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22/11/2012

Accordo sulla produttività, modello Marchionne per tutti. Cgil isolata

Non è scritta ancora la parola fine sull’accordo “per la crescita della produttività” firmato dalle parti sociali tranne la Cgil. Il governo ha convocato le parti sociali per domani sera a Palazzo Chigi, in un confronto in cui si cercherà di ottenere ancora il consenso di Camusso anche se il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, delegato da Monti a questo incarico, ha espresso ieri soddisfazione per “l’ampio consenso finora ricevuto”. In ballo ci sono circa due miliardi di euro per la detassazione del salario di produttività che il governo stanzierà solo di fronte a un accordo tra le parti sociali.

Il testo siglato finora da Confindustria, Rete Imprese, Cisl e, con una specifica clausola, dalla Uil, punta a modificare il quadro di riferimento per la stipula dei contratti nazionali. Il contratto collettivo nazionale, si legge nel testo, “deve prevedere una chiara delega al secondo livello di contrattazione” per materie quali “la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro”. Si interviene, però, anche sulle mansioni, il livello degli aumenti contrattuali, la flessibilità, la “solidarietà intergenerazionale” che prevede una transizione regolata dal lavoro alla pensione. É quella che il segretario della Fiom, Landini, definisce come “il modello Marchionne applicato a tutti”. La contropartita è la detassazione degli aumenti salariali legati alla produttività con un’ imposizione del 10% – per i redditi fino ai 40 mila euro – che sostituisce le aliquote fiscali vigenti.

La Cgil al momento dice no e ieri ha redatto una dettagliata lettera in cui spiega i suoi distinguo. Al ministero dello Sviluppo questa posizione è stata letta come “un’apertura” ed è con questo approccio che il ministro Passera si sta preparando all’incontro di domani sera: puntare a ottenere il sì di Camusso sapendo però di poter contare su un sostanziale via libera da tutti gli altri. I punti di disaccordo con la Cgil sono tre. Il primo riguarda gli aumenti salariali che, secondo il testo, devono essere fissati in modo “coerente con le tendenze generali dell’economia” e, una volta fissati, vanno scomposti in una quota legata agli incrementi di produttività e redditività”. Per la Cgil, invece, gli aumenti di secondo livello “vanno aggiunti” a quelli previsti nel primo per evitare la differenziazione dei minimi salariali e la riduzione del potere di acquisto delle retribuzioni.

Secondo punto è quello della rappresentanza. Il testo prevede di disciplinare l’accordo siglato anche dalla Cgil, il 28 giugno 2011, entro il 31 dicembre di quest’anno prevedendo con la revisione dell’Accordo del 1993, istitutivo delle attuali Rsu fino a ottenere la “esigibilità delle intese sotto-scritte”, “non escludendo meccanismi sanzionatori in capo alle organizzazioni inadempienti”. Se un sindacato viola eventuali tregue sindacali, insomma, può incorrere in una sanzione. La Cgil non contesta questo principio ma chiede di definire “la cornice di regole democratiche” in grado di garantire, ad esempio, alla Fiom di partecipare al tavolo del rinnovo del contratto metalmeccanico.

Terzo punto in questione è l’articolo 7 che affida all’autonomia negoziale tematiche delicate come “l’equivalenza delle mansioni” e la “ridefinizione dei sistemi di orari”. Se le parti sono d’accordo, quindi, un contratto nazionale o di secondo livello può prevedere demansionamenti per i lavoratori, oggi vietati, oppure orari diversi a seconda delle aziende, del territorio o della filiera. Ma il testo prevede anche di intervenire sul delicato capitolo del controllo a distanza dei lavoratori con impianti audiovisivi (regolato dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori). Quello di domani è probabilmente l’ultimo giro. La Cisl, infatti, sostiene che “l’accordo è stato fatto” e imputa alla Cgil una subordinazione totale alla Fiom. La Uil subordina l’intesa a una legge ad hoc sulla de-tassazione ma ha comunque firmato. Resta da capire se alla fine il merito prevarrà o meno sul contenuto politico della trattativa che vede da un lato i sindacati impegnati per il “Monti bis” – come dimostra la presenza di Bonanni alla convention di Montezemolo – e dall’altra la Cgil, legata al Pd e alle prospettive per le primarie di Pier Luigi Bersani.

Fonte

I diritti dei lavoratori tornano indietro di 40 anni, l'importante è stimolare la "produttività", ovviamente senza avere la benché minima idea di cosa produrre e soprattutto per chi.
Considerando che siamo nel bel mezzo di una crisi che non è determinata da un eccesso di domanda rispetto all'offerta (anzi!) l'accordo trasuda spessore politico da ogni riga.

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