Il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato il bando per attuare il Piano Nazionale Banda Larga insieme al Progetto Strategico Banda Ultra Larga. Il Piano prevede un finanziamento pubblico di 61,7 mln di Euro, a cui si aggiungono 3,3 mln di Euro di investimento da parte di Telecom Italia, per favorire il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenzia Digitale Europea.
L'obiettivo fissato è portare, inizialmente al 50% della popolazione, la rete a 100 Mbit, tramite agevolazioni per il passaggio dal rame alla fibra ottica, soprattutto grazie ad un sistema di incentivi alle imprese e di sgravi fiscali per gli operatori che investono nelle “zone a fallimento di mercato”. La meta finale è raggiungere con la banda larga il 90% della popolazione a fine 2017.
Probabilmente Telecom Italia, che possiede gran parte della Rete e che è al centro del Piano, si aspettava un livello più alto di finanziamenti dal governo. Come USB settore Telecomunicazioni temiamo che la scarsità di fondi investiti, assieme alla gestione privata della rete, orientino gli investimenti in base al criterio del profitto e non della garanzia del servizio pubblico. Il rischio è il mantenimento della divisione del Paese in aree ricche con una rete tecnologicamente di serie A ed aree povere con una linea TLC di serie B. Al contrario crediamo che le Telecomunicazioni debbano essere pubbliche e libere da logiche di mercato, sia per lo sviluppo infrastrutturale che per il mantenimento dei livelli occupazionali, per garantire l’accesso al servizio a tutta la cittadinanza.
Le telecomunicazioni sono un servizio ormai indispensabile per tutta la collettività, nonché un volano importante di crescita economica; la banda larga, in particolare, significa anche democrazia e accesso alla conoscenza.
Lo sviluppo della nuova rete di telecomunicazioni, si intreccia con quello di Telecom Italia. Chi ci lavora sa bene che le voci che circolano sui potenziali processi di ristrutturazioni potrebbero portare verso Bad e Good Company con il conseguente attacco all'occupazione, ai salari e ai diritti.
Da quanto traspare dai giornali al momento sono in corso trattative per favorire la partenza del “cantiere” Metroweb con la costituzione di una NewCo partecipata dagli operatori Telecom Italia, Vodafone e sembra anche Wind.
La politica ha giocato sino ad oggi un ruolo fortemente negativo, lasciando che il settore delle telecomunicazioni italiane divenisse preda indifesa delle logiche speculative finanziarie: spolpate dai privati con risibili livelli di investimento. La privatizzazione ha colpito pesantemente i lavoratori di tutto il settore, l’occupazione negli ultimi 6 anni è calata dell’8% mentre il numero dei contratti precari o a tempo determinato è aumentato in maniera considerevole.
Noi ribadiamo con forza, a quasi venti anni dalla devastante privatizzazione, che l'unica strada possibile resta il ritorno alla casella di partenza con la ri-nazionalizzazione del settore, per difendere diritti e posti di lavoro dei/delle dipendenti e tutelare un settore strategico nell’interesse dell'intero Paese, attraverso un convincente, concreto e non più rimandabile progetto di ammodernamento della rete di telecomunicazioni.
Le telecomunicazioni devono essere pubbliche, ne siamo convinti come sindacato, come lavoratori e come cittadini.
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