Blitz sull'autorizzazione ambientale alle medie imprese fino a 250 dipendenti: 15 anni senza controlli né sanzioni. La denuncia di Angelo Bonelli di Rivoluzione Civile: "E' un dono elettorale per un sistema produttivo che lo stava aspettando con ansia"
Un vero servitore dello Stato non dorme mai, nemmeno mentre tutti gli
altri sono distratti dalla campagna elettorale, da Sanremo o dal gran
rifiuto di Joseph Ratzinger. E infatti il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini,
ha portato e fatto approvare venerdì in Consiglio dei ministri il
decreto che istituisce la nuova Autorizzazione unica ambientale (Aua)
per le Piccole e medie imprese, che ingloba una serie
di adempimenti burocratici in vigore fino ad oggi. Bene, si dirà,
semplificare è giusto. Vero in generale, ma il diavolo – al solito – si
nasconde nei dettagli e la linea che separa uno snellimento burocratico
dalla deregulation è sottilissima: “Più che una semplificazione –
denuncia Angelo Bonelli, leader dei Verdi e candidato di Rivoluzione Civile – è un tana libera tutti per chi inquina, un regalo elettorale
per un sistema produttivo che lo stava aspettando con ansia:
l’interesse dell’impresa a risparmiare tempo e denaro è prevalente
rispetto alla tutela dell’ambiente e della salute”. Non ci si lasci
nemmeno ingannare dal fatto che le nuove norme riguarderanno solo le
Pmi. Questo non è affatto un provvedimento di nicchia: piccole e medie
sono quelle imprese che hanno meno di 250 dipendenti e una cinquantina
di milioni di fatturato annuo, a spanne l’80% di chi produce in Italia.
Ora vediamo nel dettaglio quali sono gli aspetti più preoccupanti di questa norma. Intanto, all’articolo 3, la lunghezza straordinaria
di questa nuova autorizzazione: si passa dai cinque anni attuali a ben
15. Curiosamente lo stesso governo ammette che tanto il Consiglio di
Stato quanto le commissioni parlamentari gli avevano fatto presente che
quel lasso di tempo è un po’ troppo lungo: purtroppo “non è stato
possibile accogliere tale suggerimento in quanto alla predetta riduzione
conseguirebbe un aumento degli oneri a carico delle imprese” e questo
contrasta con la lettera del decreto. Semplificazioni di febbraio, che è la fonte primaria di questo regolamento.
In questi 15 anni, potrebbe pensare qualcuno, ci saranno però allora frequenti controlli e un rilevante apparato di sanzioni
per chi non rispetta le regole. Macché: all’articolo 9 si prescrive che
ci sarà solo un monitoraggio annuale sull’attuazione della nuova Aua
(vale a dire sul fatto se la semplificazione funziona). Controlli e
sanzioni? Non ci sono. Anche stavolta il governo ammette nella sua
relazione che entrambi gli erano stati richiesti dalle Regioni, ma –
purtroppo anche stavolta – non si può perché ci si è dimenticati di
inserirli nel dl Semplificazioni e quindi il regolamento non li può
creare dal nulla. E così potranno lavorare per 15 anni praticamente
senza controlli robette come inceneritori, discariche, fonderie, raffinerie e impianti pericolosi d’ogni genere. Lo si evince anche dalle correzioni all’articolato originale che Il Fatto Quotidiano
ha potuto visionare: la prima formulazione escludeva infatti dal
rinnovo semplificato “scarichi di sostanze pericolose”, “emissione di
sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di
sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate” e via
dicendo, previsione poi cancellata con un bel tratto nero in
orizzontale.
Non bastasse, grazie alla soppressione di un comma
del Codice Ambientale, la nuova Autorizzazione unica potrà essere per
così dire parcellizzata, ovvero concessa senza
“considerare l’insieme degli impianti e delle attività” presenti nello
stabilimento che la richiede. Non manca nemmeno qualche elemento
pazzoide: le regioni potranno infatti “definire ulteriori criteri per la
qualificazione delle modifiche sostanziali” e altri cambiamenti minori,
finendo in sostanza per complicare la giungla normativa e costringendo imprese che lavorano su più territori a seguire regole diverse per ottenere lo stesso via libera.
Infine, una nota di colore: il governo che voleva abolire le Province
– e il premier che vuole abolirle se gli italiani lo voteranno – ha
deciso che il soggetto a cui fa capo il rilascio della nuova Aua
saranno… le Province. L’attivismo di fine mandato di Clini, peraltro,
non si limita alla deregulation ambientale per le Pmi, ma include un
controverso decreto che permetterà ai cementifici di bruciare nei loro impianti il cosiddetto Css
(combustibili solidi secondari). Il dl ha avuto il parere contrario
della commissione Ambiente della Camera, ma il ministro ha già
annunciato che questo non sarà sufficiente a fermarlo: quel parere non è
vincolante. La curiosa motivazione dei tecnici del ministero è che
molti cementifici già bruciano il petcoke, che è molto
più inquinante del Css, quindi con le nuove regole ci sarebbe un
miglioramento delle emissioni in atmosfera. Ora, a parte l’idea che il
problema dei rifiuti si risolve solo con la combustione, c’è il fatto
che bruciando Css i cementifici inquinano assai di più rispetto ai
“normali” inceneritori e possono per di più farlo a norma di legge,
visto che hanno limiti di emissione più alti. “Clini
dovrebbe dare a Monti consigli per l’Agenda green – conclude Bonelli –
ma tra decreti sull’Ilva, silenzio assenso per costruire persino in aree
protette, tagli ai parchi nazionali e questi ultimi atti può al massimo
scrivergli l’Agenda black”.
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