Oltre 2.100 arresti. E’ la cifra, impressionante, del conto pagato con la giustizia dal settore immobiliare
americano dalla crisi ad oggi. 2.100 come il numero degli agenti e
intermediari finiti in manette per irregolarità varie e comportamenti
troppo disinvolti nell’age d’or dei mutui subprime,
l’ultimo preludio al tracollo finanziario globale. Ma 2.100, anche e
soprattutto, come la misura dell’ultimo grande paradosso di un sistema
legale che ha penalizzato gli ultimi anelli della catena, lasciando
sostanzialmente indenni tutti i grandi operatori. E’ il nodo centrale
del dibattito rilanciato oggi dal Financial Times,
una questione irrisolta del rapporto tra finanza e giustizia:
nell’opinione dei critici, rileva il quotidiano britannico, le autorità
Usa starebbero usando da anni la mano pesante con i piccoli truffatori,
mantenendo al contrario un atteggiamento assai più morbido con Wall Street.
Di
fatto è un problema di valutazione, nonché di caratteristiche stesse
del sistema legale. La crisi dei mutui ha potuto esplodere in modo così
dirompente per la disinvoltura degli investimenti,
tanto sul fronte degli acquisti finali, quanto su quello delle
operazioni di cartolarizzazione, ovvero le strategie di finanza
strutturata che hanno portato alla proliferazione degli strumenti
derivati costruiti sulle labili garanzie dei mutui stessi, coinvolgendo
banche e risparmiatori in una spirale speculativa basata sulle illusioni
e i comportamenti marcatamente scorretti (la diffusione di informazioni
false, tendenziose o volutamente incomplete). Solo che il confine tra
l’errore di valutazione e la truffa vera e propria è apparso finora
molto sottile a livello bancario, mostrandosi al contrario evidente
soprattutto sul mercato materiale.
E così, a subire una condanna penale, sono stati soprattutto quelli come Michael Perry,
sergente dell’esercito in pensione, che nell’era del boom immobiliare
ha fornito informazioni false per contrarre una piramide di prestiti con
l’obiettivo di accumulare proprietà nel mercato del Nevada, lo stesso
Stato dove ad oggi si sono registrati già 200 arresti nella sola Las Vegas. Ma la storia di Perry, riportata dal Financial Times,
è al tempo stesso la spia di una clamorosa disparità di trattamento.
Perché in fondo, come ha spiegato al quotidiano britannico Lanny Breuer,
legale del Dipartimento di Giustizia Usa, “i casi di cartolarizzazione
ad alto livello sono problematici dal momento che quelle operazioni così
sconsolanti che hanno contribuito alla crisi finanziaria non
costituiscono attività in contrasto con la legge penale”.
La
legge, insomma, ha finito per punire le piccole truffe, le
certificazioni fasulle degli agenti immobiliari o degli acquirenti. Ma
ha potuto ben poco con la discutibile creatività finanziaria delle
banche. Nella migliore delle ipotesi, il sistema finanziario si è
trovato a pagare le proprie multe, quasi sempre come punto di arrivo di
un patteggiamento. Nel marzo di quest’anno, gli azionisti di Bear Stearns (la società collassata sotto i colpi dei subprime e infine salvata dall’intervento della Federal Reserve e di JPMorgan)
hanno raggiunto un accordo di risarcimento da 10 milioni di dollari,
equivalenti a meno di un terzo delle perdite subite. Altri giganti del
settore come Goldman Sachs, Washington Mutual e Countrywide
sono finiti sotto la lente degli investigatori per presunti reati
finanziari ma, ad oggi, il Dipartimento di Giustizia non è riuscito a
formulare accuse precise.
A pagare, in definitiva, sono poi i proprietari, l’ultimo anello della catena dei mutui. L’anno passato, i pignoramenti Usa
hanno raggiunto i loro record assoluti (oltre 1 milione di case
rilevate dai creditori) salvo poi calare in modo sensibile (-23,4%
rispetto all’anno passato). Parlare di fine emergenza, tuttavia, appare
ancora prematuro. A settembre, secondo i dati diffusi dalla società del
settore RealtyTrac il numero di pignoramenti eseguiti
sul territorio statunitense è stato pari a oltre 53.500 unità, una
crescita del 2,3% rispetto al mese precedente.
Fonte
Ennesima dimostrazione che tutto il mondo è paese e che la giustizia fa due pesi e due misure tanto a casa nostra quanto negli "esemplari" paesi anglosassoni, con buona pace dei giustizialisti nostrani.
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