guidato da Viktor Medvedchuk.
Il quotidiano britannico The Guardian ha riportato le posizioni del deputato Voloshyn, il quale ha dichiarato di non aver mai avuto consapevolmente contatti con membri dei servizi segreti russi. Voloshyn ha anche accusato gli Stati Uniti di averlo sanzionato per aver chiesto un’indagine sulle attività del figlio di Joe Biden in Ucraina.
Gli altri due politici ucraini sanzionati dagli Usa sono Volodymyr Oliynyk e Vladimir Sivkovich. Oliynyk era un funzionario ucraino che ora si trova in Russia. Sivkovich invece è stato ex vice segretario del Consiglio di sicurezza e di difesa dell’Ucraina.
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