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23/09/2025

Una straordinaria giornata di indignazione stravolta sulle prime pagine dei giornali

Ecco come i principali quotidiani di oggi descrivono la straordinaria giornata di mobilitazione per Gaza di ieri. “Guerriglia a Milano su Gaza” (Corriere della Sera); “Piazze di pace e scontri a Milano” (Repubblica); “Palestina rivoluzione francese” e poi “Mezza Italia ferma per la pace a Gaza. Le famiglie in piazza e gli scontri a Milano” (La Stampa); “Marea pacifica, ma tutti parlano di 100 violenti” (Il Fatto); “Mezzo milione in piazza per Gaza L’urlo dell’Italia: “No al genocidio” (Il Domani).

Prevedibilmente più ignobili e con qualche torsione razzista i giornali della destra: “Centri sociali e giovani arabi. Delinquenti per Gaza” (Il Giornale); “Guerra a Gaza, guerriglia in Italia. Sinistra pacifista” (Libero). Per onestà occorre dire che anche il Corriere della Sera ha inseguito la stampa di destra su questo terreno accollando gli scontri di Milano ai “maranza”.

Se una persona in carne ed ossa dovesse valutare la straordinaria giornata di mobilitazione popolare di ieri in tutta Italia dai titoli di prima pagina dei quotidiani di oggi, sarebbe completamente portata fuori strada.

L’informazione mainstream, che tanto ha faticato nel cominciare a dare conto seriamente del genocidio dei palestinesi in corso a Gaza, sta cercando in tutti i modi di nascondere agli occhi dei propri lettori le responsabilità su quanto accade e il vero segnale di ripudio inviato dalle imponenti manifestazioni in occasione dello sciopero generale del 22 settembre.

Focalizzando l’attenzione e lo stigma sugli scontri di Milano dentro e intorno la stazione centrale, riescono ad assolvere ben tre soggetti dalle loro responsabilità e a rimuovere dati di fatto rilevanti.

Sparisce la complicità del governo Meloni con il genocidio e la politica israeliana che è stato il vero detonatore politico e morale dell’indignazione popolare vista nelle piazze.

Sparisce la responsabilità di editori, direttori e capi redattori che usano i fatti di Milano come tema principale per relativizzare il resto ed evitare di interrogarsi seriamente su quanto si è visto sulle piazze.

Sparisce ogni legittima domanda sul fatto che l’opposizione al governo si è manifestata al di fuori dei recinti e dei riti del “campo largo”, indicando una radicalità e partecipazione ben diversa dalla sterile e ossessiva richiesta “la premier venga in aula a riferire”.

Infine sparisce anche ogni domanda sull’atteggiamento della polizia alla stazione di Milano con quei lacrimogeni tirati in uno spazio chiuso e poi le cariche a spazzare la piazza antistante ma che ha visto migliaia di manifestanti tenere comunque la piazza. Un atteggiamento nella gestione dell’ordine pubblico sostanzialmente diverso da quello utilizzato in tutte le altre città dove pure alcune stazioni sono state bloccate dalle manifestazioni, ma emblematicamente diventato il centro delle feroci dichiarazioni degli esponenti del governo e della destra.

Quello che ogni serio giornalista avrebbe dovuto indagare e riferire, è la dimensione e la forza dell’indignazione popolare contro il genocidio dei palestinesi e il fatto che, per la prima volta, un’organizzazione sindacale abbia trovato il coraggio di convocare uno sciopero “politico” e combattivo su una questione apparentemente diversa e distante dai temi strettamente sindacali, infine diventa decisivo farsi qualche domanda sul come questa convocazione abbia raccolti consensi superiori ad uno sciopero tradizionale.

L’insopportabilità del genocidio del popolo palestinese e la spinta a fare qualcosa di fronte all’inerzia/complicità del governo, hanno fatto da detonatore ad una indignazione generale.

Di fronte all’evidenza di quanto i corrispondenti hanno visto davanti ai propri occhi (piazze stracolme di gente, grande determinazione nel bloccare le merci e snodi nevralgici delle città, enorme partecipazione giovanile e studentesca), i media mainstream non potevano nascondere le manifestazioni come avvenuto in altre occasioni, ma hanno strumentalizzato un singolo fatto – Milano – per relativizzare tutto il resto.

In troppi avevano dato per liquidata la dignità di lavoratrici e lavoratori e ritenuto definitiva la “letargia” del mondo del lavoro. Non solo. Lo sciopero e la straordinaria mobilitazione sociale sono nati dall’appello di un pezzo di quella classe operaia – i portuali – che molti ritenevano ormai incapace di dialogare e connettersi con il resto della società.

La giornata del 22 settembre è una smentita clamorosa, non è ancora un movimento ma è una rottura straordinaria che si è materializzata visibilmente. Sorprendentemente è avvenuta sul piano politico e non vertenziale, a conferma che le contraddizioni di questa fase storica chiedono un cambiamento politico e non un aggiustamento.

Ma è proprio questo che i giornali di oggi esorcizzano e che il governo Meloni comincia a temere seriamente.

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