Rendere identificabili gli agenti in servizio di
ordine pubblico con un codice alfanumerico? Non è fattibile. Ad
affermarlo la Ministra Cancellieri durante un incontro con i sindacati
di Polizia.
Nei giorni scorsi, sotto l’onda della vasta indignazione suscitata dalle botte gratuite e dalla caccia al ragazzino per le vie del centro di Roma dopo le pesanti cariche contro gli studenti del 14 novembre, la ministra Cancellieri aveva detto che "se ne poteva discutere".
Si riferiva alla richiesta, avanzata da studenti, associazioni per i diritti umani, intellettuali ed esponenti politici, di rendere identificabili gli agenti in servizio di ordine pubblico tramite una placca con un codice alfanumerico da portare sulla divisa. Una ‘apertura’ che alla Cancellieri era costata le durissime critiche da parte dei sindacati di Polizia di destra centro e ‘sinistra’, che si erano detti delusi dalle dichiarazioni del ministro e lasciati soli.
Nel frattempo la richiesta sulla possibilità di identificare i celerini – in modo da poter individuare e denunciare quelli violenti – aveva preso quota, anche grazie ad una petizione firmata tra gli altri da Dario Fo, Ascanio Celestini, Stefano Rodotà, Gad Lerner, Gianni Vattimo, Luigi de Magistris, Michele Serra, Massimo Carlotto, Sabina Guzzanti ed altre decine di migliaia di cittadini noti e meno noti. Una richiesta non nuova, emersa con forza dopo la “macelleria messicana” contro i manifestanti e i medi attivisti a Genova nel 2001 e poi finita temporaneamente nel dimenticatoio fino all’avvento del governo ‘tecnico’. Manesco quanto quelli precedenti, se non anche di più.
Una campagna che chiede di equiparare le norme sull’identificazione in piazza degli agenti in tenuta antisommossa a quanto avviene in altri paesi d’Europa e del mondo. E nei confronti della quale non sono mancate le critiche di chi, nel movimento, ricorda che l’obbligo di essere identificabili stabilito dalla legge negli altri paesi viene spesso e volentieri aggirato e violato. E’ successo negli ultimi mesi nelle città dello stato spagnolo, dove i celerini mobilitati per manganellare o gasare lavoratori e indignados hanno opportunamente rimosso o coperto o reso illeggibili le placche, senza che fossero puniti o quantomeno redarguiti.
Perché il problema è la catena di comando, dalle regole di ingaggio ordinate ai subalterni dagli ufficiali e dai responsabili politici dell’ordine pubblico. E dall'impunità che i governi e gli apparati repressivi concedono a chi fa il lavoro sporco contro i manifestanti.
Ma – rispondono i promotori della campagna – se gli agenti fossero riconoscibili in piazza sarebbero comunque meno inclini alla violenza spropositata e gratuita. E comunque da qualche parte bisognerà pur iniziare…
Però ora, dopo l’apparente – anche se vaga – disponibilità dimostrata nelle scorse settimane dal ministro dell’Interno, la Cancellieri ha tagliato la testa al toro. “Il progetto di un numero identificativo degli agenti in servizio di ordine pubblico al momento non é fattibile" ha detto l’inquilina del Viminale. Senza neanche prendersi la responsabilità di affermare che il governo non è d’accordo, ma adducendo problematiche di ordine tecnico e rimandando il tutto, forse, alla prossima legislatura. Chi vivrà vedrà.
Che Anna Maria Cancellieri abbia esternato sulla questione incontrando i rappresentanti dei sindacati di Polizia al Viminale è significativo. Anche perché invece per la Cancellieri non è solo fattibile, ma è urgente introdurre con un ddl ad hoc l'"arresto in flagranza differita" anche per i manifestanti, alla stregua di quanto accade con gli ultras violenti.
Nei giorni scorsi, sotto l’onda della vasta indignazione suscitata dalle botte gratuite e dalla caccia al ragazzino per le vie del centro di Roma dopo le pesanti cariche contro gli studenti del 14 novembre, la ministra Cancellieri aveva detto che "se ne poteva discutere".
Si riferiva alla richiesta, avanzata da studenti, associazioni per i diritti umani, intellettuali ed esponenti politici, di rendere identificabili gli agenti in servizio di ordine pubblico tramite una placca con un codice alfanumerico da portare sulla divisa. Una ‘apertura’ che alla Cancellieri era costata le durissime critiche da parte dei sindacati di Polizia di destra centro e ‘sinistra’, che si erano detti delusi dalle dichiarazioni del ministro e lasciati soli.
Nel frattempo la richiesta sulla possibilità di identificare i celerini – in modo da poter individuare e denunciare quelli violenti – aveva preso quota, anche grazie ad una petizione firmata tra gli altri da Dario Fo, Ascanio Celestini, Stefano Rodotà, Gad Lerner, Gianni Vattimo, Luigi de Magistris, Michele Serra, Massimo Carlotto, Sabina Guzzanti ed altre decine di migliaia di cittadini noti e meno noti. Una richiesta non nuova, emersa con forza dopo la “macelleria messicana” contro i manifestanti e i medi attivisti a Genova nel 2001 e poi finita temporaneamente nel dimenticatoio fino all’avvento del governo ‘tecnico’. Manesco quanto quelli precedenti, se non anche di più.
Una campagna che chiede di equiparare le norme sull’identificazione in piazza degli agenti in tenuta antisommossa a quanto avviene in altri paesi d’Europa e del mondo. E nei confronti della quale non sono mancate le critiche di chi, nel movimento, ricorda che l’obbligo di essere identificabili stabilito dalla legge negli altri paesi viene spesso e volentieri aggirato e violato. E’ successo negli ultimi mesi nelle città dello stato spagnolo, dove i celerini mobilitati per manganellare o gasare lavoratori e indignados hanno opportunamente rimosso o coperto o reso illeggibili le placche, senza che fossero puniti o quantomeno redarguiti.
Perché il problema è la catena di comando, dalle regole di ingaggio ordinate ai subalterni dagli ufficiali e dai responsabili politici dell’ordine pubblico. E dall'impunità che i governi e gli apparati repressivi concedono a chi fa il lavoro sporco contro i manifestanti.
Ma – rispondono i promotori della campagna – se gli agenti fossero riconoscibili in piazza sarebbero comunque meno inclini alla violenza spropositata e gratuita. E comunque da qualche parte bisognerà pur iniziare…
Però ora, dopo l’apparente – anche se vaga – disponibilità dimostrata nelle scorse settimane dal ministro dell’Interno, la Cancellieri ha tagliato la testa al toro. “Il progetto di un numero identificativo degli agenti in servizio di ordine pubblico al momento non é fattibile" ha detto l’inquilina del Viminale. Senza neanche prendersi la responsabilità di affermare che il governo non è d’accordo, ma adducendo problematiche di ordine tecnico e rimandando il tutto, forse, alla prossima legislatura. Chi vivrà vedrà.
Che Anna Maria Cancellieri abbia esternato sulla questione incontrando i rappresentanti dei sindacati di Polizia al Viminale è significativo. Anche perché invece per la Cancellieri non è solo fattibile, ma è urgente introdurre con un ddl ad hoc l'"arresto in flagranza differita" anche per i manifestanti, alla stregua di quanto accade con gli ultras violenti.
Anche nell'ordine pubblico, il rigore è sempre a senso unico.
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