L’Italia ha il governo più austero dell’Unione Europea. Lo attestano i dati pubblicati dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) all’interno di un dettagliato rapporto sulle finanze pubbliche nell’Ue. L’Italia è infatti l’unico Paese che nel biennio 2024-2025 ha ridotto la spesa primaria netta finanziata da risorse nazionali, facendo registrare -0,9%. La “spesa primaria netta” è il totale delle uscite effettive del bilancio dello Stato escluse le spese per interessi sul debito pubblico e i finanziamenti europei. Un parametro parziale, da non valutare in termini assoluti, ma utile per comprendere la politica di bilancio adottata dal Governo Meloni.
Nello stesso biennio la Francia ha registrato un incremento cumulato del 4,2% (ora entrata in una fase “lacrime e sangue” per correggere la traiettoria), la Spagna un aumento dell’8,4% e la Germania del 5,4%. Analizzare questi numeri senza considerare il debito da sostenere potrebbe essere fuorviante, ma per valutare l’impatto diretto sul ciclo economico è invece l’ideale, perché isola la dinamica della spesa pubblica che incide a livello fiscale e sugli investimenti, senza guardare alla remunerazione dei titoli di Stato.
Adottato un “orientamento restrittivo”
L’Ufficio parlamentare di bilancio si spinge oltre, sancendo per il 2024 e il 2025 una restrizione fiscale anticiclica per l’Italia tra le più profonde dell’Eurozona. La politica austera del Governo Meloni non deriva però dal taglio della spesa corrente, quanto dalla mancata sostituzione di misure come i superbonus e i crediti edilizi (i più maliziosi potrebbero sottolineare che comunque di taglio alla spesa si tratta). La riduzione è stata determinata, spiega l’Upb, “principalmente dalla riduzione delle altre spese in conto capitale, legata in primo luogo alle restrizioni sui crediti fiscali per le ristrutturazioni edilizie in Italia e dalla diminuzione delle spese finanziate da fondi europei, solo marginalmente compensate dall’incremento degli investimenti finanziati da risorse nazionali. L’orientamento restrittivo della politica di bilancio ha contribuito al processo di disinflazione”.
Il duro rientro dall’espansione post-Covid
Ormai da anni è noto che il piano di rientro del deficit pubblico italiano sarebbe stato repentino. A dirlo sono i Documenti di economia e finanza, ribadito più di recente dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029. Al suo interno il Governo Meloni prevede di raggiungere un avanzo primario del 2,4% nel 2029, con un indebitamento netto inferiore al 2%. È l’altra faccia della medaglia del PNRR: risorse e prestiti europei destinati a finanziare gli investimenti in conto capitale e una gestione prudente della spesa corrente e delle risorse nazionali per far rientrare il rapporto debito pubblico. Il rischio è adottare un approccio fiscale restrittivo, ovvero premere il freno della macchina Italia.
Il FMI chiede comunque maggiore impegno
Nonostante questo primato per la rapidità nell’applicazione dell’austerità di bilancio, il Fondo monetario internazionale continua a chiedere all’Italia maggiore impegno. Sul sito ufficiale del FMI Lone Christiansen, capo missione per l’Italia, ha affermato: “Perché raccomandare un consolidamento fiscale più rapido? Si prevede che il tasso di interesse sul debito pubblico supererà la crescita economica, rendendo così più difficile la riduzione del debito nel tempo. Inoltre, con l’invecchiamento della popolazione, ci sarà una maggiore pressione sulla spesa pensionistica e sanitaria. Si raccomanda quindi di procedere a un consolidamento fiscale più ampio rispetto a quanto previsto per quest’anno e il prossimo, al fine di raggiungere un avanzo primario pari al 3% del prodotto interno lordo entro il 2027”. Livelli sensibilmente superiori a quelli previsti dal Governo Meloni, già tra i più consistenti dell’Eurozona e i più elevati tra le principali economie europee.
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